La Madonna della Montagna, più nota e venerata come la Madonna di Polsi, di far miracoli non ne vuol sapere! Anche se consapevole del rischio di essere tacciato di apostata irriverenza – malgrado il fiorir di tante leggende che si tramandano da padre in figlio – ho l’impressione che la Beata preferisca rimanere indifferente e sorda ai lamenti della gente sanluchese, così come alle terrene e futili richieste della umana specie.
Tra tutte le narrazioni, la più accreditata racconta di un pastore alla ricerca di un toro smarrito; pare l’avesse ritrovato in località Nardello mentre l’animale stava dissotterrando una croce di ferro. Avvicinatosi gli apparve la Beata Vergine col Bambino che così si espresse: voglio che si erga una chiesa per diffondere le mie grazie su tutti i devoti che qui verranno a visitarmi. Così fu!
Certo è che la Madonna di Polsi, frazione di San Luca, richiama fedeli e pellegrini da Calabria e Sicilia, particolarmente numerosi nei mesi di agosto e settembre. Ma anche… boss e mafiosi provenienti dalla Calabria e da tutto il mondo perché la Santa, per la dovuta devozione di tutti, nell’immaginario collettivo del mondo del malaffare, è garanzia di rispetto ed osservanza dei patti perversi che si concludono. Sarà pure una leggenda metropolitana, però credenza vuole che a Polsi si custodiscano le dodici tavole della ‘ndrangheta anzi – sembrerebbe – che qui vengano prese le decisioni relativamente a strategie criminali, assetti e controllo dei territori che non conoscono più confini, promozioni ed investiture di nuovi accoliti.
In questo santuario – ha detto il vescovo di Reggio Calabria , mons. Morosini – si è consumata la profanazione del sacro ed è stato fatto l’insulto più violento alla fede dei padri.
Sta di fatto, comunque, che la Beata Vergine, anche se ripetutamente sollecitata dai fedeli, se n’ è stata al suo posto ben mantenendo le distanze “dall’ umane ambasce”, dagli “spupazzamenti” e dai ridicoli tentativi di coniugazione tra sacro e profano da parte di cialtroni, improvvisati gestori di umani intrighi, richiedenti divina condivisione e benedizione.
E così, nella becera indifferenza ed incuria generale delle istituzioni repubblicane, è nato e cresciuto “il libero territorio” di San Luca, paese di padri, padrini, amministratori di giustizia e giustizieri: vale a dire l’antistato, ben radicato per la latitanza delle istituzioni da ben ottant’anni, oggi rappresentate solo dalla presenza dei carabinieri, di quel che resta di Equitalia e dalla presenza di un commissario prefettizio, ad imperitura memoria che San Luca è ancora territorio italiano, temporaneamente gestito da “occulti amministratori”.
Ma è un temporaneo, un provvisorio che assume, invece, una durevole connotazione di guerra di trincea in cui combattono soldati senza volto.
Ed a niente servono gli inutili orpelli repubblicani, gli scioglimenti del consiglio comunale, perché non c’è essere umano che aneli a diventare sindaco dell’avamposto dell’inferno; non c’è alcuno che in occasione delle competizioni elettorali, presenti una lista, tant’ è che la comunità sanluchese, solo madri e ragazzi, ha in mente di presentare una petizione finalizzata alla riconferma dell’attuale commissario prefettizio Salvatore Gullì, apprezzatissimo amministratore.
Già in passato – febbraio 2013 alla vigilia delle elezioni politiche – preso da morbosa curiosità sapendo che i pentastellati avrebbero chiuso la campagna elettorale a San Luca, mi recai nella cittadina aspromontana. Luogo dell’incontro una sala disadorna del comune, una polverosa foto di Napolitano appesa al muro, una quindicina di persone compresi gli ospiti: i senatori Morra e Molinaro, il deputato Barbanti, oggi baldo paladino pieddino, ed il giudice De Grazia autore della Legge Lazzati.
Bla, bla, bla dei cinquestelle, promesse ed impegni come sempre dimenticati, qualche ironico intervento di un sanluchese dal quale trapelava diffidenza ed atavico risentimento verso coloro i quali, han fatto e stanno facendo solo la politica del giaguaro paraculo.
Ricordo l’accorata richiesta di una ragazza che chiese al giudice De Grazia del perché si fosse presentato come sindaco a Platì e non lo avesse fatto anche per San Luca.
“Non me lo consente l’età, cara figliola – egli rispose – sono venuto a San Luca vent’anni fa e da qui è partita la mia battaglia per la legalità, la trasparenza e la giustizia. Comunque vi sarò vicino per la mia sete di giustizia, legalità e dignità civica”.
Ebbene, penso che alla prossima tornata San Luca dovrà essere per forza nell’elenco dei comuni che dovranno rinnovare i civici consessi ed allora al giudice De Grazia per primo ed ai partiti tutti, questa volta, le madri ed i ragazzi del paesino aspromontano chiedono di essere presenti, non a parole, ma con loro liste e con i segretari dei partiti candidati a sindaco. Magari la contromossa della ‘ndrangheta sarà quella di allontanare i sanluchesi dalle urne, ma una lista composta da ex magistrati, funzionari di polizia in pensione, uomini politici senza o con i colori di appartenenza, sarebbe veramente l’ultima ancora di salvezza da offrire ad un paese che assolutamente non merita la triste fama che ha.
Nella storia della nostra repubblica, se ciò dovesse accadere, verrebbe scritta una pagina densa di significati, primo fra tutti la riaffermazione dello Stato di diritto, che equivarrebbe a costruire o meglio a restituire a persone e cose dignità, diritti, doveri, rispetto, lavoro e certezza di legalità e giustizia, finalmente fuori dall’attuale deviante, opprimente, perversa spirale di sopraffazione e violenza! E questa volta si, ci sarebbe … la benedizione della Madonna della Montagna.