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Lamezia non è diversa da altre realtà calabresi… Una riflessione di Italo Leone che pubblichiamo molto volentieri

Caro Renato,

rispondo alle cortesi sollecitazioni con cui mi invitavi a parlare della triste condizione di Lamezia Terme con una lettera, nella quale cercherò di spiegare ciò che non sono riuscito a chiarire in quella telefonata. Noi ci conosciamo fin dai tempi del liceo; abbiamo condiviso l’esperienza del primo scoutismo a Nicastro, abbiamo ritrovato le condizioni di un sereno dibattito tra un gruppo di amici che hanno gli stessi valori di base.  Mi esprimevi in quella telefonata la tua indignazione su come vanno le cose a Lamezia e sulla ‘indifferenza’ dei lametini che si allontanano sempre più dalla politica. Ho cercato di dirti che, pur condividendo le tue apprensioni, la situazione a Lamezia non è ormai molto diversa da quella di altre realtà della Calabria e del meridione in genere, e questo non perché siamo geneticamente diversi, ma perché abbiamo avuto una storia molto diversa, in particolare noi della Calabria. Pur non essendo un’isola, la Calabria è stata ed è una regione dove chi viene dal resto del mondo va per passare altrove, provenendo da un altrove.
Dal tempo dell’occupazione greca e romana la Calabria, come il resto del meridione hanno visto fiorire e morire splendide civiltà tutte venute da fuori, tutte subite, tutte tese a trarre il massimo profitto con il minimo della spesa pubblica, tutte incuranti della crescita sociale e soprattutto culturale della popolazione. Dalle angherìe della nobiltà feudale sotto gli angioini, gli spagnoli, i Borboni, alle angherìe dello stato nazionale con il perpetuarsi della diversità tra Nord e Sud con politiche che hanno costantemente favorito l’industria del Nord a danno dell’agricoltura meridionale, con la lentezza nella costruzione di infrastrutture che ancora oggi sono insufficienti alle necessità, con un prelievo fiscale già dopo l’unità d’Italia che ha sfiancato ulteriormente le popolazioni del Sud.
I meridionali hanno nel loro DNA una sfiducia estrema nei governi che si sono succeduti da secoli. Hanno creduto e credono che se non fai parte di una clientela, di una consorteria politica, di un gruppo massonico, ecc. non avrai nemmeno quanto per diritto ti spetta, dall’ospedale alla burocrazia comunale o regionale. La ‘ndrangheta è, all’incirca, percepita in questi termini. Mafia, ‘ndrangheta, camorra e sacra corona sono nate e vivono in antagonismo e sostituzione dello stato che è debole o assente nelle sue istituzioni. E se i commercianti a Lamezia pagano in silenzio, come afferma la magistratura, è anche perché l’esperienza della rivolta non è confortante.
Quando le istituzioni hanno toccato a fondo i livelli più alti, dove i rapporti tra le associazioni malavitose e l’amministrazione pubblica o le istituzioni stesse si intrecciano, la sconfitta dello Stato si è materializzata negli assassinii di Carlo Alberto Della Chiesa, di Falcone, di Borsellino e di tanti altri che hanno dato la vita per un ideale di legalità e giustizia.
Il mio pessimismo, caro Renato, nasce dall’esperienza storica, ma non significa che bisogna rassegnarsi. Occorre che i politici, a tutti i livelli, facciano politica e non demagogia; occorre che, con fatica e rischio, si progettino percorsi finalizzati non a perpetuare il proprio potere quanto più a lungo è possibile e a danno degli interessi generali, ma a potenziare la legalità, la giustizia sociale, la dignità del lavoro di quanta più gente possibile.

 

E’ morto da poco Helmut Kohl, Cancelliere della Germania Occidentale e poi della Germania unita fino al 1998. Kohl in un decennio circa ha riportato la Germania dell’Est a condizioni di vita simili a quelli della Germania Occidentale, con l’appoggio del popolo tedesco e una enorme spesa di investimenti sociali nell’Est. In Italia la Questione Meridionale, sorta appena dopo l’unificazione, è ancora aperta e ci sono di fatto due Italie. Dobbiamo guardare la realtà non per come vorremmo che fosse ma per come è.