Ricordate quella fiaba di Hans Christian Andersen, I vestiti nuovi dell’Imperatore, che pur conscio di essere in mutande continuava, tronfio, a sfilare tra la folla?
Vi viene in mente per caso qualche personaggio che calca le scene del nostro quotidiano non vivere?
Io non ne faccio il nome, non per codardia, ma solo per stimolare la vostra fantasia. Si è mai visto, per esempio – da Pericle ai nostri giorni – che uno stato, un territorio o una regione, la Calabria per esempio, potesse essere governata via telematica o, nel peggiore dei casi, per corrispondenza?
Si oggi l’high tech fa miracoli, ma che si potesse continuare a fare e disfare ( quest’ultima è l’ipotesi più accreditata) ed a decidere del destino di noi altri, sono cose che accadono solo al di sopra del 38° parallelo.
Senza se e senza ma, mi riferisco a Mario Oliverio, governatore bruzio allo stato relegato nel suo fortino sito nella frazione Palla Palla di San Giovanni in Fiore.
Accade così che noi calabresi, con buona dose di nochalance, stiamo sulla tolda del Titanic a guardarci l’ombelico, mentre la nave sta per affondare ed i topi sono i primi a mettersi in salvo ed a riproporsi, sotto mentite spoglie, per garantirsi la sopravvivenza politica.
Mai le classi dirigenti calabresi, sfrontate sempre, erano “scivolate” così in basso nell’ azione politica e di governo. Mai la regione, pur sempre Cenerentola d’Italia, aveva dato evidenti segni di cedimenti strutturali!
Il mio pensiero va lontano nel tempo; ricordo le parole di un prestigioso avvocato del foro lametino, mio fedele lettore ed estimatore, che a me giovincello speranzoso di “imbrattare” le pagine di un qualche giornale, condividendo i miei scritti, mi incitava a scrivere… ma ricordati che in Italia tre sono le istituzioni portanti, la Chiesa, la magistratura e l’esercito.
Era questo il sentire degli anni sessanta, forse anacronistico e del tutto fuori dalla realtà che viviamo al tempo d’oggi. Certamente erano impensabili gli accadimenti di questo inizio d’anno che vedrebbero coinvolti Catanzaropoli nelle massime istituzioni – a cominciare dal presidente della Regione – per finire alle “incomprensioni” tra magistrati inquirenti e giudicanti.
Dall’ affresco emergerebbe, il condizionale è d’obbligo, l’esigenza di un radicale cambiamento nei metodi e nei contenuti.
E nel mentre mi chiamo fuori dal vagliare colpe individuali, lascio il compito ai preposti, ma non posso fare a meno di sottolineare che quanto sta avvenendo è una toppa peggiore del buco.
Non c’è dubbio che dopo quasi un quinquennio marcato Oliverio, quindi sotto bandiera Pd, il sistema calabrese non ha fatto registrare alcunché riferendomi allo stato sociale, allo sviluppo del territorio, al welfare, ai servizi sociali, alla sanità il cui debito, con “ l’ aggravante complicità ” di Scura, ha raggiunto cifre da capogiro.
Malgrado tutto, il nostro don Chisciotte, in obbligo di dimora a San Giovanni in Fiore, perdura nel suo atteggiamento oscurantista andando a nominare direttori generali in netto contrasto con la ministra della Sanità.
Avviene tutto ciò, perché in un criptato decalogo elettorale, all’ articolo quinto, che si aggiunge ai sacrosanti misteri della fede, sta scritto “Chi ha in mano la sanità ha vinto”. E purtroppo il nostro legionario di antico corso, chissà perché, non ha mai goduto, in questo suo intenso e fremente desiderio, dell’ occhio benevolo governativo.
Intanto la Calabria, e Catanzaro in sua rappresentanza, più che piangere, in questa circostanza, dovrebbe avere la capacità di mettere su una politica nuova e nuovi protagonisti, pensionando, per esempio, prima di tutto quell’ Ernesto Magorno, segretario regionale Pd – definito coniglio mannaro – che non ha mai brillato per pensieri parole ed opere.
L’idea, però, di far maturare una politica nuova, un’idea forte che cambi il rapporto tra poteri e cittadini non piace a chi fino a ieri ha ragionato solo per numeri di tessere. Non ha avuto, pertanto, molto successo il fatto che la federazione del Pd calabrese sia stata commissariata dall’ on. Orfini, rappresentante del partito nazionale, che ha affidato il compito, certamente non facile, di mettere ordine tra le file calabresi all’on. Stefano Graziano.
Non sarà per lui certamente un lavoro facile e, comunque vada, troppo tardi per rivoltare il sistema sociale calabrese, asservito da sempre allo scambio politico, mafioso, elettorale; inopportuno perché i commissariamenti sono la presa d’atto degli errori commessi ed il tentativo di darsi una mano di biacca politicamente corretta, quando i buoi sono già fuggiti dalla stalla.
Basta con i generali senza truppe, con gli ascari mandati allo sbaraglio, con fumosi segnali privi di contenuto; basta con le inaugurazioni farlocche e le promesse di miraboliche realizzazioni. Appartengono, essi, a stilemi tipici del mondo pubblicitario.
Ed al 38° parallelo, poco su di lì, c’ è bisogno di realtà , non di promesse e di sogni!
Come si evince dai risultati delle ultime elezioni politiche.