Arrivi a Skalia percorrendo la tormentata S.S. 18 delle Calabrie. Sì, erano due: quella ulteriore, greca, e quella citeriore, latina. La cittadella, appena diecimila abitanti che diventano sessantamila nel periodo estivo, si adagia su un vasto promontorio, che delimita a sud il Golfo di Policastro. E’ arroccata a gradoni la parte antica, mentre quella moderna si espande lungo la costa. Vi si accede attraverso quattro “porte”: quella del mare, quella del ponte, quella di Cimalonga, quella del forte.
Guardare il panorama dall’antico castello che la sovrasta è qualcosa che toglie il fiato: fa pensare alla grandezza del creato e, nel contempo, alla piccolezza dell’uomo, che per soddisfare la sua avidità manda tutto alle ortiche; ti inebria, ti esalta, ti “dopa”, ti fa sentire padrone del mondo.
E’ dissacrante, difronte a questa meraviglia del creato, pensare che oggi io mi trovi qui sol perché l’uomo ha turbato le “recondite armonie” di questo lembo di terra. Certamente greci e romani, bizantini e normanni si staranno rivoltando negli avelli per aver dovuto assistere alla vergogna dell’inchiesta Plinius, con la quale veniva disposto l’arresto di 38 persone, tra le quali il sindaco di Scalea, cinque assessori ed alcuni funzionari comunali. Tra i reati contestati ai componenti della giunta cittadina l’associazione di tipo mafioso. Motivo questo per il quale a febbraio del 2014 il consiglio comunale di Scalea è stato sciolto.
A tal proposito, ad oggi sono 58 i comuni sciolti per mafia in Calabria, vale a dire il 14,2% dei comuni di questa regione, che rappresentano, per numero di abitanti, la bella cifra del 20,74%. Particolare trascurabile che la medaglia d’oro vada alla Sicilia, alla Campania o alla Calabria, in quanto questo medagliere esula dalle nostre ambizioni. Particolare non trascurabile se, invece, questo significasse assenza dello Stato e, come provato dalla storia in più occasioni, addirittura collusione tra poteri forti e organizzazioni eversive e parassitarie.
Per carità di Patria, vogliamo, una volta per tutte, mettere da parte le diatribe di sempre, i j’accuse che rimbalzano da una parte all’altra lasciando dubbi, perplessità ed incertezze?
Vogliamo farci carico delle nostre responsabilità politiche e delle necessità del momento?
Certo, non saremmo al punto in cui siamo:
- se avessimo avuto la presenza dello Stato nella piena espressione dei suoi poteri;
- se la legislazione fosse stata aderente alla realtà dei bisogni;
- se non ci fosse stata collusione tra mafia e politica;
- se l’elettore avesse espresso il suo consenso elettorale al netto di opportunismi e condizionamenti;
- se, ancora oggi, il voto di scambio non trovasse terreno fertile nella farraginosità del 416 bis e ter del c.p.!
E’ evidente che la legge Lazzati, stravolta nella sua stesura originale, non ha potuto colmare appieno il vuoto legislativo esistente nella “vendemmia” dei consensi elettorali, vuoto che continua a far comodo ad una parte degli apparati politici.
Ebbene, non sono un paragnosta, ma sta accadendo oggi, in questo meraviglioso, millenario scenario che da Skalia parta una rivoluzione culturale che ne combinerà delle belle. Lo vogliono greci e romani, bizantini e normanni. Lo pretendono gli scaleoti stanchi della politica pifferaia, inconcludente e pentolaia.