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Antimafia un carrozzone inutile Povero di contenuti ricco di prebende

Bomba a negozioAlla fine tutti i nodi vengono al pettine. Le bugie, le falsità prima o poi vengono scoperte. Certo, di tempo ce n’è voluto tanto prima di prendere coscienza della vacuità di certe affermazioni e consapevolezza degli assordanti, accomodanti silenzi della stampa codina e velinaria, dei comportamenti poco chiari dei politici-primattori e comparse nella commedia delle parti e, perché no, anche di alcuni togati che hanno “cavalcato la tigre” per dare, magari, un’accelerata alla carriera. Però, non è da dimenticare chi, colto da divino afflato, ha costruito cospicue fortune conquistando stima, benemerenza e, forse, anche la candidatura alla beatificazione nell’altra vita.
Di anni ce ne sono voluti tanti prima di capire che l’Antimafia è stato ed è un carrozzone inutile, vuoto di contenuti, ma ricco di prebende, appannaggi e successi politici. Negli annuari dei comuni e delle regioni sono circa duemila le associazioni, fondazioni, centri studi che sotto acronimi diversi – ma accomunati da un unico massimo comun divisore: l’elargizione di generosi contributi – si dedicano al passatempo preferito che fa tanto “cool” (termine anglosassone che sta per talentuoso ed eccellente). Hanno organizzano di tutto per svegliare le coscienze: dalla fiaccolata alla distribuzione di gerbere, dalla passeggiata ecologica alla maratona, dalla raccolta della verdura selvatica nei campi sequestrati ai mafiosi  alla vendita del cavolo equo solidale e biologico.
C’è voluto un quarto di secolo per arrivare alla conclusione che l’antimafia – quella spacciata per tale – è stato solo un gioco gestito da astuti giostrai su prosceni diversi: in piazza, in libreria, nei salotti che contano, nella penombra delle sacrestie.
Giorni fa su Repubblica Attilio Bolzoni si è chiesto che fine ha fatto l’Antimafia, e così ha esordito:“svergognata da approfittatori e mercenari, sorvegliata speciale da commissioni parlamentari, diventata nei casi più indecenti oggetto di indagine giudiziaria, l’Antimafia dei pennacchi e delle bandiere si sta suicidando. Mancanze e silenzi l’hanno trascinata nelle sabbie mobili, convenienze e scandali l’hanno mandata sotto processo. Soffocata dalla retorica, in questo 2016 è precipitata nelle pagine dei libri. Sarà l’anno delle pubblicazioni contro coloro che dicono di stare dall’altra parte…” .
Giorni fa, esattamente il 15 febbraio, presso la sala consiliare del comune di Lamezia Terme i rappresentanti delle istituzioni si sono incontrati, presente il sindaco Mascaro, con i rappresentanti delle categorie produttive e delle forze politiche provinciali, con il procuratore aggiunto di Catanzaro Bombardieri ed i procuratori di Lamezia e Catanzaro, per discutere di sicurezza ed ordine pubblico dopo i fatti delittuosi avvenuti a Lamezia Terme in questo inizio d’anno.
Il prefetto di Catanzaro, dott.ssa Luisa Latella, dopo aver chiesto la collaborazione di tutti, ha distribuito pani e pesci all’indirizzo di chi non vuol sentire forse perché sofferente di ipoacusia bilaterale: “Democrazia e lotta alla ‘ndrangheta sono questioni di numeri, politici ed esponenti di associazioni hanno tenuto interventi di carattere convegnistico e non operativo. Abbiamo bisogno di agire; per le teorie e le marce antimafia ci sono altre occasioni”.
Le ha fatto eco il dott. Prestinenzi, procuratore della Repubblica di Lamezia Terme: “Il cittadino (lametino, ndr) preferisce all’autorità dello Stato l’autorità della mafia. Chi subisce un furto o un’estorsione  tende a rivolgersi all’autorità della famiglia che controlla il territorio e non allo Stato. Ma lo Stato siamo noi” .

auto_bruciataGiorno 17 u.s. Nicola Gratteri, procuratore antimafia di Reggio Calabria, in risposta alle teorie alfaniane per le quali la ‘ndrangheta  sarebbe debole per la pressione crescente dello Stato, tiene a ribadire che l’analisi ministeriale, abbastanza superficiale, mette i cavoli a mazzo. “Quanto accade in Calabria – egli sostiene – non è tutto ‘ndrangheta. Ci sono eventi collegati fra loro che ricordano le guerre di ‘ndrangheta. L’emergenza c’è sempre ed io non la misuro in ragione delle macchine bruciate o dai morti a terra. La mafia che conosco io è quella che muove tonnellate di cocaina, che controlla il voto, gli appalti, che dice non solo chi vince l’appalto, ma anche dove deve essere costruita un’opera pubblica e se deve essere costruita. Per me l’emergenza dura da trent’anni, da quando faccio il magistrato”. “Situazione delicata invece – aggiunge il procuratore antimafia – quella degli amministratori locali. Non tutti gli attentati sono fatti dalla mafia perché l’amministrazione si è opposta ad essa. La matrice può essere diversa: alcuni attentati trovano la ragion d’essere nel fatto che l’amministratore non è stato al gioco o al giogo della ‘ndrangheta; altri, invece, possono essere problemi interni a rapporti tra pubblici amministratori”.

Insomma pare si sia giunti al redde rationem e, in questa presa di coscienza, ci si comincia ad interrogare e chiedere contezza del fiume di denaro elargito dal Ministero dell’Interno e da quello dell’Istruzione per foraggiare esperti e consulenti dell’antimafia salottiera, addirittura “messa sotto inchiesta” con tre libri, in uscita nei prossimi giorni, dedicati alle storie di chi ha sfruttato e  sfrutta questa prodiga  gallina dalle uova d’oro.
Fa’ specie, comunque, che nel dotto convegno nessuno abbia ritenuto di dover parlare della legge Lazzati, uno strumento pur valido che consentirebbe allo Stato (forze dell’ordine e magistratura) di impedire al momento elettorale le infiltrazioni mafia-politica. È, per l’appunto, al momento elettorale che bisogna intervenire. Lo sanno bene i politici e, purtroppo, anche gli operatori del diritto. Questo grido d’allarme il centro studi l’ha lanciato oltre vent’anni fa ed è penoso che siano in tanti a fingere di non aver capito, al punto che l’omessa introduzione nel nostro ordinamento giuridico del divieto di propaganda elettorale per i soggetti in odor di santità spaventa tutti e costituisce la vera mafia dell’antimafia di parata. Fa’ specie inoltre, sotto tale aspetto, che la Libera Informazione volutamente taccia sulla medesima legge e preferisca anzi dare titoli di scatola a chi  “campa”  di attentati  e da vent’anni a questa parte presenta sempre le stesse facce di assistiti.

Insomma a Lamezia – Speranza o Mascaro imperante – sembra proprio che alla concretezza si preferisca la commedia dell’arte, sottovalutando il fatto che, se non si affronta il cuore del problema, fra cento anni i nostri discendenti continueranno ancora a parlare di voto di scambio e di collusione mafia-politica ed altri al posto di Speranza e di Mascaro organizzeranno ancora fiaccolate.

Il nostro giornale il 27 febbraio p.v. sarà a Milano, ove il dott. Romano De Grazia, presidente emerito della suprema Corte di Cassazione, illustrerà ad imprenditori, professionisti ed operatori del diritto la legge Lazzati.  Sarà un bel dire vista l’aria che tira, colà!