“Credo che nella legalità i risultati si ottengano. La mia sarà una gestione alla insegna della legalità e dell’impegno per ridare alla gente i diritti più elementari e, tra tutti, quello alla salute”.
Parole di Saverio Cotticelli, ex generale dei Carabinieri e, dall’inizio dell’anno, commissario alla sanità calabrese, una tra le più confuse e sinistrate della penisola italiana. Lo affianca un manager di tutto rispetto, Thomas Shael, ex dirigente dell’Asp Crotone, docente della Bocconi, esperto nella progettazione e gestione di organizzazioni complesse, già direttore della Azienda Sanitaria dell’Alto Adige.
A stare alle premesse i buoni propositi ci sono tutti anche se le condizioni del “malato” non lasciano ben sperare dopo la disastrosa gestione Scopelliti, dopo l’inefficace cura del gen. Pezzi, dopo la confusa ed inconcludente intraprendenza dell’ing. Scura ed i giochi a rimpiattino del governatore Oliverio.
Intanto il disavanzo della sanità calabrese, certificato da Kmpg ed Agenas, sbandierato ad aprile 2014 dalla terna Scopelliti, Pezzi e Urbani, ammontava a 31 milioni di euro; dopo sette anni di commissariamento e della draconiana, quanto cieca, gestione dell’ing. Scura, invece fa contare 150 ml. di disavanzo, stima del tavolo “Adduce”.
Certamente la sanità rientra nel grigiore di quello spazio tra legalità ed illegalità in cui si incontrano criminalità organizzata, malapolitica ed imprenditoria. E probabilmente è questa considerazione che fa dire al generale Cotticelli chi non lavora nella trasparenza si farà male.
Nel buco nero della nostra sanità, fatto di debiti e disavanzi, delle tre componenti su menzionate, ahimè, non so a chi assegnare l’alloro della vittoria, ma non credo di essere lontano dalla verità nel dire che tanto danno è frutto, prima d’altro, della malapolitica, intendendo per tale l’ incompetenza manifesta dei designati alla guida di enti e distretti sanitari, le lotte intestine – e della destra e della sinistra – per il controllo del carrozzone, e del clientelismo col quale sono avvenute nomine di primari ed assunzioni di tecnici e personale d’ordine.
Non sto a raccogliere l’acqua nel paniere, magari ripetendo cose risapute, però è bene non dimenticare che istituito nel 1978 il Sistema sanitario nazionale, travagliato parto, tra adeguamenti agli standard nazionali e riorganizzazione territoriale delle varie aziende locali, la Calabria si è adeguata a quella normativa soltanto nel 2007 con la legge regionale nr.9, entrata in vigore nel 2012: le 11 aziende sanitarie locali sono state ridotte a 5, ognuna divisa in distretti con competenza sul proprio territorio; 4, invece, sono le aziende ospedaliere, due a Catanzaro (Pugliese /Ciaccio e il policlinico Materdomini), una a Cosenza ed una a Reggio Calabria.
Ho sintetizzato in poche righe più di trent’anni di storia sanitaria, fatta di ritardi, di piani di rientro del disavanzo, di riorganizzazione dei servizi sempre più carenti, di verifiche interministeriali, di sofferenze per gli utenti, di nomine di commissari con ampi poteri, di massicce emigrazioni sanitarie, per giungere al giorno d’oggi senza aver trovato il bandolo della matassa.
A.D. 2015, l’ing. Scura prova a realizzare l’integrazione delle aziende ospedaliere Pugliese – Ciaccio e Materdomini nel tentativo di varare un’ azienda unica : la Dulbecco.
Un anno dopo Lamezia freme: chiede che il suo ospedale, forse l’unico a norma in tutta la regione, che ha spazi a iosa per ricettività e servizi logistici, depauperato giorno dopo giorno di unità operative, venga integrato nella corazzata Dulbecco.
Tutto il gotha , politico – sanitario d’accordo sull’azienda ospedaliera unica (Abramo, Scura, Pacenza, De Sarro, rettore dell’università, i consiglieri regionali Wanda Ferro, Tallini, Bova, Zito, Perri, Panella e Belcastro), vara il protocollo d’intesa. E’ l’1 febbraio 2018. Tre giorni dopo con due atti, legge regionale che abolisce Pugliese Ciaccio e Mater Domini e un nuovo protocollo d’intesa che definisce i rapporti tra i due enti, viene varata la corazzata Dulbecco, che fa dire agli artefici : abbiamo posto le basi per la creazione del più grande polo sanitario della Calabria.
Nel contempo gli enti lametini operanti nella sanità “mordono il freno”… chiedono a gran voce che l’ospedale venga inserito nella Dulbecco e sollecitano il loro rappresentante al consiglio regionale, Antonio Scalzo, perché si faccia portatore della loro istanza.
Al 18 di maggio ’18 arriva la doccia fredda. Pacenza e Scura bocciano la richiesta di Lamezia con una motivazione che non sta né in cielo né in terra: Lamezia è uno spoke , non può entrare nell’ intesa.
Il tira e molla va avanti: anche Bova si unisce al coro e Scura ribadisce la fusione delle due aziende sanitarie mentre i consiglieri Mirabello, Ciconte, Scalzo, Esposito, Tallini, Parente portano la richiesta lametina al vaglio della terza commissione che, il 14 febbraio u.s., all ‘unanimità ha dato parere favorevole all’ingresso del nosocomio lametino nella Dulbecco.
Certamente la storia non finirà qui, perché il gotha dei benpensanti continuerà certamente a menare il can per l’aia.
Commissario Cotticelli, questi sono i fatti, ubbidienti al più bieco campanilismo, ma anche alla mancanza di trasparenza, alla incapacità manageriale ed, a volte, anche ai condizionamenti esterni (Francesco Fortugno docet).
In questo affresco le lascio immaginare la qualità delle prestazioni del servizio sanitario calabrese e l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza.
Un’ultima considerazione: il nosocomio lametino è, insieme al Materdomini, l’unico ad avere strutture a norma. Relegarlo al ruolo di … deserto dei tartari, e spogliarlo, giorno dopo giorno, di prestazioni sanitarie e di posti letto, non giova a nessuno. I lametini prima ed i calabresi tutti confidano, dopo anni di errori, disavanzi, buchi di bilancio e nuovi balzelli che presto ritorni la legalità ed il buonsenso, dando per scontato che dove c’è inefficienza c’è illegalità.