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La Calabria volta pagina E’ una presa di coscienza?

Piaccia o non piaccia, l’ultimo referendum costituzionale ha dato, per la prima volta nella storia d’Italia, un messaggio chiaro ed inequivocabile alla classe politica: gli italiani hanno piene le tasche di coloro i quali – passatisti conservatori  o innovatori rottamatori – hanno grande considerazione per la conservazione dei loro privilegi e  poco o niente per i bisogni reali di coloro i quali dovrebbero, invece, rappresentare. E’ questa l’etica del  terzo millennio, che niente ha  a che vedere con quella di Epicuro o di Aristotele o di Spinosa.
Ricordate il codice etico di Cesare Prandelli, commissario tecnico della nazionale? Ricordate il codice etico della Bindi? E quello di Beppe Grillo? Sembrerebbe quasi che in questo Paese senza regole, alzandosi al mattino, ognuno si costruisca un codice ad personam – per capirci “ ‘ppi ‘lli cazzi sua” –  come dicono dal Volturno in giù.
Questa volta, però, e per la prima volta, ha tremato l’Olimpo intero! Giove e la sua corte, semidei, ninfe e satiri han dovuto prendere atto che l’umana gente ha perduto la pazienza e che, quando i suoi bisogni essenziali non sono soddisfatti, allora l’ordine costituito è in gran pericolo.
È finanche accaduto, per la prima volta nella storia, che i calabresi tutti, proprio loro che sono andati sempre controcorrente, nel manifestare il loro malessere abbiano buttato giù dalla torre gli intoccabili.
E’ stato un caso o una presa di coscienza?
E’ stato un voto libero o condizionato dalle ben note  ingerenze esterne?
Ogni dubbio è legittimo, perché questa volta non erano in predicato sante alleanze, giochi di potere, tristi connubi, voti di scambio e di favori.
Certo è avvenuto che gli elettori calabresi hanno detto no – anche nelle roccaforti di appartenenza – ai vecchi passatisti conservatori che della politica han fatto colazione, pranzo e cena.
San Giovanni in Fiore, ha voltato le spalle a Mario Oliverio, governatore della inconcludente regione Calabria; il segretario regionale del Pd, Ernesto Magorno, nel suo feudo, ha raccolto appena il 27% dei voti; a Vallefiorita, patria del presidente della provincia catanzarese Enzo Bruno, il no ha sfiorato il 60% , cosi come avvenuto per il collega Guglielmelli, segretario provinciale del Pd di Cosenza. Reggio Calabria, infine, è stata come la Waterloo per Napoleone. Il no ha travolto il sindaco Falcomatà e il presidente del consiglio regionale Nicola Irto, dietro il quale aleggia la figura di Marco Minniti, attuale ministro degli Interni nel governo Gentiloni.
Non sto a fare la conta dei no e dei si; sto piuttosto osservando come in occasione del referendum costituzionale per la prima volta l’elettorato calabrese abbia votato, sorprendentemente, come il resto del Paese.
Mi vien da pensare: i calabresi han preso senno o c’è, tra l’espressione del voto per un referendum costituzionale e quella per una qualsiasi competizione elettorale una certa “differenza”?
Mi augurerei che tanto fosse avvenuto per presa di coscienza, ma non esulto, perché un atroce  dubbio mi assale: questa volta si votava per un referendum costituzionale, per giunta personalizzato, che niente ha a che vedere con una competizione elettorale, dove ad  uno si dà ed all’altro si  promette; questa volta, i mammasantissima non avevano alcuno interesse, perchè dell’articolo quinto della costituzione se ne possono egregiamente fottere. Per loro l’importante è l’art. quinto del codice etico ad personam: chi ha in mano ha vinto. Meglio non esultare, perché dietro le quinte fervono già i preparativi per far la festa ad Oliverio. E non c’e bisogno della zingara per indovinare… la fortuna!