Calabra gente irrimediabilmente incredula e strafottente, sospettosa e diffidente, lo sai che la tua regione da almeno tre anni “cresce”e poco manca a raggiungere, percentualmente, il tasso di sviluppo dell’ italiano nord – ovest? Forse sfiora la tua mente il passaggio a nord – est. Bene non c’entra… un kaiser: quella era una rotta navale che partendo dal mare del nord, proseguendo lungo la costa della Siberia, attraverso lo stretto ed il mare di Bering, raggiungeva l’oceano Pacifico. No, no, quella della nostra regione, non ha queste ambizioni.
La seconda commissione regionale – bilancio, programmazione economica ed attività produttive – in una sua nota aggiuntiva al documento regionale di economia e finanza per il triennio ‘19 – ‘21, ci dice che negli ultimi tre anni “pur in presenza di un deficit strutturale con le regioni del nord e di una preoccupante condizione occupazionale, giovanile e femminile, la nostra regione ha fatto registrare un’inversione di tendenza rispetto alle negatività del periodo precedente”.
I dati economici più recenti dimostrano, infatti, che l’economia calabrese è tornata a crescere a passi da gigante: superiori ad ogni altra regione meridionale, quasi vicini a quelli del nord – ovest.
I nostri numi tutelari, però qualche perplessità l’hanno manifestata sia a livello della disoccupazione e dello spopolamento regionale che a quello delle carenze e criticità del sistema political – calabro, ponendo l’accento sulle “sublimità” del nostro servizio sanitario che – sorpresa delle sorprese – “non dà un servizio di qualità ai cittadini e nemmeno un rigore nella spesa delle risorse”.
La colpa di tutto ciò ? Gli anni di commissariamento del settore sanitario, iniziati con l’enfant prodige Scopelliti ed ancora oggi perpetuati, se senso ha la presenza del nuovo commissario ad acta, gen. Cotticelli!
Ignaro lettore, secondo i pifferai di turno, queste sono le vere cause dell’aggravamento dei dati relativi ai livelli essenziali di assistenza e del dissesto nei conti, come anche per l’ulteriore aumento della mobilità extra regionale, tale dal dover prendere in seria considerazione l’applicazione delle aliquote extra per Irpef e Irap.
Come dire, con molta ma larvata disinvoltura: laddove ha operato la giunta Oliverio la regione ha fatto passi da gigante e se al posto di Scura ci fosse stato il legionario Asterix, oggi non avremmo tanti guai.
Pertanto “è urgente chiudere la gestione commissariale e ricontrattare con il Governo un nuovo piano di rientro“.
Non apprezza i colori di questo affresco la deputata Iole Santelli, coordinatrice regionale di Forza Italia. Infatti la somma sacerdotessa del tempio berlusconiano, un po’ dimentichina dei “guasti” provocati dalle schiere dei suoi ascari nel quinquennio precedente, non esita a commentare negativamente la quasi sommessa positività della seconda commissione regionale sostenendo, ella, che “la Calabria è crollata, nell’ ultimo quadriennio, come produzione industriale, qualità dei servizi primari e Pil, inferiore del 40% a quello nazionale”.
Produzione industriale e qualità dei servizi primari sono la cartina di tornasole della stagnazione in cui versa la Calabria del centrosinistra – aggiunge la birichina– sacramentando che l’agricoltura è stata devastata, che i consorzi industriali sono stati cancellati, che Fincalabra, sostenitrice dell’economia territoriale, di fatto non esiste più e che i servizi annaspano. Prova ne è l’intero comparto sanitario, ultimo in Europa per qualità e prestazioni; ma costo più oneroso nel bilancio calabrese (72%).
Un’altra bordata, feroce e pesante arriva dall’ ex commissario Massimo Scura che scrive a Paolo perché Pietro legga. “Adesso il consigliere non consigliere di Oliverio in ambito sanitario si cimenta anche in versione cuoco. Nonavendo competenze culinarie specifiche – egli scrive – come non li ha in ambito sanitario, si limita a scoperchiare pentoloni”.
