Due gli attori: Scura, ormai conosciuto come il commissario per tutte le stagioni ed Oliverio il legionario governatore della terra di nessuno; una sola platea di circa due milioni di spettatori che, attonita, assiste al duello tra i titani che danno alla sanità calabrese connotazione ora di pantomima ora di melodramma.
Nessuno dei due fa un passo indietro per sbloccare una situazione incancrenita che, ormai è chiaro, assume sempre di più colorazione politica ed elettoralistica. Proprio così, le problematiche sanitarie calabresi sottacciono, infatti, un problema squisitamente politico: uno scontro di potere tra governo centrale e governo regionale.
I due alfieri in campo Massimo Scura, commissario ad acta, e Mario Oliverio, governatore calabrese, duellano ormai da anni senza tregua, mentre gli interventi ragionieristici del primo sono serviti a ben poco e le denunce del secondo non hanno trovato orecchie compiacenti.
La verità è nota a tutti, anche alla Beatrice Lorenzin, nume tutelare della nostra salute che in una intervista, qualche tempo fa, candidamente dichiarava che “i piani di rientro ed i commissariamenti hanno funzionato sotto il profilo economico, ma lo stesso non può dirsi per le cure”.
Intendeva, ella, che il punteggio minimo da raggiungere per una sanità accettabile deve attestarsi almeno attorno ad un parametro di 160 punti. Non so quali siano gli elementi che determinano il punteggio, certo è che la Calabria, da sempre ed anche dopo sette anni di commissariamento, in compagnia di Puglia, Sicilia e Campania, segna il passo raggiungendo a malapena 147 punti.
Il fatto poi che la regione bruzia abbia fatto registrare, ripeto, dopo sette anni di amorevoli cure soffuse dai commissari che si sono succeduti, non solo un peggioramento del servizio sanitario regionale, ma anche un inasprimento delle perdite – 88 milioni di euro nel bilancio 2016 – sembra non interessi alcuno; il fatto poi che in questa terra di nessuno non siano garantiti nemmeno i livelli essenziali di assistenza è poi un elemento del tutto trascurabile; il fatto poi che la sanità calabrese non esista e che la migrazione sanitaria abbia avuto un incremento notevole con conseguente emorragia di milioni di euro verso altre regioni, è il refrain di un’ antica melodia.
E, ciliegina sulla torta, il tutto è avvenuto dopo aver toccato i ticket al rialzo, cancellato dal listino un congruo numero di medicinali non più prescrivibili, la fuoriuscita di circa 5mila operatori sanitari, l’economia derivante dall’eliminazione di migliaia di posti letto nella regione.
Il che dimostra che nella sanità calabrese non è avvenuto alcunché né in fatto di rientro dal disavanzo finanziario regresso, né in tema di risanamento e riorganizzazione strutturale.
In un Paese degno di tal nome se dopo sette anni, non dopo sette mesi, nulla cambia, alla ministra Lorenzin avrebbero dovuto fischiare le orecchie e quanto meno, anzi che dare punti in pagella, promuovere un’attenta azione di controllo sul territorio.
Una situazione di questo genere certamente non lascia tranquillo il governatore Oliverio che, dopo aver minacciato fuoco e fiamme, sciopero della fame ed incatenamenti sotto gli uffici del Ministero della Sanità, alla fin fine ha messo da parte gli atteggiamenti barricadieri ed ha optato, per il momento, per un più soft incontro istituzionale – il prossimo 5 dicembre a Roma – con la ministra Lorenzin.
“Andrò a questo incontro e chiederò che ci sia un atto interruttivo immediato. Non devo negoziare nulla, la Calabria deve essere messa alla pari delle altre regioni ed avere un sistema sanitario tale da garantire ai cittadini le cure nella propria terra. Sarà una sfida da far tremare le vene ed i polsi” ha tuonato il vecchio legionario.
Non ha tutti i torti Oliverio, ma neanche tutte le ragioni. Forse sulla catastrofica situazione attuale ha negativamente influito la sua pervicacia, fin dal primo giorno della sua elezione, nel volere accorpare alla carica di governatore anche quella di commissario ad acta per la sanità regionale, come del resto avvenuto per alcuni suoi colleghi.
Ancora oggi egli sostiene di non fare battaglie di potere, ma non è tollerabile che la nostra regione paghi 300 ml. di euro alle altre regioni perché i nostri cittadini sono costretti a curarsi altrove. Ho chiesto di rinegoziare il piano di rientro per mettere i medici nelle migliori condizioni per operare.
Intanto al di là degli annunci l’opinione pubblica si chiede: a) quali ragioni, nei tre anni trascorsi, hanno impedito una fattiva collaborazione tra Regione e Commissario ad acta? b) cosa avrebbe fatto di diverso Oliverio da quanto ha fatto Scura? c) qualora gli organi centrali dovessero affidargli la gestione sanitaria ha pronto, egli, un piano di risanamento sanitario? d) il governatore Oliverio si presenterà alla Lorenzin con un piano operativo, con un programma di risanamento o con un lungo elenco di errori commessi dal commissario Scura? Dubito, comunque che la regione Calabria ne abbia uno.
Luci ed ombre gravano su questo scontro tra potere centrale e periferia e lasciano intuire che alla base di tutto ci sia, da una parte la rivendicazione del potere e dall’altra il tentativo di conservarlo in vista delle prossime elezioni. Come è noto chi ha in mano il business sanità ha già percorso metà del cammino per affermarsi elettoralmente, gestendo tra l’altro il 70% del bilancio regionale e di fatto condizionando appalti, collaborazioni esterne ed assunzioni. Ed in Calabria per il governo centrale … fischia il sasso.
Martedì 5 dicembre, quasi sicuramente Oliverio vincerà la sua battaglia ed allora faccia attenzione, il governatore, perché dalla pantomima al melodramma il passo è breve.