Vai al contenuto

Lamezia città di frontiera Lo Stato c’è? I magistrati anche? I politici pure?

Città di frontieraSu venite in fitta schiera… splende il sol dell’avvenire! 

“Se lo Stato fa lo Stato non c’è n’è per nessuno”… va lanciando la lieta novella, urbi et orbi, Franco Roberti, procuratore nazionale antimafia. Al coro si unisce Nicola Gratteri, saggista e procuratore aggiunto presso il  Tribunale di Reggio Calabria.
Nella stessa occasione l’esperto comunicatore Roberti diffonde nell’etere il suo messaggio destinato a rimanere nella storia: “i politici fanno i politici e i magistrati  fanno i magistrati. I migliori di noi devono continuare a fare i magistrati, poi ognuno è libero di fare le proprie scelte, tenendo presente che quando un magistrato entra in politica non può poi tornare a fare il magistrato”.
Romano De Grazia, presidente emerito della Corte di Cassazione, depositario di sentenze storiche in quel  massimario che sono diventate riferimento di ius, padre storico della legge Lazzati che “toglie la politica ai delinquenti e la delinquenza ai politici“, è invece sulla sponda opposta a quel che è il corso del trend politico, tanto da fargli dire che – in sintesi – “ la grande stampa tace sugli avvenimenti e quella regionale, costernata, è sempre attenta ad ogni sibilar di peto a seconda del cul di provenienza”.

Questa premessa mi sembra doverosa, perché là dove il fiume non scorre verso un’unica foce, ma si disperde in  mille rivoli, perde la sua forza e più che travolgere subisce il contrasto delle onde marine.
Ciò per dire che tra antiracket in tutte le sue declinazioni, tra sciamani e pseudo tali, tra mercenari e approfittatori, la lotta alla ‘ndrangheta è diventata – per molti non per pochi – occasione di consistenti business e ottimo posizionamento economico per gli unti del Signore (che non sono una sparuta minoranza!), con buona pace dell’antimafia di Stato di Roberti e di Gratteri.
E la barca va tra fiaccolate e pennacchi, tra svettare di bandiere e distribuzione di gerbere, ninnoli, pillole anti-‘ndrangheta e t-shirt con slogan che ti fanno sentire un vero uomo. Insomma si è arrivati al punto che l’antimafia di facciata ha avuto ed ha una netta prevalenza su quella che dovrebbe combattere a viso aperto… in trincea, soffocata invece dalla retorica, dall’indifferenza e dai silenzi dei politici.
D’accordo, questa  è una guerra ormai obsoleta, andava bene ai tempi della guerra di Crimea; raggiunse la sua massima espressione a Verdun dove settecentomila uomini, tra morti e feriti, caddero l’un sull’altro guardandosi, però, negli occhi nell’esalare l’ultimo respiro. Oggi il nemico non lo vedi più, non lo vedono nemmeno le telecamere installate dappertutto. Solo pochi ne conoscono i connotati, le voci, le richieste.
Di questo “teatro  delle ombre e del silenzio”, dove si recita a soggetto, Lamezia Terme vanta, se non le prime, certamente le  compagnie  più prestigiose che calcano il proscenio del dirty business.
I cani sciolti delle cosche lametine, gli aspiranti a posizioni di maggior prestigio si son dati da fare in questo inizio d’anno. Le richieste di pizzi e tangenti sono all’ordine del giorno; le intimidazioni e le minacce di ritorsioni si susseguono a ritmo incalzante e gli effetti – macchine incendiate o colpi d’arma da fuoco indirizzati a serrande di pubblici esercizi – sono sotto gli occhi di tutti. Per dieci che denunciano, cento  tacciono! Circostanza questa dimostrata da certa stampa, specializzata nella pubblicazione di intercettazioni e verbali giudiziari.
Avanti così: panta rei, la vita scorre nella città dell’economia sommersa dove, malgrado il più alto tasso di disoccupazione nelle classifiche dei diseredati, malgrado lo sfruttamento ed il sotto salariato degli occupati, malgrado… tutto, prosperano sportelli bancari (diminuiti solo per l’accorpamento delle holding del credito, non per volumi di affari), finanziarie a tutta birra, un parco macchine di tutto rispetto, infrastrutture commerciali a iosa e tanti luoghi di ritrovo e di svago, prodighe sorgenti di allegra e disinvolta economia.
Una città viva, insomma, che trae risorse ed energie dalle ceneri delle iniziative nate morte! Una città che vive di pensioni, di stato e parastato, di pizzi e tangenti, di truffe e di debiti mai onorati, di dirty soccer, perché no,   e di centri scommesse (poiché non li frequento, non so se viene anche esercitato il nuovissimo betflag).
C’è qualcosa di inspiegabile in questa città, che stride  e che nel contempo scivola tra le dita, che fa insorgere verbalmente, per finire poi nell’accettazione supina, nel “tutto va ben, madama la marchesa”.
A parte le endogene carenze e le tante giustificazioni a supporto, vien da chiedersi: in questa terra di frontiera lo Stato fa lo Stato? I magistrati  fanno i magistrati? I politici fanno i politici?  Qualche dubbio su Stato e magistrati ce l’ho, ma sui politici  ho tante certezze!!!