Mentre ci si diletta tra ambientalismo da salotto e di pancia,di veganesimo elevato a livello esponenziale, si è arrivati al punto che in Calabria, come in buona parte del territorio nazionale, gli ungulati ed i cinghiali in special modo , stanno mettendo a rischio la gestione del territorio, la salute, l’ incolumità pubblica e le attività agro – silvo – pastorali.I danni alle colture in quest’ultimo anno sono state stimate in decine di milioni di euro nella nostra regione ed in qualche centinaio di milioni nel territorio italico. Le regioni tutte stanno cercando di contrastare l’invasione dei suidi che, abbandonando boschi e selve, hanno prima sconfinato nelle campagne ed ora anche nelle città, come ampiamente documentato dai media.
Addirittura, nel territorio lametino, in questi ultimi giorni qualche cercatore di funghi, con il suo cane al seguito, ha dovuto assistere all’impari lotta tra il suide ed il suo cagnetto che, naturalmente ha avuto la peggio. Come sere fa, nella frazione Capizzaglie di Lamezia, un automobilista si è “scontrato” con un cinghiale, senza sottacere il malcontento che serpeggia tra i coltivatori della zona che, nel breve spazio di una notte, vedono vanificato il lavoro di mesi.
Dove casca l’asino:mentre le altre regioni cercano di arginare il “fenomeno” con operazioni di contenimento, piani di abbattimento ed interventi straordinari finanziati, che non sono attività ludica ma di pubblica sicurezza, in Calabria si cincischia!
In Liguria, invece, il governatore Toti, per invogliare i giovani a dedicarsi all’attività venatoria, ha ridimensionato le tasse di pertinenza regionale, così come l’Abbruzzo, l’Umbria, le Province autonome di Trento e Bolzano e l’Emilia stanno prendendo gli opportuni rimedi o come la Lombardia che, addirittura, sta valutando di dare il via libera all’abbattimento dei suidi tutto l’anno.
E’ chiaro che, a monte di tutto ciò, la fa da padrone l’incertezza giuridica del legislatore nazionale– evidentemente preso da problemi più impellenti – ma vivaddio, è possibile che in Calabria si debba giocare sempre di rimessa?
La nostra regione, come altre, è in una situazione di emergenza – urgenza: i suidi, come pubblicato dai media, trovano refrigerio nelle acque ioniche, ma non disdegnano, in prossimità dell’Angitola, neanche quelle tirreniche e lascio immaginare quanto accade nel nostro entroterra boschivo.
A tal proposito torna utile informare che, in caso di spiacevoli incontri con cinghiali, daini, volpi ed altro selvatico che attraversa la strada e causa un incidente stradale – opportunamente documentando l’evento – l’automobilista che ha sbandato o ha urtato il muro di contenimento della carreggiata o un’altra auto, ha diritto a chiedere il risarcimento all’ente gestore della strada, sia esso il comune, la (ex) provincia o la regione o la società Autostrade. Così come per danni alle colture è legittimo chiederne il risarcimento all’ ente regionale.
In questo contesto i nostri numi tutelari non affrontano il nocciolo del problema – sovrappopolazione dei suidi – ma in sintonia col disposto nazionale, forse per dare un significato alla presenza, tirano fuori dal cilindro la “figura” del cacciatore selettore e del cacciatore formato, interventi che hanno solo sapore “pilatesco”.
L’uno è un “Rambo”disponibile h. 24 che, su segnalazione dell’utenza, viene inviato dal competente ufficio per l’abbattimento di un suide deciso di andare a vivere in città; Il cacciatore formatoè, invece, un soggetto che, dopo aver partecipato e superato specifici corsi di formazione – sostituendosi alla task force veterinaria dell’Asp – dovrà stabilire dopo l’abbattimento, se il selvatico, godeva di sana e robusta costituzione o se in condizioni precarie di salute…infetto da tubercolosi!
Tale formazione, naturalmente, è a carico della squadra dei cinghialai che deve sobbarcarsi, oltre ai balzelli di circa 400 euro per componente, anche l’esborso ulteriore di 68 euro, escludendo quanto già si spende per le spese di sostentamento dei cani e della loro cura per gli inevitabili “incidenti dipercorso”.Mi vien da piangere a pensare che il ludico esercizio venatorio sia diventato una forma straordinaria di intervento di pubblica sicurezza svolta gratuitamente sotto forma di volontariato con tutto ciò che ne consegue in termini di rischio personale ed impegno economico.
E se penso, poi, anche al disciplinare di caccia al quale il cacciatore, appartenente alla squadra, deve “ubbidire” –assente per tre volte consecutivealle battute, deve presentare certificato medico – allora devo concludere che si è proprio smarrito il ben dell’intelletto!