Egr. dott. Alecci,
qualche mese fa, metà febbraio, venuto io a conoscenza del suo dire in occasione di un autorevole convegno alla presenza di nobili paladini della legalità e della trasparenza, in cui non si dava ragione del silenzio dei lametini a fronte del terzo scioglimento del consiglio comunale – prospettava due ipotesi casuali, complicità o rassegnazione – le inviai una lettera aperta nella quale davo all’atteggiamento distaccato dei miei concittadini un taglio diverso.
Non sto a ripetermi sui contenuti di quella lettera che, penso, la sua segreteria non abbia cestinato, in quanto, non condividendo né la complicità, né il mutismo, né la rassegnazione dei lametini, oltre a far presente la necessità di “generar senno”, le chiedevo di concedermi un’intervista.
Dalla sua segreteria mi pervenne la risposta che Lei non rilasciava dichiarazioni prima delle incalzanti elezioni politiche del 4 marzo u.s.. Da quel dì, comprendendo il suo da fare in vista dell’evento – a seconda dei punti di vista fasto o nefasto – sono rimasto in paziente attesa di conoscere la data in cui mi avrebbe ricevuto.
Ma dato il perdurante e pesante silenzio istituzionale – è concesso dirlo ad un pennaiolo di provincia? – ai primi di maggio ho richiamato la sua segreteria, ricordando la mia richiesta. Da quel dì, ancora nessuna notizia.
Il che mi fa, più che presupporre, intuire che il dott. Francesco Alecci non voglia incontrare quel birbone del sottoscritto, ad oggi colpevole di aver sempre detto pane al pane e vino al vino, come si evince anche dalle mie precedenti note, sicuramente di sua conoscenza.
Mi sono, pertanto, chiesto e richiesto che cosa l’abbia “consigliato” ad assumere questo atteggiamento nei miei riguardi: la schiettezza con la quale le ho manifestato il mio pensiero a proposito delle fiaccolate, delle passerelle antimafia, delle gerbere della Musella, dell’antimafia di parata, di quella pantofolaia o delle mille iniziative, eclatanti e folkloristiche “donciottiane”, che in nome della legalità veleggia per terra e mari e poco ci manca a che diventi l’icona di nostra santità per “glasnost e perestrojka?
Oppure l’han dissuasa a non darmi retta le critiche ai Codici Etici di nostra signora Rosy Bindi per i quali ciarlatani e pifferai hanno calpestato le scene politiche, ieri come oggi? O forse le ultime diavolerie o marchingegni – rifiuto con rogito notarile del voto mafioso e l’istituzione del registro del cittadino consapevole – del nostro idolatrato ex ministro Marco Minniti, ignorato dalle orde barbariche, il 4 marzo, pur in terra santa?
O forse l’ostinata avversione del Palazzo alla legge Lazzati, mina vagante pericolosissima per politici di pochi scrupoli ed habituè del voto di scambio?
O ancora, a proposito di immaginifiche visioni la grandeur di una Catanzaro che avrebbe dovuto prendere sotto l’ala il satellite Lamezia, per perpetuare la validità di quella storia che vede mittinculi da una parte e piglinculi dall’altra?
Credo, poi, di non aver commesso alcun reato di lesa maestà nell’aver proposto la creazione di un comitato di rinascita, costituito da buoni lametini, a solo titolo consultivo, per meglio conoscere storie, usi, costumi e trascorsi – non sempre limpidi e cristallini – di una città gabellata per mezzo secolo da compiacenti istituzioni più attente a fustigare che a mettere in campo provvedimenti idonei ad evitare pericolosi contorsionismi: quelli ai quali oggi, con la sua presenza, le istituzioni tentano di porre rimedio.
Altri “peccati”, dott. Alecci- anche se ignorantia iuris non excusat, non riesco ad attribuirmene. Se tali sono, probabilmente, ne chiederò venia nell ’altra vita al Massimo Fattore.
Intanto in tutta franchezza, sia benevolo una tantum, spiando nel suo curriculum ho percepito, a torto o a ragione, che ha una forma mentis diametralmente opposta a quella di cui aveva bisogno questo territorio: politica non amministrativa.
Continui ad occuparsi, quindi, di contenimento dei costi, di sicurezza e mandi pure tutto il resto alle ortiche, ma non si cimenti in argomenti che condizionerebbero la vita, grama di noi altri, da qui ai prossimi vent’anni. Rimanga nel suo guscio cercando di edulcorare la purga inflitta per i pochi ai tanti.
Per convincersi si faccia un giro, si faccia accompagnare dai suoi dirigenti e chieda perché la città versi in tristi condizioni tali da sfiorare lo stato di abbandono.
Sa, dott. Alecci, al di là dei suoi e dei miei orizzonti politici – non credo conciliabili – era solo di Lamezia e dintorni che volevo parlare. Ma siamo al punto di non ritorno!