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L’impero del male Gerbere e fiaccolate per contrastare la ‘ndrangheta. Mancano solo tricche e ballacche.

 

Prima era nota come la  Santa o come Picciotteria, ma poi è stata “sacramentata” come ‘ndrangheta. E’ avvenuto nel febbraio 2008, quando l’on. Francesco Forgione, presidente della commissione parlamentare antimafia, per la prima volta nella storia, incentra la sua relazione sulla mafia calabrese che, per la strage di ferragosto 2007 –  i fatti di Duisburg –  è balzata sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo.
Tant’è che, nello stesso anno,  il governo degli Stati uniti inserisce nel  Foreign Narcotics Kingpins – cioè l’elenco delle organizzazioni dedite al narcotraffico – la ‘ndrangheta che, con questo “riconoscimento” entra a far parte delle più potenti organizzazioni criminali al mondo ed, in capo a pochi anni,  è presente in tutti e cinque i  continenti.
Partendo dalle organizzazioni criminali, operanti nella provincia di Reggio Calabria,  essa si è sviluppata anche nelle altre province –  Crotone, Catanzaro, Cosenza , Vibo Valentia –   passando anche per Lamezia che, senza nulla togliere ad alcuno, penso meriti nella classifica del malaffare,  una posizione di tutto rispetto.
Oltre al narcotraffico i suoi business sono costituiti dalla partecipazione agli appalti, dal voto di scambio con conseguente inquinamento dei consensi elettorali, non trascurando poi, estorsione, usura, traffico d’armi, gioco d’azzardo, prostituzione, riciclaggio di denaro  e, primus inter pares, smaltimento dei rifiuti  tossici e radioattivi  mediante l’affondamento delle navi nel Mediterraneo (Cetraro e Somalia docent!).
Tutto ciò è noto al colto ed all’inclito, ma ho voluto ricordarlo per dire che ‘ndrangheta, nata in Calabria, è divenuta un’ holding di partecipazioni a delinquere, in cui ogni ‘ndrina è specializzata nel suo business.
Ha entrature dappertutto:  in politica, da quella locale a quella regionale, senza eccezioni, senza limiti territoriali; nella pubblica amministrazione, nel commercio, nell’imprenditoria, nell’agricoltura e, non so se si salva la Chiesa, ma le mele marce sono in tutti i panieri. Checché se ne dica non ha più confini e si avvale della consulenza del fior fiore di legali, commercialisti e consulenti finanziari che, naturalmente dietro lauti compensi, suggeriscono le vie più sicure per gestire e nascondere i proventi del malaffare.  Secondo Eurispes il suo fatturato, ma al ribasso, ammonta a circa 50/60 mld l’anno.
Mi fa specie, pertanto, che a fronte di questo monster  di smisurata possanza si risponda, o meglio si cincischia, con provvedimenti che lasciano il tempo che trovano in nome e per conto di un eccessivo garantismo  che non porta da nessuna parte, anzi  nella quasi totalità dei casi, finisce in prescrizione o nel niente di fatto.
Mi fa specie il fatto che il nostro Parlamento a fronte del dilagare della corruzione dei politici e dei boiardi di Stato , partorisca leggi strutturate in tal modo da renderle del tutto inutili.
Per dirne una, a tutti è chiaro il connubio tra politica e mafia ed il voto di scambio ne è l’espressione più ricorrente:  do ut des,  voti contro favori da restituire.
C’è qualcuno che a fronte dei casi affiorati può dirmi “quante alme d’eroi , di cani e d’augelli” ha travolto il 416 ter ed il 416 bis?
C’è qualcuno che può cantare le lodi dei vari codici etici o dei risultati raggiunti dalla pletora di  Commissioni Antimafia, Antiracket ed anti usura che imperversano sul territorio nazionale?
C’è qualcuno che vuole elencare, col vento che tira, i vantaggi  derivanti dalla presenza di Consip e di altri  analoghi carrozzoni?
C’è qualcuno che mi possa illustrare, al di là del fiume di denaro distribuito a piene mani, quali sono i ritorni della presenza delle mille cooperative sparse sul territorio nazionale in nome dell’antiracket e per conto di pochi amici?
Viviamo, nel nostro Paese, di annunci, di millantate panacee che poi si  traducono in cocenti delusioni!
Ma veniamo alla nostra Lamezia. Qualche giorno fa il consigliere  Arturo Bova, uno dei tanti presidenti delle tante commissioni regionali antimafia si è incontrato, alla Progetto Sud, che ha sede in un fabbricato confiscato ad un clan lametino, con don Giacomo Panizza padrone di casa, Angela Robbe, presidente regionale di Lega coop, don Ennio Stamile referente calabrese dell’associazione Libera che fa capo a don Ciotti e Maria Teresa Morano, presidente regionale dell’associazione antiracket, per approfondire le problematiche connesse al fenomeno criminale lanciando al contempo un segnale di sostegno, concreto e tangibile, da parte delle istituzioni calabresi direttamente sul territorio .
Minchia signor tenente, verrebbe da dire in sintonia con la canzone di Faletti: il cielo ci piove addosso e siamo ancora agli approfondimenti!
Dica, invece, il Bova, quanto l’istituzione regionale spende per le problematiche connesse al fenomeno mafioso; a chi vanno i sostegni concreti e tangibili; quali sono i ritorni delle gerbere distribuite dalla Musella o delle fiaccolate di vicinanza e solidarietà alle vittime dei mafiosi, non senza dimenticare di parlarci del voto di scambio in occasione dell’elezioni regionali ed amministrative nei vari comuni calabresi, senza dimenticare i comuni sciolti, di recente,  per infiltrazione mafiosa e la commissione di accesso al comune lametino.
E’ soprattutto dica se il suo è solo un tentativo di dare senso compiuto e giustificazione al ruolo che ricopre o pensa effettivamente che la ‘ndrangheta si combatta in salotto, magari anche in pantofole, sorbendo un drink e guardando il Tg che ci informa sugli ultimi (mis)fatti commessi dalla compagnia cantante.