L’ing. Scura scrive a Pacenza consigliere di Oliverio, che solo di recente avrebbe scoperchiato il pentolone relativo alla mobilità extra regionale, quella che misura il numero dei calabresi che vanno a curarsi fuori regione ed il conseguente onere che la regione deve pagare alle consorelle italiche. L’ex commissario muove precise accuse sulla gestione della partita parlando addirittura di insipienza ed assenza della regione calabrese.
Mi astengo da ogni commento in quanto non conosco bene i termini della diatriba tra le parti: questa non è la prima e non credo sarà nemmeno l’ultima, se si vanno a scoperchiare i pentoloni.
Credo, invece che “quando i ricchi si fanno la guerra tra loro, sono i poveri a morire” ( J.P.Sartre). Come accade se volgiamo lo sguardo oltre il nostro orizzonte sanitario o andiamo a considerare chi rinuncia a curarsi per mancanza di mezzi.
Nel quadro rappresentato emerge una sola verità: le elezioni regionali sono alle porte ed a giudicare dal numero dei votanti – il 53% circa degli elettori sardi, lucani ed abruzzesi – si arguisce quanto “stanchi”siano gli italiani della politica, quasi ovunque, così espressa.
Certo i calabresi hanno qualche ragione in più degli altri, se come han dimostrato alle politiche del 4 marzo 2018, votarono plebiscitariamente i pentastellati: 43,4% sul 63,77% degli elettori. Come dire che lasciarono fuori dall’ uscio di casa l’accreditata sinistra, lo screditato centro – destra di scopellitiana memoria, cespugli ed altri astri nascenti.
Non è, pertanto, mia intenzione cimentarmi in pronostici, bensì fare delle riflessioni su questo territorio, benedetto da Dio e maledetto dagli uomini.
Sono trascorsi quasi cinquant’anni da quando furono istituite le regioni. Gioia e tripudio, allora, per il regionalismo attivo che avrebbe certamente sconfitto lo statico e burocratico statalismo; magno gaudio oggi che si comincia a parlare di autonomie rinforzate e di regionalismo asimmetrico che consentirebbe ad alcune regioni di dotarsi di poteri diversi.
Panta rei, tutto si muove e nulla sta fermo, non puoi entrare due volte nello stesso fiume, recita l’aforisma attribuito ad Eraclito, smentito da quanto è avvenuto ed avviene in Calabria, condannata all ’immobilismo pietrificato di marca “verghiana”.
Irritualmente metto da parte il pistolotto conseguenziale e relativo alla disoccupazione, all’ occupazione, al declino demografico, alla carenza dei servizi, all’ enorme pressione tributaria su famiglie ed imprese, ed a tutte quelle criticità che tengono distante la regione bruzia non solo dai contesti nazionali, ma anche da quelli meridionali.
Non v’è dubbio che questa terra è la Cenerentola d’Italia e, checchè ne dicano i nostri politici, è storia di sempre.
I “triboli” cominciarono con l’unità d’Italia, ma salto un secolo di storia, peraltro denso di argomenti triti e ritriti, e considero, invece, l’Anno Domini 1970, anno in cui furono istituite la regioni.
Da quel dì alla guida della nostra terra si sono alternate, quasi con matematica scadenza, coalizioni di destra e di sinistra determinando risultati economici altalenanti tra lo 0 e lo 0,1% +/-. Da quel dì ad ogni scadenza elettorale, abbiamo sentito parlare di dinamiche naturali estremamente negative che ci han tarpato le ali e di fattori di contesto ostativi dell’agognata ripresa. Da quel dì ciarlatani e pifferai hanno disegnato traiettorie di sviluppo che si sono perdute nel limbo delle iniziative nate morte.
Oggi come ieri continuiamo a leccarci le ferite e ci apprestiamo a rivivere la solita commedia delle parti, in cui recitano a soggetto i personaggi di sempre. Anche loro scompariranno, inevitabilmente, nel vortice del naturale declino demografico previsto per la Calabria fra un quinquennio, poco più poco meno.
Intanto noi calabresi stiamo a guardare passivamente l’evolvere degli eventi come le stelle di Cronin o diamo senso e significato al nostro ruolo di primattori?