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I CACCIATORI DIVENTANO PREDE L’esercizio venatorio condizionato da lacci e lacciuoli

di Renato Borelli
    Alberico Aiello

Anno domini 2018, novembre: il Dipartimento Agricoltura e Risorse Agroalimentari calabrese annunciava al mondo venatorio il nuovo  Disciplinare per la gestione faunistico – venatoria del cinghiale.
Dichiarava Mario Oliverio, presidente della Regione: “con questa modifica si consente la caccia al cinghiale anche nelle zone non assegnate ed anche a singoli cacciatori”.
Ciò allo scopo, aggiungiamo noi, di tutelare campi e raccolti preservando il lavoro di tanti imprenditori agricoli, addirittura con interventi mirati anche nelle aree non vocate per il cinghiale.
Annunciava il dirigente del dipartimento, Giacomo Giovinazzo, l’istituzione presso le Atc, ambiti territoriali di caccia – in forma cartacea sino all’ entrata in vigore dell’apposito programma informatico – del registro delle squadre di caccia al cinghiale in battuta, delle aree loro assegnate, dei dati anagrafici dei componenti,  nonché di altro registro per chi volesse esercitare la caccia all’ ungulato in forma singola.
Anno domini 2019, giugno: visti i deludenti risultati ottenuti e la crescente espansione dei cinghiali; considerate le proteste degli operatori agro – silvo – pastorali, finalizzate alla richiesta dei danni subiti ed alla tutela delle colture; constatato che a niente è servita l’’introduzione del cacciatore selettore, la Regione Calabria ha chiesto al ministero competente misure speciali, tipo concedere anche agli agricoltori di poter cacciare i suidi, ma solo nel periodo in cui è aperta la caccia.
Val la pena  in primis sottolineare  che l’iter amministrativo seguito ha avuto l’unanime approvazione della consulta faunistica regionale, comprensiva, quindi, dell’approvazione delle associazioni rappresentanti i cacciatori.
Poi  è bene evidenziare la negatività dei risultati ottenuti in termini di contenimento degli ungulati e la convinzione che l’infestazione della specie non si combatte con un atto burocratico, con lacci e lacciuoli, che di fatto si traducono, per i cacciatori, in ostacoli certamente non insormontabili, ma sicuramente spossanti ed economicamente gravosi.
Sembra quasi che si voglia giocare ai bussolotti ed a scaricare le responsabilità di chi è preposto alla salvaguardia del patrimonio agricolo e forestale, sulle squadre dei cacciatori, allo stato unico argine valido alla infestazione dei suidi. Con l’aggravante di riversare su questi costi di servizio che, invece, dovrebbero gravare sulle economie dell’assessorato competente regionale.
La Regione Calabria è suddivisa in 11 ambiti territoriali di caccia (2 per Cz, 2 per Vibo v.,  2 per Kr, 2 per  Rc., 3 per Cs). Sono organi dell’ Atc  il presidente, il comitato di gestione, l’assemblea dei soci, il collegio revisori dei conti.
L’art. 13 della legge regionale nr. 9/ 1996 ( Norme per la tutela e la gestione della fauna selvatica…) definisce i compiti degli organi dell’Atc, i cui deliberati non hanno  validità in altri Atc.  Accade, pertanto, che anche nell’ ambito della stessa provincia regole e balzelli differiscano a secondo dell’appartenenza all’ atc.
Non siamo in grado di indicare quali sono le “incongruenze” tra un atc e l’altro, però nell’atc 1 Cz,  commissario straordinario il dott. Francesco Pisano, al momento della consegna dell’assegnazione   dell’area di competenza, è stato “istituzionalizzato” un altro balzello di 30 euro,  per squadra, a titolo di compartecipazione al lavoro svolto dall’ Atc.
Nel contempo sono state consegnate ai capi squadra 10 fascette (contrassegno da attaccare al capo abbattuto) a titolo gratuito. Le successive, in confezione di 10 pz. sono rifornibili alla modica somma di € 10. Tralasciamo di parlare del versamento di € 50 per gli esami trichinoscopici ancora non pervenuti dall’ anno scorso, degli € 68 per il cacciatore formato, degli € 50 per il cacciatore selettore.
Ma i cacciatori non hanno già pagato € 173,16 per concessione governativa, € 102,30 alla Regione. Calabria, € 15,00 per l’ Atc di competenza, € 77,00 per l’assicurazione?
Per l’erogazione di quali servizi? Ce ne facciano, almeno, cenno i preposti del dipartimento o, in via subordinata, le associazioni di categoria.