Di tanto in tanto, come nel film Interstellar, qualche personaggio viene scongelato e dopo anni di sonno nell’impianto criogenico ritorna a vivere. E’ il caso dell’avvocato D’Ippolito Giuseppe detto Pino, diventato noto al pubblico per la pittoresca descrizione che ne diede il suo assistito Beppe Grillo in uno spettacolo.
Della serie Dio li fa e poi li accoppia, era destino che i due si sarebbero piaciuti se il Fato li avesse fatti incontrare. I genovesi non sono tutti tirchi come si dice, è evidente, ma li accomuna l’attenzione che prestano al denaro. Non lo disdegnano né lo disprezzano, per loro non è certo lo sterco del diavolo. Pensate a De Andrè, Villaggio, Gino Paoli, Crozza, Antonio Ricci, Beppe Grillo. Grandi ideali ma perseguiti con il portafoglio pieno.
A questa schiera si aggiunge Casaleggio, sodale di Grillo nell’avventura M5S e, sin dagli inizi, l’avvocato D’Ippolito che, per conto di un’Associazione Consumatori (una delle tante sigle che agisce in nome e per conto) affiancò Grillo quando attaccava Telecom e altri potentati. Un’illuminazione la sua, come le casalinghe che compravano le azioni della Pacchetti perché gli piaceva il nome. Come certi attori comici che ad un certo punto fanno un ruolo tragico per rinnovarsi, la difesa del tribuno Grillo si affiancò senza imbarazzo a quella del MPS ex Banca Popolare di Nicastro, recupero crediti vantati dalla banca nei confronti dei clienti morosi (un bel colpo che tutti gli avvocati sognano di fare – uno su mille ce la fa -).
Solo che ad un certo punto il rapporto con la Banca si interruppe e l’avvocato intentò una causa milionaria per ottenere ulteriori benefici non riscossi. Il diritto è molto spesso un mezzo per raggiungere una cassaforte e infatti molti avvocati si chiamano “d’affari”, oppure “difensori dei consumatori” perché intentano cause collettive, oppure “avvocati del sindacato” perché c’è una via giudiziaria al socialismo o al regime che volete.
Sceso in campo Grillo con i pentastellati, tutti a Lamezia aspettavano che venisse affiancato da questa “riserva della Repubblica” che è D’Ippolito, ma egli non è né Previti né Taormina. Infatti ha atteso il 2015 e le elezioni comunali della sua città per scongelarsi. O tempora o mores.
Adesso ci inonda un giorno sì e uno no di intemerate, di disprezzo per Speranza e per tutti i politici, ma la classe non è acqua e bisogna dargli atto che ancora non è sceso ai vaffa ripetuti del suo assistito genovese, e ci ha risparmiato le grida salviniane contro l’Europa, gli immigrati e i rom. D’Ippolito è l’ennesimo avvocato (fate il conto, Piccioni, Richichi, Mascaro, Chirumbolo…) che intende assumere la difesa dei lametini, ma purtroppo sappiamo che in ogni caso non sarà gratuito patrocinio. Eppure per come siamo ridotti lo meriteremmo.