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A Mormanno rivive la Grande Guerra Un viaggio nella memoria per onorare i caduti calabresi

Per la memoria che non è l’asettica lettura di una sfilza di nomi o la rievocazione delle gesta dei martiri e dei reduci di guerra,  il Comune di Mormanno –  ricorrendo il centesimo anniversario dell’ unica nostra vittoria bellica ed il novantesimo del Monumento Regionale, il Faro Votivo ai caduti calabresi della grande guerra –  ha organizzato un evento commemorativo,  per il  15 e 16 p.v.,  estendendo l’invito alle autorità civili e militari  della regione, nonché ai congiunti e rappresentanti delle dodici Medaglie d’Oro al Valor Militare conferite ai nostri soldati.
Caso vuole che mio nonno ed il padre del Caporal Maggiore Elvidio Borelli, Medaglia d’Oro al Valore militare, fossero fratelli e che io sia l’unico superstite diretto “borelliano”. Per la qual cosa sono stato invitato dal comitato organizzatore alla cerimonia rievocativa.
Alla quale, mestamente, parteciperò ma senza gioire di una vittoria che ha falcidiato un’intera generazione, e che da Grande Guerra è stata denominata,  anche e finanche, quarta guerra di indipendenza in quanto sarebbe andata a chiudere il disegno risorgimentale italiano,  segnando l’inizio di una appartenenza prima mai sentita,  spesso e volentieri  mal digerita,  e ritornando oggi, dopo un battito di ciglia durato cento anni, alle due Italie.
In preda a mille pensieri “ripasso”  la Grande Guerra, ultimo argomento del  mio libro di storia osannante alla vittoria conseguita dall’’Italia in armi.  Non ricordo l’autore della citazione, ma i  dubbi e le perplessità, all’epoca, erano ben presenti  così come era scontato, considerate le contingenze politiche del momento, il ricorso alle armi da  parte dell’Italia.
“ Il cielo da cui l’Europa precipitò non era affatto terso; al contrario era denso di nubi. Le forze che avrebbero finito col devastarla – nazionalismo, socialismo, imperialismo e così via – erano già in moto da lungo tempo. Il mondo europeo, spazzato da forti venti, attraversava già da tempo cieli minacciosi.”
I dubbi italiani su interventismo e neutralismo si sciolsero come neve al sole il 24 maggio 1915 con l’entrata in guerra a fianco dell’Intesa.
E fu una carneficina senza precedenti: venti milioni di vite spezzate (militari e civili) su 70  milioni di mobilitati in tutto il mondo; 60 milioni solo in Europa.
Non fecero ritorno a casa 650 mila  giovani italiani:  tra questi tanti calabresi, l’11% del totale  arruolati nella nostra regione!
Per la cronaca è bene ricordare  che il 48,7 % dei chiamati alle armi appartenevano all’Italia del nord, il 23,2%  al centro, il 17,4% al sud, il 10% alle isole.
E si comportarono bene, anzi   egregiamente, i   nostri “ragazzi”, tant’è  che su 312 decorati di medaglia d’oro al valor militare, ben 12 appartengono alla Calabria: cinque alla provincia di  Cosenza, 3 alla provincia di Catanzaro, 3 a quella di Reggio Calabria, 1 alla bandiera, malgrado le nostre unità siano state impiegate, spesso e sovente,  sulla prima linea non per contenimento,  ma come brigata d’assalto.
Elvidio Borelli nacque a Nicastro, ora Lamezia Terme il 21 settembre 1893 da Giuseppe ed Antonietta Guzzi, un umile famiglia. Il padre,  muratore così come tutti gli antenati, morì in giovane età ed il nostro eroe, divenuto maggiorenne, per sostenere la famiglia, poiché mattoni e cemento producevano scarse entrate, emigrò  in Argentina, a Buenos Aires.
Fu proprio qui che lo raggiunse la cartolina di leva. Fervente patriota rientrò in Italia e presentatosi al Distretto militare di Catanzaro fu  inviato al fronte inquadrato nella Brigata Piacenza, luglio  1915.
Di che “pasta” fosse fatto, Elvidio, lo dimostrò subito distinguendosi, nel suo ruolo di esploratore e porta ordini, per coraggio e spericolatezza.
Trovò, appena ventiquattrenne, la sua “ospite furtiva che ci affranca dal Tempo e dallo Spazio”, sul Monte Mosciagh  il 23 luglio 1916. Di lui rimane una foto nel museo del sacrario dell’altopiano di Asiago dove riposa assieme ad altri undici decorati di medaglia d’oro  al valor militare ed una lapide commemorativa affissa sulle mura di quello che fu la sede del comando militare, in piazzetta San Domenico di Lamezia Terme.
Vite spezzate, quelle di Elvidio Borelli così come quelle dei tanti giovani – uomini prima che eroi di guerra – che partiti alla ricerca di un riscatto sociale si sono trovati a rispondere ad una “chiamata” che li ha buttati  fra le braccia di una realtà dura e violenta strappando  quei sogni e desideri per i quali erano stati pronti a separarsi da Patria e famiglia.
Quanti sogni, quante speranze, quanti desideri, quanti progetti sono svaniti nell’esatto istante in cui furono “definiti” abili alla guerra.
Dietro quegli eroi, che a giorni saranno commemorati  a Mormanno, ci sono state persone, uomini, ragazzi che avevano l’unico desiderio di vivere in semplicità la loro vita e l’unico torto di essere nati nel posto sbagliato e nel momento storico sbagliato.
Non riesco, io, a trovare giustificazione alla guerra né di ieri né di oggi – le contingenze storiche mi sembrano solo inutili scuse che i potenti turlupinatori, di allora e di adesso, cercano di propinare a noi altri per farci digerire l’impossibile – e tutti coloro che si sono immolati per la patria,  penso, si staranno rivoltando nei sacelli  a fronte dello scadimento della Matrona Italia, loro che hanno tenuto a battesimo quella giovane Italia, quella  Patria per la quale hanno dato la vita.
Patria, lotta per essaogni luogo è Patria se si vive in pace e ciascuno di noi sarebbe un piccolo eroe se cercasse di mantenerla, con  tutto il rispetto per coloro i quali  immolarono la loro vita per un Paese che ha tradito le aspettative di eroi, santi, poeti e navigatori…
Ma questa è tutt’altra musica!