Leggo le non confortanti ultime notizie relative alla storia infinita della sanità calabrese e mi torna in mente Friedrich Nietzche e quella sua teoria per la quale l’eterno ritorno dell’eguale è la ripetizione eterna di tutte le realtà e gli eventi del mondo. Anche se questo assunto ha una chiave di lettura filosofica e non politica – condivisibile o non – penso che qualcosa di vero deve esserci se tutti gli eventi negativi si ripetono pedissequamente, ormai da qualche decennio, nel clichè sanitario regionale.
Sarà perchè gli incroci astrali di Esculapio sono saltati, certo è che la sanità calabrese è sull’orlo della bancarotta. Non per mia iettatoria ammissione bensì per dichiarazione dello stesso Presidente della Regione Calabria Mario Oliverio e di tutto quell’entourage che amorevolmente sta dietro alla nostra salute, dal ministro al commissario ad acta ed a tutta la ciurma che naviga da anni su questo battello.
Si grida allo scandalo, all’ ultimo decreto “disastro Calabria”, all’ infiltrazione mafiosa nei gangli amministrativi del comparto più pingue del bilancio miserabile di una regione che non ha né arte né parte.
Ognuno ha detto e dice la sua, ma non ho sentito ad oggi alcuno che indicasse l’ingerenza politica come una concausa del dramma sanitario regionale in tema di assunzioni, concorsi prefabbricati per primari e quant’altri, nomine di dirigenti e quadri su curricula pre – costruiti; non si è alzata voce sulla probabile incapacità gestionale di quadri e dirigenti preposti ai vari business appartenenti al “mammellone” sanitario, anzi ho sentito da qualche parte il procuratore antimafia, Nicola Gratteri, che parlava di “questione di arroganza del potere e di massoneria deviata”; nulla è trapelato mai, dalla nascita del carrozzone regionale ad oggi, sui loschi intrecci tra mafia e mondo politico / amministrativo.
Così è avvenuto, in questo nefasto 2019, mese di marzo, che l’Asp di Reggio Calabria, già sciolta nel 2008, travolta dal dissesto economico, è stata nuovamente “attenzionata” e risciolta per infiltrazione e condizionamento mafioso; così come accaduto qualche giorno fa, con la stessa motivazione, all’’Asp di Catanzaro dove sono state arrestate 24 persone (tra cui qualche dirigente) appartenenti alla ‘ndrangheta lametina.
E’ di qualche giorno fa la notizia che per l’enorme disavanzo – si parla di 784 milioni di euro – a dire del consigliere regionale Carlo Guccione, l’Asp di Cosenza, una delle più grandi di Italia (assiste 700 mila persone sparse in 150 comuni) seguirà la stessa sorte delle consorelle.
E se piangono Catanzaro, Reggio Calabria e Cosenza, non ridono le due neo province Crotone e Vibo Valentia che la cabala dà, da qui a poco, destinatarie dei provvedimenti previsti per dissesto finanziario.
E’ chiaro, quindi, che il problema della sanità calabrese è radicato nel tempo ed è altrettanto chiaro che non è risolvibile sbloccando le assunzioni di medici ed infermieri, bensì andando a rimuovere prima di tutto quelle che sono le vere cause primarie dell’ impasse attuale.
Chiunque ha avuto il potere – ha detto il Procuratore dell’Antimafia Gratteri – non è intervenuto. C’è gente convinta che facendo parte di una loggia, può essere coperta. Deve finire: per questo è importante che i commissari non abbiano nulla a che vedere con la Calabria. Entrare in un’ Asp e mettere mano ai conti vuol dire azzerare guadagni illeciti per milioni e milioni di euro: parliamo di guadagni che si avvicinano a quelli del traffico di cocaina”.
Una situazione di questo genere – dissesto economico dal fondo Valle Noce alla punta dello stivale – vetusta quanto grave, non è possibile che sia sfuggita a tutti gli addetti ai lavori a cominciare dagli assessori regionali alla Sanità, che si sono succeduti nelle varie legislature, per finire all’ ultimo degli addetti.
Il malpancismo, sostengono gli esegeti, trova origine all’incirca sul finire della legislatura Loiero, ma è con Scopelliti, commissario ad acta che ha inizio la gestione commissariale, poi proseguita con l’ing. Scura ed il gen. Cotticelli, attuale nocchiero del piroscafo che sta per affondare.
Non riesco a pensare, comunque, che assessori e dirigenti regionali non avessero contezza della gravità della situazione, nè tantomeno che l’attuale delegato alla sanità (Pacenza) ed il direttore generale del dipartimento regionale Tutela della Salute (Belcastro) o chiunque fosse preposto al buon funzionamento del servizio sanitario calabrese, non abbiano mai parlato del baratro nel quale si è oggi precipitati.
Così come non riesco a capacitarmi che essendo il servizio sanitario della Calabria, sotto stretta sorveglianza governativa da più di un decennio si sia arrivati al punto del non ritorno.
Per intanto l’attuale commissario, gen. Saverio Cotticelli, che non mi pare le cose le mandi a dire, in occasione di un incontro con i “protestatori” del Pollino, avvenuto qualche mese fa ha detto:
“Mi sono posto l’obiettivo di far capire a coloro che hanno gestito finora la sanità che il passato non torna più e che chi commette illegalità o manifesta incapacità o non funziona, deve essere avvicendato. Ho iniziato il mio mandato con le vecchie regole, quelle per cui i direttori generali erano scelti dalla politica. E’, questa, una cacofonia perché devi giocare con carte non tue.
Molti dicono che la sanità è un problema politico, ma in questa terra abbiamo accertato situazioni di gravissima irregolarità, di infiltrazioni ed altre cose che sono di competenza dell’autorità giudiziaria”.
Nell’ascoltarLa, gen. Cotticelli, i calabresi tutti, compreso me, hanno fatto loro questa melodia e non aspettano altro che alle parole seguano i fatti.
Probabilmente gli avvenuti scioglimenti delle Asp sono solo il segnale della rivoluzione che dovrà interessare la sfera sanitaria calabrese infetta da infiltrazioni mafiose, dall’arroganza della massoneria deviata, come dice il Procuratore Antimafia di Catanzaro, Nicola Gratteri e da abbondanti suzioni mammellari, come da sua felice espressione.
Nell’attesa del ripulisti generale i calabresi sperano di non doverne fare le spese in termini di assistenza sanitaria già ai minimi storici.