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L’anno che vorrei Investiamo sul futuro prima che esso investa noi

Quali sono le sottili affinità che legano la Sindrome di Pollyanna, le omelie di fine anno dei capi dello stato, l’ottimismo baggiano di un Tonino Guerra (se non altro correttissimo poeta) con la più torpida entropia cerebrale?
Fra gli interstizi della cronaca, quasi cascame o scarto delle grandi narrazioni si incontrano talvolta documenti la cui stessa apoliticità ne denota l’importanza capitale: giovani e famiglie mantenuti in vita dalla pensionistica solidarietà degli anziani – e ovviamente fino a tempi determinati dal buon Dio -nichilismo diffuso, precarietà universale, dissoluzione identitaria e, ad ogni volgere d’occhi, lo spettro immane di un debito inesorabile ed ematofago, spettro la cui vessazione ci persegue allucinata fino in sogno…

Giovani e famiglie
mantenuti in vita
dalla pensionistica
solidarietà
degli anziani

Eppure, ancora una volta, a conclusione dell’anno, il presidente della Repubblica ha rullato dal suo scranno i soliti universalicome giustizia, dignità e valori (nemmeno più “bollati”) conciandoli in una logorrea trombona quanto vacante: segno che il mondo, o ciò che ne sopravvive, esiste ancora.
Comprendo oggi come mai prima che l’industria politica nazionale ha l’unica e benemerita incombenza di trasudare oppiacei, tramandando ad una non ben specificata oligarchia il triste incarico di ipostatizzare i suddetti universali (con l’aggiunta della legalitàe del decoro, non si sa mai) i quali ci assillano con la loro nivea quanto distante perfezione. La ricetta è sempre la medesima diffusa oralmente: sale q. b. Ora, se c’è qualcosa di estremamente irritante, quando si è sotto ai fuochi di fila, è la vaghezza. Irritante, persino pericolosa.
Che cos’è che rende davvero sospetto questo presente politico circa la possibilità di un miglior futuro? Certo più di ogni altra cosa l’inutile e deviante persistenza della polarizzazione destra-sinistra, che in tempi elettorali non è che una galvanizzazione retorica, un orgasmo vagante diceva il filosofo Costanzo Preve in uno dei suoi ultimi interventi. Una destra che soffia vagamente sul fuoco neoliberale di una ripresa ancora tutta fordista, che crei occupazione fordista e che alimenti famiglie fordiste, dimostrando di non aver capito nulla, o meglio mostrando di voler turlupinare chiunque non abbia chiare le profonde forze che conducono la nuova economia, non più fondata sulla produzione, se non su quella just in time, e declinata lungo un sistema piramidale di vendita il cui ultimo segmento ècostituito dai lavoratori stessi (chi non vende non rosica,qualsiasi professione si intraprenda);ed in falsa antitesi una sinistra che ha accantonato felicemente l’idea di lotta di classe per contemplare arcobaleni, cosa certo più degna e gratificante.
Della peste ci si è limitati sinora a tamponare le eruzioni cutanee, spacciando per cura questa dispendiosissima quanto inutile operazione, mentre il biblico episodio di Giuditta e di Oloferne ci assicura sull’esatto opposto: cioè sulla ragione indiscutibile che il male debba essere troncato drasticamente nel suo punto vitale. La peste, se servisse ancora ripeterlo, è una sola: il pensiero unico dell’uomo globalizzato, quello stesso morbo che, fra tant’altro, ha reso sciagurati e anacronistici gli studi classici (e assieme ad essi tutto ciò che non è convertibile in valuta) ed imbeccato i rampolli della nuova generazione col foraggio dei valori mercatali e della prospettiva unidimensionale degli scientismi neoilluministici.
Sull’ultima generazione soprattutto è stato adottato un criterio di riduzione sistematica, facendo letteralmente piazza pulita di ogni rimasuglio di quella che Lukàcs definiva “ontologia dell’essere sociale”.

Demolire una generazione è come sradicare
il grano
in erba sperando
in una felice
mietitura

Dato solenne bando a ogni pretesa umanistica in senso lato, o dialettica in senso marcusiano, l’unico mondo che potremmo desiderare è già dettagliatamente illustrato nei dépliant gentilmente forniti dal Regime del Desiderio. Ma, sia chiaro fin da subito, potremo attingere a questa Wunderkammer, a questo gabinetto mirabolante, nella misura in cui (ho sempre sognato di dire: “nella misura in cui”), disporremo anche della liquidità per potercelo permettere. Sui neet, ovvero sui millenials più in generale, il potere affila le unghie, esercitandoil suostoricotatticismoconsistente nell’attribuire agli oppressi le sue mende. Così i giovani sono di volta in volta tacciati di edonismo, irresponsabilità, pigrizia ecc., ed intanto sono massacrati dall’edonismo, dall’irresponsabilità e dalla pigrizia del potere che rovescia su di essi il peso delle proprie colpe. Demolire una generazione, così come ci si è compiaciuti di fare fino ad ora, sperando poi in un possibile futuro, è come sradicare il grano in erba sperando in una felice mietitura. Diciamolo senza mezzi termini: i giovani sono esattamente come abbiamo voluto che fossero, ossia a “norma Europea”, meglio, finanziaria. Troppe verità sostanziate remano contro il dogma secondo il qualela globalizzazione economica sia cosa buona e giusta, e poichè non si vede nient’altro oltre la strada imboccata con clamoroso insuccesso da almeno un trentennio, l’unica soluzione ragionevole sarebbe quella di ritornare ad un’autentica dialettica che preveda, tolleri e conceda nella sfera politico-finanziaria a compimento di ogni termine stabilito un suo rovesciamento negativo.
Sono convinto, in barba ai pragmatici, che la filosofia possa esplicare la finanza – scienza non esatta – meglio di quanto abbiano fatto finora le varie matematiche del lucro. Ne deriva che a diroccare i fortilizi del pensiero corrente dobbiamo cominciare col riprendere in mano ben altri volumi. Sono queste le corna del dilemma, il nodo di Gordio da recidere senza esitazione. Tutto il resto è fuffa politica.
Per tentare il salto senza una solida base cognitiva si dovrebbe disporre di un’inclinazione all’azzardo assai superiore a quella del più accanito ludopatico, e fino a quando le strambate saranno appannaggio dei cosiddetti populisti, e come tali giudicate, tale approccio sarà a noi precluso.