La definizione di “Lamezia, città sofferente” è dell’ ex vescovo della diocesi lametina mons. Luigi Antonio Cantafora che, in occasione delle ultime festività antoniane, con una felice “pennellata di colore”, ben descrisse le condizioni e lo stato d’animo cittadino.
Avrebbe potuto l’emerito prelato aggiungere altra aggettivazione: apatica, indifferente, pigra ed inerte, in totale assenza di reazioni emotive con qualche guizzo di insana passione. Avrebbe Sua Eccellenza composto, così, un pregevole dipinto da tramandare ai posteri.
La sofferenza lametina ha trovato attente orecchie nell’impagabile Costantino Fittante, presidente del Centro Riforme, Democrazia e Diritti, che si è chiesto di quali mali soffre la città della piana e, congiuntamente, quali terapie somministrare per curarli.
Ha, pertanto, qualche giorno fa riunito nel Chiostro domenicano i sorbonagri (neologismo non mio) cioè i professoroni delle scuole politiche cittadine per fare un’attenta analisi su mali e precetti medici.
Dopo l’introduzione di Fittante, che ha messo in evidenza il progressivo decadimento della città non solo in termini socio – economici ma anche il suo scadimento politico e morale – cosa che ha dato luogo “ negli ultimi 35 anni al terzo scioglimento del consiglio comunale”, al va e vieni dei commissari prefettizi la cui presenza ammonta, a sei anni nell’ultimo trentennio, alla perenne latitanza di legalità e trasparenza – mi sarei aspettato dai suddetti sorbonagri interventi precisi e puntuali non condizionati dal clima latente da campagna elettorale che si respira in città per le elezioni, previste per il prossimo 10 novembre, se mai si terranno.
Ed invece? Invece han volato alto i relatori, parlando poco dei mali e non facendosi scrupoli nel far ricorso ai soliti triti e ritriti luoghi comuni; hanno calcato le scene, fatta eccezione per qualcuno, personaggi appartenenti alla vecchia politica, ieri primi attori tutti parole e niente fatti , oggi comparse alla ricerca di abiti verginali.
Alla fin fine anche i volti nuovi si sono messi nella stessa scia dell’ancien regime auspicando una maggiore partecipazione dei giovani alla vita politica della città.
In verità di mali e di rimedi si è solo vagamente accennato ed a nessuno è venuto in mente che, oltre ai mali endemici del territorio (‘ndrangheta, corruzione, evasione fiscale, economia sommersa, scarso senso civico) la palla al piede della città della piana è stata quella di non aver avuto mai una classe politica all’altezza della situazione e, da parte dei cittadini, la responsabilità di aver espresso il consenso elettorale, alcuni per becero clientelismo, altri per amicizia e comparaggi, altri ancora per vagheggiate simpatie, tanti invece i “balconari”, non votanti perché chiamatisi fuori dalle beghe politiche cittadine o perché convinti ed ossequiosi assertori del “ niente cambia niente”.
Non ho sentito parlare poi di voto di scambio, mezzuccio al quale si è fatto frequente ricorso. Grande abbuffata, invece, dei soliti refrain: sviluppo turistico, termale ed urbanistico, lotta alla speculazione edilizia, viabilità, centralità della città della piana, sviluppo aeroportuale, democrazia partecipata, condivisione dei progetti con la comunità, e via così…fino al nulla...vestito di nulla.
Né tantomeno da parte degli ex amministratori, componenti il parterre, qualche esternazione relativa al proprio vissuto momento politico.
Rimpianti, rimorsi o convinzione di aver “fatto” bene?
Se questi sono i rimedi, mi sia consentito, per salvare Lamezia non esistono antibiotici, nemmeno quelli a largo spettro.
Se poi do uno sguardo oltre la siepe e vedo quanto sta avvenendo tra le forze (?) politiche in campo per l’elezione del sindaco e del consiglio comunale, non ci resta che chiedere al santo patrono (Sant’ Antonio o San Pietro, scelta libera) un miracolo.
Ma questo è un altro film.