Se consideriamo i risultati delle ultime elezioni in Italia e nei grandi Paesi occidentali, dagli Stati Uniti alla Francia, alla Germania, alla Spagna e all’Inghilterra della Brexit, si ritrova un denominatore comune: la rivolta di gran parte dei cittadini di fronte a chi ha governato negli ultimi decenni, cioè ai partiti di centro destra o di sinistra eredi di una visione novecentesca della politica.
Questi regimi hanno governato richiamandosi ai valori della democrazia liberale, garantendo servizi, lavoro, una certa equità nella distribuzione della ricchezza, la mobilità tra le classi sociali. Tutto ciò in un periodo in cui in Europa, negli Stati del Nord America e nelle grandi Nazioni dell’Asia è stata garantita la pace, mentre le guerre hanno interessato altre parti del mondo: il vicino e medio Oriente, l’Indocina, l’Africa. Nella storia d’Europa mi pare che non ci siano mai stati periodi di pace così lunghi.
Queste condizioni si sono gradualmente modificate soprattutto con l’inizio del nuovo millennio: sono entrate autorevolmente nel circuito commerciale e finanziario globale grandi potenze come la Cina e l’India, aree che godono di una certa libertà economica come Hong-Kong, Singapore, la Corea del Sud, oltre ad alcuni Stati arabi. E infine la Russia, la Russia di Putin che vuole riacquistare il prestigio di potenza mondiale, recuperando l’egemonia in Europa orientale e puntando su una forza militare che è destinata a pesare sempre più nello scacchiere europeo.
I costi del lavoro più bassi, le agevolazioni fiscali per gli investitori stranieri, gli sconti notevoli consentiti alle grandi società del web, la scarsa attenzione ai problemi dell’inquinamento e della salute dei cittadini, sono le condizioni che hanno favorito in questi stati la crescita produttiva e, in molti casi, opportunità di mobilità sociale.
Si ha invece l’impressione che, nei Paesi a economia avanzata, la globalizzazione dei commerci e della finanza abbia espropriato i singoli stati dei poteri decisionali e abbia fatto crescere notevolmente le disuguaglianze tra pochi ricchissimi e una maggioranza sempre più povera e insicura. Una società in cui le fasce più basse della classe media scivolano verso la povertà e la gran parte delle persone non intravede un futuro tranquillo e occasioni di lavoro stabile per sé e per i figli.
In questi Paesi le nuove tecnologie hanno razionalizzato il processo produttivo e il sistema burocratico delle amministrazioni, ma rendono obsoleta buona parte del personale impiegato e riducono drasticamente i posti di lavoro.
La pervasività dei mezzi di comunicazione, che ha contribuito al crollo del comunismo sovietico; la svolta singolare dell’industria cinese che ha adottato il capitalismo occidentale pur mantenendo un sistema politico fortemente verticistico e centralizzato; la speranza dei popoli africani di una possibile vita migliore per i propri figli con le migrazioni in Europa, la percezione di insicurezza che scaturisce dalla consapevolezza che i nostri dati personali possono essere usati per influenzare i nostri acquisti o anche le nostre scelte politiche, spiegano ampiamente il favore che in Europa incontrano i partiti che chiedono un ritorno al passato: alle frontiere statali, ai dazi protettivi della produzione e del lavoro locali, a un controllo severo degli stranieri e degli ingressi nel territorio nazionale, alla moneta nazionale. Trump in Usa, Marine Le Pen in Francia, Theresa May in Gran Bretagna, e in maniera diversa Salvini e Di Maio in Italia, sono espressione di questa tendenza diffusa in molti stati.
Non tenere conto dei fattori indicati è costato il crollo dei consensi per Renzi e Berlusconi. In questo quadro si spiega anche la grande avanzata dei pentastellati a sud, e dei leghisti al nord, che segna anche la differenza tra un Sud sempre più povero e dimenticato, e un Nord che per crescere ha bisogno di una burocrazia più efficiente e di sgravi fiscali per chi dà lavoro.
Il risultato delle ultime elezioni politiche rende difficile la formazione di un governo, ma i giochi sono aperti perché il ritorno alle urne potrebbe rappresentare un ulteriore crollo dei partiti che sono stati già penalizzati. C’è inoltre la possibilità che, smussando alcuni angoli, Movimento 5 Stelle e Lega collaborino entrambi a chiudere una fase politica che è sentita ormai lontana dai problemi della gente comune. Anche il Partito Democratico potrebbe avere un ruolo positivo se, invece di piangersi addosso, collaborasse alla formazione di un governo in cui, più che le persone, contassero i programmi. L’auspicio è che tutti ci rendiamo conto dei grandi cambiamenti avvenuti e i politici riescano a fare scelte programmatiche in linea coi nuovi tempi.