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LAMENTO PER IL SUD Sempre più marcata la divisione tra aree ricche e povere tra zone agiate e luoghi di disperazione socio- economica

Quanta liricità nei versi di Salvatore Quasimodo nel suo Lamento per il Sud. Quanto amore ed angoscia nei versi di quel giovanetto, costretto a migrare a Milano, dove la luna è rossa per la caligine, il vento è forte e le donne hanno tutte la pelle pallida

Sa già, egli,  che non tornerà mai più nella sua terra, stanca di vedere il suo popolo morire di malaria,  di essere dimenticata, offesa, sottomessa, vilipesa e depredata. Quanta rabbia esprime il poeta nei suoi versi a fronte delle disuguaglianze sociali tra nord e sud! Una lirica, d’amore senza amore, che per la sua attualità sembra scritta ieri.
Sono questi i pensieri che, giorni fa, hanno assillato la mia mente, quando a bordo di un autobus di manifestanti, etichettato Spi – Cgil, mi sono  diretto a Reggio Calabria, non tanto  per “gridare” lo sdegno, inveterata abitudine, per un governo che ha cancellato  il Sud dalla sua agenda, bensì per sentire, in viva voce, cosa avessero da dire sindacalisti e politici là  convenuti.
Lo splendore di Scilla e Cariddi, ammirato dall’alto dell’autostrada, ha riacceso tanti ricordi: quasi cinquant’ anni fa, a bordo di un’ Ondine, acquistata per cinquantamila lire – tanto decrepita era – percorrevo, giovane cronista,  lo stesso itinerario per raggiungere la città della fata morgana dove si  “confrontavano” gli operai arrivati dal Nord ed i fascisti del Boia chi molla di Ciccio Franco.
In mezzo, su corso Garibaldi – circondato dai suoi celerini –  il commissario lametino Antonio Cappelli, con elmetto e manganello; da  qualche parte devo avere copia di un settimanale dell’epoca che schiaffò la sua foto sulla pagina di copertina.
Per carità di patria metto una pietra sopra la vexata quaestio meridionale sulla quale, a cominciare da Francesco Saverio Nitti, sono stati versati fiumi di inchiostro e tento di tirar le somme di quanto accaduto nel secolo scorso.
Ieri Quasimodo, struggente nelle sue liriche; poi i Boia chi molla, non apprezzabili per le  gesta, ma condivisibili per contenuti (spartizione della torta tra democristiani, socialisti e quanti altri) secondo la logica “all’orto di Dio devo mangiare pure io”.
Oggi, mutatis mutandis niente è cambiato e come ha sottolineato Landini i problemi si sono acuiti …“persone che non hanno lavoro, non hanno diritti e tante sono le disuguaglianze”;Cristo si è fermato ad Eboli – ha aggiunto Barbagallo e l’alta velocità si è fermata a Salerno; nella questione meridionale il governo è il grande assente – ha evidenziato la Forlan – come si fa a non capire che la depressione del Sud pregiudica lo sviluppo del Nord?”
Da Reggio Calabria, insomma, 25/30 mila persone, provenienti da tutte le regioni d’Italia – il  maggior numero dal Sud – hanno manifestato il loro sdegno contro un governo che non solo ha cancellato dalla sua agenda il meridione, ma per far fronte alle sue brame elettorali,  non ha esitato ad attingere, ancora una volta, al risicato mondo dei pensionati per dar vita a riforme che, fuori dallo “sviluppo del Mezzogiorno”, lasciano il tempo che trovano.
Dal Quasimodo giovanetto del Lamento per il Sud, trascorso quasi un secolo, Calabria, Campania, Basilicata, Puglia e Sicilia sono in fondo alle classifiche europee in tema di occupazione, qualità della vita, assistenza sanitaria, distribuzione della ricchezza, istruzione ed emigrazione ed appare sempre più nitida la spaccatura fra due Italie, accomunate – dice con amaro sarcasmo il leader della Cgil – dalla criminalità organizzata ormai endemicamente diffusa su tutto il territorio nazionale e non solo.
Onore, dunque, al merito per le organizzazioni sindacali che, ritrovata l’unità dopo la parentesi renziana han saputo chiamare a raccolta la gente del sud e tener viva così la fiammella della speranza.
Assenti, ieri come oggi, i rappresentanti governativi che sembrano ignorare il calderone di  pece bollente nel cui gorgoglio affiorano antichi “malumori” ed odierne tensioni. E non servono a nulla le spavalde affermazioni di Matteo Salvini quando afferma “sono sicuro che in un anno questo governo abbia fatto di più rispetto ai governi di sinistra per lavoratori e precari. Manderò a Landini, che evidentemente non la conosce una copia della proposta sull ’autonomia che finalmente porterà merito e responsabilità  anche ai politici del Sud”.
Tace Di Maio mentre sta per esplodere l’ultimo mortaretto: l’autonomia differenziata delle regioni che, di primo acchito, forse sarebbe più giusto definire secessione sotto mentite spoglie.
Gente del Sud, in attesa dell’evento tanto agognato dalle aree ricche della penisola,  che si ha la pretesa di far passare come necessità finalizzata ad evitare una divisione del Paese,  è bene  rinnovare il passaporto. Non passerà molto e saremo chiamati a ricostituire l’antico Regno delle due Sicilie. Ma questo è un altro film.