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Mafia e politica a braccetto Corruzione e degrado dilagano nella regione

La città lametina, ancora incredula e sgomenta per l’ultimo scandalo che vede coinvolto il suo consigliere comunale Pasquale Ruberto – già indagato presidente di Calabria Etica ed arrestato qualche giorno fa per la truffa dei fondi Ue destinati ai poveri ed agli indigenti – si interroga su come sia possibile che tanto malcostume e corruzione allignino nella cittadella degli uffici regionali e si propalino per tutto il territorio a macchia di leopardo. Già in un passato non molto remoto il consesso regionale calabrese contava un cospicuo numero di indagati, ma nemmeno la fertile “fantasia” di Montalbano poteva immaginare un piano così ben congegnato.
Ci si stupisce del fatto che si sia arrivati alla “distrazione” delle somme destinate al credito sociale e che a capo della cupola – secondo gli inquirenti – ci sia un consigliere regionale, Nazareno Salerno, eletto alle scorse elezioni  a furor di popolo (9.000 voti) sotto l’egida di Forza Italia, coadiuvato da dirigenti regionali, da imprenditori, da qualche impiegato di Equitalia e – non potevano mancare! – da quotati rappresentanti della cosca Mancuso di Limbadi.
Un cocktail questo che va per la maggiore su tutto il territorio nazionale e viene consumato quotidianamente con bramosia da politici, boiardi di stato, mafiosi, faccendieri e sfaccendati ed a volte, ahimè, anche da qualche togato di superba gloria. Han voglia di pontificare Franco Roberti, procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo (“dove c’è lo Stato non ce n’è per nessuno!”) e Raffaele Cantone, massima autorità dell’anticorruzione!
Tra i reati contestati, truffa, peculato e abuso d’ufficio, chissà se i magistrati riusciranno a “provare” anche il voto di scambio, negletto tormentone del 416 ter del codice penale. Ciò certamente darebbe alla vicenda una luce ancora più sinistra: competizioni elettorali inquinate e viziate, foriere di appalti pilotati, di guadagni certi e di inevitabili intrallazzi.
Ma non si fa in tempo a metabolizzare uno scandalo che già ne vien fuori un altro. Questa volta è la Corte dei Conti della Calabria che denuncia la gestione allegra dei contributi comunitari a sostegno dell’agricoltura. E non sono noccioline bensì due milioni di euro che sarebbero stati distribuiti dall’ente pagatore calabrese a privati percettori non aventi diritto e finanche a chi non ne aveva fatto richiesta.
Ma la cosa più sorprendente in questo tsunami giudiziario calabro-lametino è che gli indagati sono sereni, mentre sono inquieti gli inquirenti della DDA di Catanzaro, i quali, convinti che quanto emerso sia solo la punta dell’iceberg, stanno intensificando gli accertamenti per venire a capo della distrazione dei fondi Ue del credito sociale con l’avvenuta destinazione ai paperoni della politica ed ai burocrati anziché alle famiglie disagiate. Il tutto ordito al fine di assicurarsi i voti alle competizioni elettorali, il riempimento delle proprie tasche ed un’eterna vita politica.
Nel contempo fa anche tanta specie la superficialità di certa stampa locale che, tranne qualche articolo, si astiene da ogni commento, anzi dà addirittura l’impressione di non credere alla triste vicenda, parlando di “bolle di sapone” e facendo riferimento a pareri di giureconsulti improvvisati.
Se spendere buone ragioni in favore dell’accusato fa parte dei compiti dell’avvocato difensore, questo ruolo non è consentito, invece, a coloro i quali svolgono il servizio dell’informazione. E’ pur vero che tanti di questi ultimi hanno brillato e brillano per assecondare il potere politico costituito in città e nella regione, sensibili “ad ogni sibilar di peto, a seconda del cul di provenienza”.
Nella grave circostanza, però, non si tratta di servilismo – pur incomprensibile – bensì di una ragione più grave non solo sul piano morale ma anche sul piano giudiziario. Infatti, le indagini sono ancora in corso di svolgimento, e per chi risulta essere stato a pay roll, per esempio  di Calabria Etica o dell’assessore regionale, si potrebbe ipotizzare il reato di ricettazione; mentre per chi ha avuto l’assunzione alle dipendenze dell’Etica Calabria, si potrebbe ipotizzare il reato di corruzione elettorale e di voto di scambio. Certo siamo agli inizi della santa inquisizione e sicuramente ne vedremo ancora delle belle.
Ecco perché in questo magnifico affresco, politici e beneficiari, corrotti e corruttori sono cointeressati, tramite i loro giureconsulti (accreditati o improvvisati) a ridimensionare i fatti (bolle di sapone).
Cari lettori, quanto avvenuto è di una gravità immensa: questa vicenda mette a nudo che la collusione mafia-politica ed il voto di scambio, coinvolgente famelici burocrati ed almeno un buon terzo dell’elettorato votante, è il principale problema della nostra regione. Il suo superamento è condizione sine qua non perché questa terra, benedetta da Dio e maledetta dagli uomini, possa superare il degrado socio economico e culturale nel quale versa.