Penso a Lamezia, la mia città, al suo passato travagliato e tormentato; al suo presente inconcludente scandito dalla vacuità gestionale di una triade commissariale attenta all’osservanza di articoli e commi, poco sensibile, però, ai bisogni reali della città, la cui immagine degrada sempre più, giorno dopo giorno; al suo futuro del quale, pur vedendo “le mura, gli archi e le colonne… la gloria non vedo”, anzi “che lividor, che sangue”.
Sosteneva Brecht che sventurata è la terra che ha bisogno di eroi, frase che, per opportunità politiche e congiunturali dell’epoca, fu fatta passare anche come “ sventurata è la terra che non ha eroi ”. In un caso o nell’ altro – taglio la testa al toro, perché non è questo l’argomento del mio dire – la nostra Lamezia non ha eroi, non ne ha mai avuto, ma ne avrebbe tanto bisogno. Vanta, invece, oggi come ieri, una pletora di teste non pensanti con pedigree attestante, inequivocabilmente, la pochezza di pensiero e di lungimiranza politica e gestionale.
Ma è proprio impossibile essere un buon amministratore sia esso il sindaco, l’assessore o il consigliere comunale? Non credo se: vengono raccolte e realizzate le istanze dei cittadini creando un quadro d’insieme per lo sviluppo della città; se le scelte operate ubbidiscono severamente a trasparenza e legalità e non alla politichetta dei quattro amici al bar ed, infine se l’ Etica è la stella polare di ogni civico consesso a prescindere dal colore politico.
Non sto qui comunque a fare il pistolotto di rito su codici etici, morali e comportamentali – quelli li lascio alla Bindi ed a Cantone – né tanto meno mi cimento nello scrivere il decalogo del buon amministratore. Però guardando ai fatti di casa nostra una domanda sorge spontanea: il consiglio comunale lametino, a fine novembre ’17, è stato sciolto per la terza volta per infiltrazione mafiosa. Checchè se ne voglia dire, le ragioni sono state “certificate” da una documentatissima relazione di 240 pagine e dai “risvolti” giudiziari in corso d’opera, che evidenziano quanto sia attivo e fiorente, a Lamezia, il voto di scambio, non solo in occasione delle elezioni comunali, ma anche in quelle regionali e politiche.
Il patto perverso, però, ha due contraenti: l’eletto e l’elettore. Ciò, pertanto, mi fa dire che le responsabilità di quanto accaduto, ieri ed oggi, sono equamente divise tra chi pone in essere il patto stesso e chi si fa manipolare – qualsiasi ne sia la causa – nell’espressione del consenso elettorale.
Le elezioni politiche del 4 marzo scorso, per una “ tempesta perfetta ” in cui si sono combinati diversi elementi– la nuova legge elettorale in primis, la crisi profonda e delirante del Pd e della sinistra tutta, il fallimento planetario di Renzi, la protesta del Sud, eternamente gabellato, la sicurezza, l’immigrazione – hanno dato uno scossone al vecchio sistema cancellando la destra e la sinistra, trascinando nella polvere tante generose “ alme d’eroi ” su tutto il territorio nazionale e facendo emergere, si anche, una progenie di gnomi, inventivi quanto improvvisati.
Su questo proscenio la nostra città veste i panni di Cenerentola e non si intravede all’orizzonte un principe azzurro che possa cambiarle la vita. Orfana del consiglio comunale – quanto ci manca il combattivo Mascaro! – anche se validamente sostituito dalla fattiva triade Alecci – senza esponenti in consiglio provinciale, senza suoi diretti rappresentanti in consiglio regionale, si avvia mestamente alle elezioni regionali e prossime comunali del 2019. Se nella prima o seconda finestra annuale dipenderà dalla eventuale proroga della “squalifica” a 24 mesi anzi che gli attuali 18 decretati.
Intanto le forze politiche cittadine o meglio quanto rimane delle loro vestigia si stanno dando da fare e, per darsi una mano di biacca politically correct, non esitano a scoperchiare finanche gli avelli dei vecchi cimiteri politici. L’orizzonte, però, non offre granchè: teste pensanti, poche; ciarlatani, affaristi e pifferai, tanti. Certo la situazione non è delle migliori e non consente ulteriori errori.
‘Ppè sfucà tutt’ ò tuosseco ca tenimmo ‘ncuorpo, cercasi disperatamente eroi.