“Che diremo stanotte all’amico che dorme? la parola più tenue ci sale alle labbra dalla pena più atroce.” (Pavese)
Vittorio Milano ha percorso, giorni fa la sua tappa conclusiva, l’ultima di quel percorso al quale gli umani non possono sottrarsi. E lo ha fatto tacitamente, senza clamore,di domenica, secondo quel cliché di vita che aveva fatto suo: famiglia, casa, lavoro, nel silenzio, nella modestia e nel rispetto di tutti e di tutto.
Pertanto non devono esserci lacrime per Vittorio, ma vividi ricordi che ne esaltano la compostezza, la signorilità e la disponibilità. Insomma un uomo di altri tempi, il cui stampo, oggi, probabilmente è andato smarrito.
Io, figlio del dopo guerra, lo ricordo caramente nella sua officina di via Milite Ignoto, dove abitavo e spesso andavo a trovarlo per chiedergli “cuscinetti” di risulta occorrenti per la “motorizzazione” dei carrettini e dei monopattini che noi ragazzi “postbellici” costruivamo per poi gareggiare lungo le strade cittadine.
Vittorio era il nostro punto di riferimento per qualsiasi problema. E lui pazientemente ci sopportava senza mai spazientirsi, anche se a volte, sempre sornione e con il sorriso sulla bocca, ci invitava a tornare più tardi.
E brioso e spumeggiante lo ricordano gli amici quando negli anni cinquanta, a cavallo delle motorette Vespa tirate a lucido, si davano a perigliosi quanto appetitosi week – end
nelle più belle località silane.
Poi io, come tanti, lasciai la mia terra e dopo lunghi anni, al mio ritorno ho ritrovato Vittorio nella sua nuova officina,seduto ed intento a leggere il giornale, godersi il meritato riposo di una vita dedicata al lavoro.
Amico mio, un giorno ci rivedremo ancora ed allora saràbellissimo: potrò raccontarti cosa ho fatto in tutti quegli anni che ci siamo perduti di vista; ci racconteremo delle giornate più belle della nostra vita ed anche di quelle più brutte.Perché la vita è anche questo.
Ti parlerò di quanto avvenuto nel momento in cui tu hai lasciato, così come facevamo ultimamente quando ti trovavo a leggere il giornale in officina.
Buon viaggio, Vittorio, nella tua nuova dimensione; ti ricorderò sempre sornione ma, col sorriso sulla bocca e, da buon padre di famiglia, pronto a correggere gli entusiasmi giovanili e le bricconate mie e dei miei coetanei.
A rincontrarci.