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La falange scaleota Avamposto di una rivoluzione culturale

Monica De CarloDomenica scorsa, per i comuni in cui si vota, si è ufficialmente aperta la Kermesse elettorale. Nella nostra regione sono chiamati alle urne i cittadini di 89 comuni. Tra questi, in ben 19, si voterà per motivi diversi dalla scadenza naturale del mandato. Papale, papale, si andrà a votare perché le assemblee elettive di questi comuni sono state sciolte per “odor di santità”, da non confondere con quello di papa Francesco. Qui stiamo parlando di  infiltrazione mafiosa nelle istituzioni, di malaffare, di interessi privati in atti di ufficio, di voto di scambio, di collusione tra mafia e politica. Nella sola Calabria, includendo nel numero le recidività, dal ’91 ad oggi, sono circa un’ottantina i comuni sciolti per “santità”! Un po’ tanti se rapportati ai 409 totali.

Poiché la curiosità non appartiene solo al genere femminile, ma anche perché invitato, mi sono recato a Scalea, un comune balzato alla ribalta dei media, anno Domini 2014, dopo che 38 persone sono state arrestate. Sindaco, assessori e funzionari comunali compresi nel numero. Un caso di normale routine.
Esaltante, stimolante, invece, la reazione di un manipolo di giovani, che – costituita una lista civica, W Scalea, candidato sindaco Monica De Carlo, giovane avvocato tutta pepe, trascinatrice del gruppo – insorge oggi contro il malaffare imperante, la corruzione dilagante, lo strapotere degli establishment  partitici. Ma lo fa con tatto, intelligenza, eleganza, in punta di fioretto insomma.
La falange scaleota ha fatto quadrato attorno al giudice Romano De Grazia, fondatore del Centro Studi Lazzati ed autore della tanta avversata legge che tanta, tanta paura fa all’universo politico. Anche lui candidato consigliere insieme a quattordici giovani, di cui alcuni, aderenti al Centro Studi Lazzati, provenienti da altre parti d’Italia.
Santoni, guru e voltagabbana del luogo, imprestati alla politica, nel tentativo di minimizzare l’evento, li hanno battezzati “i forestieri”, non avendo altro da dire, pur avvertendo un certo fastidioso prurito per l’ingombrante presenza del giudice De Grazia e per la costituzione della neo formazione politica, che si è preparata a questo evento elettorale già da qualche annetto.

Che tirasse aria nuova, nella sala dell’hotel Talao, lo si è capito subito per la presenza dei tanti scaleoti che hanno supportato, sottolineato con applausi di incitamento, la presentazione dei candidati e del programma elettorale della De Carlo e associati.
Che a Scalea sia arrivato il tempo dei limoni neri per politici blasonati, per faccendieri sfaccendati, per improvvisati ed aspiranti apprendisti stregoni, è apparso chiaramente quando, senza offesa per alcuno, sono stati rimarcati concetti quali legalità, lotta alla corruzione, servizio al cittadino.
Che in questo ultimo lembo di territorio calabrese stia prendendo piede una silente rivoluzione è venuto fuori dalla pacata determinazione del candidato sindaco Monica De Carlo, che ha parlato, più volte interrotta da standing ovation della platea, delle direttrici di sviluppo socio-economico della città e del programma che svilupperà all’insegna della legalità, della chiarezza e della trasparenza.

20160517-Romano de Grazia e Monica De CarloE di legalità ha poi parlato l’emerito presidente della Corte di Cassazione, il giudice De Grazia, che ha la buona abitudine di chiamare le cose con il loro nome e cognome. Non serve l’antimafia salottiera e pantofolaia, divenuta per tanti, per troppa gente fonte di facili guadagni. Non servono codici etici e commissioni antimafia. Non aiuta il silenzio dei media e della stampa codina e velinaria. C’è solo bisogno di scendere … in trincea, c’è bisogno di tante Scalea.
“Molochio e  Platì  ed adesso Scalea – ha detto il giudice De Grazia – sono tappe di un lungo processo di rinnovamento che sta prendendo piede sul territorio italiano, che conosce la concretezza della legge Lazzati e gli arzigogoli cerebrali di chi pensa di debellare il malaffare distribuendo gerbere”.
Nel contempo, sul versante aspromontano di Platì, Ilaria Mittiga, candidata a sindaco, in occasione della sua conferenza stampa ha “sposato” la legge Lazzati  iniziando, anch’ella, un processo di rinnovamento culturale, in barba alle scelte strategiche dei politologi e strizzacervelli di turno.

E’ di questi giorni, poi, la notizia che il libro di Antonio Amorosi, Coop Connection, è il  più venduto delle ultime due settimane. Guarda caso, contiene un intero capitolo dedicato alla legge Lazzati, alle denunce fatte dal giudice De Grazia, agli assordanti silenzi della stampa, alle battaglie sotterranee del mondo politico, che si vede minacciato dalla determinata concretezza della stessa legge, ai falsi miti creati dai santoni dell’antimafia di Stato, alla pizza connection esistente nel mondo cooperativistico.

Sarà perché la gente ha fame di legalità e di trasparenza, sarà perché ha piene le tasche del malcostume, del malaffare, della collusione politica-mafia,  certo è che l’intera platea si è alzata in piedi applaudendo il giudice De Grazia e la falange scaleota.
Ne ho tratto una sola conclusione: finalmente le nuove generazioni sono scese in campo, incalzano e ci mettono la faccia, stanche dei vecchi politici, ormai utres inflati, palloni gonfiati! Purtroppo di tali politici ce ne sono tanti in giro e ce ne saranno ancora fino a quando ci saranno somministrate massicce dosi di garantismo.

Ma i nodi vengono al pettine, prima o poi. Scalea, Platì, Molochio sono solo l’inizio di una rivoluzione culturale.
Alla via così.