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Calabria in cammino Ma dove vai se la banana…

Qualche  mese fa, dopo un brainstorming con tutti i suoi sherpa, il governatore Mario Oliverio, con cipiglio e fierezza,  si dichiarava soddisfatto del lavoro “fatto in questi anni in termini di programmazione di risorse, di risposte ai problemi del territorio e ai bisogni sociali attraverso un riallacciamento dei rapporti con la società e  le forze sociali”.
Un discorso – condiviso dalla sua maggioranza –  che, carente di realtà tangibili e concreti risultati, rimanda alla stagione nuova che si è aperta”, che sicuramente produrrà effetti positivi nella vita della regione a cominciare dalle sofferenze sociali e  finire alle politiche di investimenti messe in campo.
Un modo elegante, dal contenuto subdolo, per dire ai calabresi: oggi mare, sole, pane e cipolla – di Tropea, tanto per restare nei patri confini – domani  però,  caviale e champagne.
In ciò supportato dai violini di spalla che, sottolineando precarie condizioni fisiche  e spasmi pre-agonici, esaltano la resilienza di una regione in cammino che resiste e reagisce positivamente.
Sulle ali dell’entusiasmo per la responsabile, accorata e franca discussione di tutti i consiglieri relativamente ai problemi calabresi – quelli di sempre – il governatore Oliverio ha sottolineato che pronti a rispondere ai problemi, presenteremo il conto della nostra azione di governo.Un modo come un altro per dire che questo primo mandato è servito solo a gettare le basi delle riforme di questa stagione nuova, i cui effetti positivi arriveranno ai beneficiari in un futuro quanto mai prossimo in termini di disoccupazione, povertà ed investimenti.
Pertanto, ha egli sottinteso, alle prossime elezioni regionali – autunno dell’anno 2019 –  per non vanificare quanto abbiamo seminato, rivotatemi.
Certamente la propaganda è l’anima del commercio ed in democratura  è ancora permesso che er mejo fico der bigonzo – anche se nella regione, gattopardescamente,  tutto cambia perché tutto resti immutato – meni vanto ricorrendo all’espediente  oggi abbiamo seminato, domani raccoglieremo.
Sono d’accordo – è dissacrante l’accostamento per un attempato legionario protagonista di mille battaglie proletarie – ma devo dirlo, ciò  mi richiama alla mente il duce in canottiera protagonista della battaglia del grano per l’autosufficienza produttiva dell’italica gente!
Sono decenni, o meglio è più di mezzo secolo, che la Calabria non batte chiodo. Vaga, sull’orizzonte politico, disorientata, illusa, stranita, gabellata. Alla ricerca di un profeta che non sia quella  vox clamantis in deserto,  ma che annunci l’arrivo di una persona che, in tutta modestia, cominci non solo  a predicare legalità, trasparenza, onestà di intenti e di comportamenti, equità ed uguaglianza dei cittadini, ma ad applicare regole e norme che ormai, anche se pensate e scritte sulla Terra, appartengono, forse, chissà a quale pianeta della Galassia.
Mi son lasciato un po’ prendere dalla mia “sofferenza interiore”- imperdonabile! – ma non trovo altro termine per definire quanto provo nel dovere, da più di mezzo secolo, constatare che il cip cip del  passero, sull’albero, ha cambiato tono, ma il refrain è sempre quello.
Ed i toni entusiastici e speranzosi del nostro governatore trovano un argine insormontabile nell’annuale rapporto della Banca d’Italia sulla nostra regione, fotografata nelle più intime pieghe o meglio nei gangli vitali che più tali non sono in una natura morta.
Praticamente le uniche  opere pubbliche sono quelle finanziate dai fondi europei quando questi, addirittura, non vengono utilizzati, per mancata progettualità in loco; mancata progettualità che denota, oltre che debolezza strutturale anche assenza di direttrici di sviluppo programmate per migliorare l’economia regionale!
La disoccupazione giovanile – che non ha niente a che vedere con l’occupazione generale –  è quasi al doppio rispetto al resto della penisola. In dieci anni 26 mila laureati, quelli più bravi e più coraggiosi, senza far torto ad alcuno dei rimasti in loco, sono andati ad arricchire altre economie. E quel che è più grave è che l’esodo ha inizio quando i nostri giovani, al momento di scegliere, preferiscono atenei che garantiscono opportunità lavorative ed inserimenti in un tessuto socio – economico che ha orizzonti ben tracciati e pensati.
La favola della sanità ha ormai varcato i confini regionali: della diatribe tra Scura ed Oliverio, non me ne può fregare più di tanto ! Dopo quindici anni di commissariamento, il disavanzo di bilancio è pari a 99 milioni di euro malgrado i tagli alle prestazioni sanitarie, gli  aumenti di balzelli e ticket, malumori e mancanze di prestazioni di fornitori, di beni e materiali. 
Mentre tutto langue, mentre il mantra, costante ed ossessivo, è che se non riparte il Sud, l’intero Paese non alzerà il capo, l’unica attività che felicemente prospera, a queste latitudini,  è il malaffare e la corruzione, malgrado le  fiaccolate,  le passerelle e l’antimafia parolaia e pantofolaia.
Ne ha preso coscienza il governatore Mario Oliverio, pluridecorato legionario d’altri tempi, che pane e  lavoro,  promesse e strategie,  semina e raccolta appartengono a palinsesti già triti  e ritriti?
E’ ora che ne prenda atto, perché a quattro anni dal suo insediamento, i fatti non gli danno ragione. Tentarne il recupero, in zona Cesarini, è del tutto inutile. L’arbitro ha già fischiato il fine partita. C’è solo bisogno di recarsi negli spogliatoi.  E gli ultimi  risultati elettorali sono la celebrazione del disincanto e dell’illusione. Credere ancora nei miracoli è… da stolti.