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ROMA, ABBIAMO UN PROBLEMA… Il Sud sta scomparendo dalle mappe

Non mi sto strappando i capelli per il “decesso” del  governo giallo verde e non sto certamente ad esultare di gioia per la neo formazione di quello giallo rosso.  Forse perché nel mio dna  la tavolozza cromatica  oscilla tra i due colori base estremi,  il bianco ed il nero; nel mezzo le diverse nuances che probabilmente, a seconda degli stati d’animo,  fan prevalere la scala dei grigi o quella più fosca che, passando per l’attuale nefasto fumo di Londra, si confonde con l’orizzonte fumoso. Si è dato e si sta dando vita pertanto,  a governicchi e pastrocchi pseudo governativi che non hanno né testa  né gambe per conseguire un qualche straccio di risultato, malgrado i roboanti annunci. Il che ha determinato e determina una progressiva crisi di partecipazione dei cittadini alle strutture politiche tradizionali, definita “disimpegno”,  colpevole quanto l’opportunismo di chi si mette in gioco non avendo né arte né parte né sale in zucca.
Ed è proprio nell’esprimere con un clic o con un tweet, assenso o dissenso, che ci si vuole  far  credere  che la democrazia di periclea memoria abbia raggiunto la sua più alta espressione.
Oggi, pertanto,  i  nostri parlamentari, fortunatamente non tutti –  grazie alla legge elettorale,  la rosatellum –  confezionata su misura per garantirsi l’esercizio del potere – ed alla piattaforma Rousseau, rappresentano il gotha del pensiero, della lungimiranza, della sensibilità politica ed amministrativa.
Qui mi fermo invitando politologi e  pensatori  a dir la loro  anziché su avveniristiche ipotesi politiche riconducibili, ciascuno ai loro sponsor, di esser meno passionali, più convincenti e,  se possibile, meno di parte.
Comunque non è questo l’argomento del mio dire, ma la premessa si è resa necessaria per giungere alla conclusione che grazie al combinato disposto, rosatellum – piattaforma Rousseau, oggi  siedono in parlamento  onorevoli personaggi che in una sana democrazia non avrebbero diritto nemmeno alla parola.
Si, il clima politico è peggiorato provocando lo scadimento dei rapporti tra i partiti, ma da qui alla celebrazione dell’ignoranza il passo è stato veramente breve, come dimostra lo squadrismo telematico che imperversa sui social, chiara testimonianza di quel mottetto che, in latino maccheronico – recita in tempora diluvi omnia strunza  natant.

Qualche mese fa Mario Oliverio governatore della Calabria, preoccupato della piega che stava prendendo l’autonomia differenziata, richiesta dalle regioni nordiste in ossequio all’ applicazione degli artt. 116 e 117 della Costituzione, scrisse una lettera nella quale invitava i governatori del Meridione e tutte le forze sociali ad un incontro per addivenire ad una proposta unitaria affinché il Sud fosse considerato meno residuale, più produttivo e moderno, nel processo di rinascita dell’ Italia intera. Proponeva Oliverio, forse un po’ sottovoce,  un regionalismo del Sud (non in contrapposizione, aggiungo io,  con l’arroganza, la prepotenza e la logica “fotticompagno” messi in campo  da sempre dai furbetti nordisti )  senza soffiare su vecchi e nuovi conflitti.

Parole quelle di Oliverio scritte sulla sabbia, cancellate da un impietoso venticello, come se parlare del Sud costituisse peccato originale.

Sen. Barbara Lezzi

Butto quindi  alle ortiche 150  anni circa di  “questione meridionale”, il cui disinteresse  costituisce una pagina dolorosa  scritta da una classe politica che ancora oggi non ha capito, o fa finta di non capire,  che la crescita e lo sviluppo dell’Italia passa per il Sud.
Non posso, però, accettare la pochezza ed il pressapochismo di Di Maio che gioca a fare il Salvini e di Zingaretti che,  avuto in regalo un pallone d’oro, continua i giochetti di potere dimenticando che il Paese ha “lente le palme e rorido di morte il bianco aspetto”.
Ma non vanno  nemmeno dimenticati i richiami della Comunità Europea: la questione meridionale è  questione di Stato!
Finiamola, pertanto, di menar vanto per avere fatto un buon lavoro (condivisibile il taglio dei vitalizi, sbagliato il reddito di cittadinanza, fumo negli occhi, cavalli di battaglia molto apprezzati dalla opinione pubblica) ma dal 4 marzo 2018 il clima politico è nettamente peggiorato: competenza ed equilibrio non hanno più albergato né a Monte Citorio né a Palazzo Madama. Han ceduto il passo, invece, alla ignoranza, alla tracotanza ed all’approssimazione.
La verità è che il meridione d’Italia nell’ultimo ventennio è scomparso dall’agenda del governo che, ignorando anche le direttive della comunità europea, poca attenzione ha prestato all’erogazione dei fondi per le aree sottosviluppate, fondi male utilizzati e per lo più tornati indietro per l’incapacità progettuale degli organi regionali preposti alla bisogna.
Sulla stessa linea si è mosso il governo giallo verde, quando in preda ad un raptus di alta sensibilità politica, ha nominato ministro per il Sud l’on. Barbara Lezzi, leccese, la cui designazione già destò tanto stupore  e meraviglia tra le stesse file degli aficionados stellari.
La ministra  (107 mila preferenze alle ultime politiche)  che ha fatto tanto parlare di sé le Iene, Vespa e le organizzazioni sociali  non per fattività ed attività, costituisce  la cartina di tornasole della  sensibilità politica dei 5stelle  nel collocarla in una posizione strategica  per lo sviluppo del Mezzogiorno e del Paese intero e bocciandone superficialità e pressapochismo. Non so come finirà tra i pentastellati ed i pidiellini in quanto le trattative programmatiche per la costituzione del  governo giallorosso fanno registrare incertezze e perplessità. Da quanto è trapelato non sembrerebbe che le politiche meridionalistiche siano, comunque, al primo posto dell’agenda governativa.
Se così dovesse essere, se il Sud dovesse avere solo e sempre una posizione residuale ed essere solo la  ruota di scorta nel governo che probabilmente sarà varato, allora è il caso che non si aspetti più il Messia e che in questo estremo lembo della Penisola si metta in cantiere un serio regionalismo del Sud … di contrapposizione e di contrasto.