Il seguente scritto (puramente satirico) riprende nella sua esiguità nonché modestia la grande tradizione delle visioni allegoriche ed apologetiche, la quale dall’ Apocalisse di San Giovanni alla Commedia di Dante e, da quest’ultima al Canto di Natale di Dickens , ha interessato un genere letterario non marginale negli ultimi secoli.
Il brano volutamente scandito in versetti biblici numerati, è fintamente estrapolato da un fantomatico volume : Il Libro dei Prodigi, opera a sua volta di un fantomatico autore, Meo Abbbracciavacca, che narra in prima persona il contenuto delle sue visioni “profetiche”.
Ciò non vuole essere nulla di dissacrante rispetto alla fede cattolica, mentre ciascuno potrà, a suo talento, riconoscere nella trama fantasiosa qualche realtà politica dei nostri tempi. Quale?
1 Io, Meo, nell’Anno Domini *** fui rapito alla quarta sfera celeste.
2 Ivi in odore di traveggole incontrai tre legittimi spettri tipo
“Canto di Natale”.
3 Il primo, dalle palesi fattezze di capraio, – pensai subito al passato –
deposta un’odorosa pezza di formaggio che stava rifinendo con un
panno bagnato, mi condusse risoluto come un vento a Sambiase,
nello specifico in via Cataldi, già Anzaro.
4 O, meglio, considerando i tempi vetusti, in via Anzaro non ancora Cataldi.
5 Di fatto feci solecchio tutto in torno senza punto vedere le costruzioni
di fiammiferi degli arricchiti che oggidì campeggiano sulle colline circostanti.
6 Non vi erano che pecore e ramarri.
7 “Qui fummo” disse lo spettro del passato.
8 Si accomiatò con una solenne scorreggia, e fu la volta dello spettro del presente,
nel complessivo simile al capraio di pocanzi, ma munito di ventiquattrore e aureolato da petulante dopobarba,
9 il quale mi condusse a precipizio nella città di Nicastro, pardon Lamezia Terme.
10 “Ecco” mi disse “il limbo dei commissariati. Gente che vive senza infamia e senza lodo attendendo chissà cosa o chissà chi”.
11 Tale aggrovigliata visione parve evidentemente ai superni bastante poiché fui subito rapito da colui che per esclusione doveva essere lo spettro dei tempi a venire.
12 In atteggiamento ed in livrea di ferrotranviere, (non fossero le corna da muflone che sfoggiava: evoluzione in senso darwiniano o mero incidente di percorso)
13 egli mi condusse a Sant’Eufemia, su di una piattaforma distopico-futuristica verso cui a velocità soffocante faceva capolino una razza di treni fluttuanti al cui confronto i Tav non erano che dei lombrichi di terra.
14 Si parlò di questi ed altri prodigi e last but not least del riacquisito senso di giustizia…
15 Non nego di essermi arrovellato le cervella.
16 Finché tutti i miei dubbi si concentrarono in un’unica domanda posta al consenziente spettro.
17 “Dimmi maestro, come è potuto accadere codesto? Dico del senso di giustizia…”
18 “Elementare” fu pronto a rispondere lo spettro: “Non c’è più mafia che possa nuocere, essendo tutti diventati mafiosi”.
19 Mi sferrai da solo un pugno poderoso, e quindi tornai a riveder le stelle.