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Alla ricerca della credibilità perduta
Galati rilancia Lamezia Metropolitana

Il nostro personaggio non ha niente a che vedere con le torri di Iliòn  e non è stato mai un gran guerriero, anzi al clamore della battaglia ha sempre preferito la riservatezza ed  i corridoi dai passi felpati. Alla musa, chiedo comunque  di aiutarmi a narrare di quell’uomo di multiforme ingegno che, a distanza di secoli, reincarnatosi,  si è trapiantato dalle nostre parti e, precisamente,  a “Giambasi” – che in lingua albano  epirota avrebbe significato  luogo di fiera e di  baratto di cavalli ed animali da soma – poi cristianizzato in San Biase.  Sgombriamo, così,  il campo da dubbi e credenze dicendo che il buon San Biagio non ha a che fare nulla con il nome dato alla popolosa cittadina lametina.
Avrete certamente capito che il multiforme ingegno e la versatilità  caratteriale sono doti non comuni, anzi abbastanza rare e l’on. Giuseppe Galati, detto  Pino dagli amici lametini e non, è la testimonianza più genuina.
Checchè se ne dica Pino non è  un… ma il lametino d’eccellenza:  Sambiase illum genuit  e Giuseppe appellatus fuit, il 13 luglio 1961.
Si narra di prodigi avvenuti in quell’anno, ma preferisco non parlarne perché è sempre bene tenere distinti gli influssi astrali, le fasi lunari, gli incroci orbitali, insomma l’astratto dalla concretezza, la fantasia dalla realtà.
Certo è che, terminati gli studi classici e laureatosi in giurisprudenza il suo è tutto un cammino tra rose e fiori: avvocato prima ,  giornalista, insegnante, scrittore e, nel contempo, uomo politico, un po’ discusso per i frequenti cambi di casacca.
Ma, vivaddio, per uno che siede in Parlamento dal 1996, quindi da ben ventun anni, aver girato, come si suol dire le sette chiese, che volete che sia: ha cominciato col Polo delle Libertà, passando per il  Biancofiore,  per l’Udc,  per il Pdl, per il Berlusconi II, III e IV, per i Cristiano popolari, per Verdini,  per arrivare ai nostri giorni,  in preda ad un grande tormento interiore : non sapere da che parte buttarsi.
Certo il cuore è uno zingaro e le porte di casa del lombardo tycoon  di Arcore sono sempre pronte ad accogliere il figliol prodigo, magari non uccidendo il vitello grasso, ma garantendo un collegio sicuro.
C’è, però, da darla qualche spiegazione alla vulgata che in questo continuo cambio casacca non ha visto e non vede l’applicazione degli alti contenuti della democrazia liquida e nemmeno del sano trasformismo depretiano, bensì lo smodato desiderio di conservare la poltrona.
Ed in questo quasi quarto di secolo gli incarichi politici sono piovuti dal cielo copiosi: da promotore dei progetti di legge per i Lavori Pubblici al sottosegretariato per il Ministero delle Attività Produttive, ai mille altri  incarichi politici ed economici e di rappresentanza svolti per vari ministeri. Sottaccio le presidenze delle fondazioni “I Sud del Mondo” e, fiore all’occhiello di tutti noi altri, “Calabresi nel Mondo”: un successone irripetibile, qualche milione speso senza il ritorno di un cent, ma con tanta beneficenza elargita a destra ed a manca.
E probabilmente  per tutto questo da fare  ha trascurato il suo territorio che,  malgrado tutto,  gli è stato sempre vicino  tributandogli  di volta in volta, messe di consensi elettorali. Non abbia quindi preoccupazione  se qualcuno,  ignaro  dei suoi mille impegni, l’ha battezzata come Pino il latitante.
Di questi misunderstanding ne è piena la storia: Robin Hood, Sandokan, alla fin fine hanno avuto il riconoscimento che meritavano.
Comunque, ad onor del vero,  questo lembo di terra l’ha visto veramente poco o niente, e pur consapevole del suo peso nella stanza dei bottoni, qualche pensierino di vendetta elettorale l’ha fatto. Vivaddio almeno un bottoncino su questa terra benedetta da Dio e bistrattata dagli uomini, l’avrebbe potuto pur lasciar cadere! Ma non si pone un problema perché il tempo lenisce gli affanni e vedrà che alle prossime elezioni politiche i lametini, allineati,  coperti e dimentichini, saranno pronti a tributare onori e consensi.
Una mossa azzeccata, poi,  questa  sua proposta di unificare Lamezia Terme con altri undici comuni viciniori, per costituire la città metropolitana, che diventerebbe la seconda città della Calabria.
Una felice quanto inedita intuizione che butta alle ortiche la città dei due Mari  (Catanzaro – Lamezia) progettata da Loiero, ex presidente della regione bruzia; che manda a strabenedire la città dell’Istmo, l’area vasta e l’area critica; che barba! Devo riconoscerLe che, a volte, pensare in grande non è cosa buona,  e che bisogna, invece, adottare la politica dei passi  piccoli ma costanti. Se avanti o indietro non ha importanza.
Certo lo scioglimento del consesso civico lametino è stata una mazzata per tutti, una ferita per la democrazia, una   cocente delusione anche per quella “cosa” messa su dal garibaldino De Biase, che se la memoria non mi inganna si chiamava Alm, (alleanza per Mascaro), che raccoglieva tutti gli uomini del…presidente. Peccato che sia durata poco e che non abbia potuto estrinsecare tutte le potenzialità che ha in testa il vulcanico Turuzzo.
Anche se geograficamente vanno rivisti sia i confini dell’area che il numero dei  comuni  da includere nella città metropolitana, riterrei opportuno che l’ambizioso progetto fosse esteso anche all’on. Tonino Scalzo per due ordini di ragione: primo perché da rais delle montagne lametine, ha tanti comuni coinvolti nel progetto e secondo, particolare non trascurabile, l’imponenza dello stesso richiede comunanza di vedute e di interessi socio economici.
Ma quando mai s’è visto don Camillo e Peppone camminare a braccetto? Eppure Pino biancofiore e Tonino rais montanaro, pur nella loro diversità, costituirebbero un bel tandem. E la cosa non dovrebbe scandalizzare alcuno proprio per quel concetto di democrazia liquida per il quale il bene comune travalica antichi steccati e barriere ideologiche.
Alle orecchie del colto e dell’inclito, però, questa proposta è sembrata una trovata elettoral – propagandistica,  in vista delle elezioni politiche del 2018. Un tentativo, quindi, abbastanza arraffazzonato, di darsi una mano di biacca politica per riconquistare la credibilità  perduta.
Parimenti risultano  stonate le note provenienti dal violino di spalla, Giovanni Costanzo, primo cittadino di Falerna  che si è dato subito da fare per convocare i colleghi dei comuni viciniori per un incontro preventivo presso la sala congressi della Mediterranea Terina.
Proprio lui che a proposte ben più articolate, avanzate anche da questo giornale e da altri comitati, non ha avuto nemmeno  la sensibilità di rispondere.
La solerzia, quindi, con la quale si è mosso farebbe pensare, pertanto, ad una pietanza elettorale, all’uopo confezionata, condita con i soliti ingredienti: centralità, strategie di sviluppo, crescita sociale ed economica, tutti refrain dei quali tutti han piene le tasche.