(R.B.) La relazione del Ministro degli Interni, Marco Minniti, al Presidente della Repubblica, relativamente alle cause che hanno portato al terzo scioglimento del consiglio comunale lametino, parla di un “diffuso quadro di illegalità in vari settori, di contesto ambientale compromesso, di rapporti a vario titolo tra numerosi componenti sia dell’organo esecutivo che di quello consiliare con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata nonché di illecita acquisizione di voti”. Tratteremo l’argomento dettagliatamente nei giorni a venire. Per intanto vi proponiamo la lettura dell’articolo del nostro collaboratore, Antonello Cristiano, “confezionato” per festeggiare il santo Natale. “Bello il presepe – egli scrive – abbiamo forse smarrito la mangiatoia, ma è stata rimpiazzata da una legittima e certo più opportuna, cupa e gelida grotta”
di Antonello Cristiano
Com’è triste Lamezia… canterebbe un improbabile Aznavour. Dapprincipio un vespaio; ora è quasi discesa la calma. Pare dilagare una congiura di silenzio. I discorsi sono quello che sono, e terminano spesso con un mah, più di stoica rassegnazione che di dubbio. Pur di non toccare l’argomento si compiono funamboliche perifrasi. Per il resto sembra che tiri aria di festa. Non è Natale per un pelo, ed è già in atto il rastrellamento delle botteghe, il rastrellamento degli ultimi misfatti.
Ma varrà davvero questo flipper di luci sghembe e di atmosfere festive d’accatto, sempre più stanche e peggiori di anno in anno, a farci smaltire i postumi della nostra caduta?
A giorni, feste o non feste, ricorrerà il trigesimo dell’ennesima capitolazione della cara nostra Lamezia ed è forza si debba fare ammenda cospargendosi il capo di cenere.
Com’è triste davvero Lamezia! Una città di “transito” veicolare e politico, elevata perennemente, solo ai fini elettorali, alla potenza delle sue innumerabili possibilità, senza che i conti siano effettivamente mai tornati.
Com’è triste Lamezia, posta in mano di ubiqui personaggi che “auspicano” per mestiere: ed “auspicare” in tempo odierno significa demandare ai posteri, magari con l’aggiunta di un rincaro, le penurie presenti.
Ah i giovani… i giovani… chi se ne curerà? Mentre io gradirei dal profondo dell’anima che chi è stravaccato nella sua poltrona d’ufficio, sentenziando, non li nominasse in vano. Chi ha un’oncia di sangue la offra tacendo. Ad essi si deve la vita, non certo le proprie ultime riserve.
Tornando a noi, districare i nostri dubbi (se tutto ciò sia accaduto o meno col contributo e il beneplacito di qualche camarilla) non servirà a placare il vampiro della cronaca: canta la pagina scritta più e meglio dei nostri comizi e delle nostre tribune. Restano a memoria immarcescibile i nostri bellissimi numeri, nel duplice senso di cifre e di esibizioni; ed invero abbiamo eccelso anche in termini di cronaca nerissima con la triste americanata occorsa il mese scorso nel gizzeroto: atroce storia, forse inaudita nei nostri confini, di violenza e segregazione.
Com’è triste Lamezia! Ma permangono le tradizioni… Bello il presepe! Che ne è stato di quello vivente? Di esso abbiamo forse smarrita la “mangiatoia” (chi ha orecchi per intendere intenda) ma è stata rimpiazzata da una legittima, e certo più opportuna, cupa e gelida grotta.