Decisamente quello che volge al termine è un anno da dimenticare, non solo per il dissesto idro – geologico che ha interessato ed interessa il Paese da nord a sud, ma anche e soprattutto per le neoplasie culturali e politiche che lo affliggono.
Sembrerebbe, questa, un’affermazione apodittica, ma non lo è, perché supportata anche da fatti incontrovertibili accaduti in questi ultimi tempi: i disastri di Genova e dintorni, il cedimento del ponte Morandi, l’acqua alta di Venezia, che già costata sei miliardi fa girare le pale degli italiani e non quelle del Mose, e giù giù, a scendere per le coste ioniche e tirreniche, la devastazione, le inondazioni, lo straripamento di fiumi ed il cedimento di ponti autostradali e non.
Ebbene, questi non sono segni di una natura all’improvviso divenuta matrigna, bensì conseguenze “dell’incapacità degli umani” – se colti da un impeto di santa benevolenza – preposti alla salvaguardia del territorio e delle infrastrutture.
Cambiando spartito la musica è sempre la stessa: centinaia le industrie in serie difficoltà economiche, delocalizzazione delle infrastrutture produttive, progressivo abbandono della agricoltura, disoccupazione giovanile a go-go, fuga dei cervelli migliori sono le cause dell’aumento della povertà di tanti e dell’arricchimento di pochi.
Il tutto affogato in Salsa Italia: evasione fiscale, elusione, capitali in fuga verso paradisi fiscali tanto per stare sereni, tangenti e mazzette…
Non bastano più i pacati messaggi del Presidente Mattarella a nascondere una realtà nella quale, quando mettono il naso la magistratura (quella buona) e la guardia di finanza, corruzione e clientelismo calcano la scena da primattori, mentre il Parlamento sembra più impegnato a difendere l’immunità parlamentare di coloro che, non mi pare, si siano resi responsabili di soli reati politici.
Dall’affresco nazionale non gronda certo serenità, anzi evidenzia un’Italia in frantumi, un Sud che sta tirando le cuoia e, nel profondo sud, una Calabria in fondo al pozzo.
Mi piacerebbe essere positivo e speranzoso, ma farei solo una forzatura su me stesso smentito immediatamente da quelle neoplasie che affliggono l’intero Paese.
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Per un’emittente del luogo condussi, circa sei anni fa, un’inchiesta – la cui cover era “In trincea … non in salotto “- sui problemi scottanti del momento: legalità, trasparenza, mafia, antimafia, scuola, famiglia, sanità, politica creditizia nel meridione…temi attuali ieri come oggi.
Ebbi il piacere di avere come ospiti un parterre eccezionale: magistrati, avvocati, dirigenti scolastici, medici, politici, doce
Alla seconda puntata – Mafia e Antimafia – ebbi come ospiti il dott. Antonio Reppucci, prefetto di Catanzaro ed il giudice Romano De Grazia, presidente emerito della Cassazione.
Non per menar vanto ma fu, come si dice in gergo televisivo, una trasmissione con ottimo indice di gradimento (share) senza sbattiti di ciglia o esibizione di apprezzate doti fisiche.
Non credo di sbagliarmi, amici lettori, se vi state chiedendo quale sia la ratio di questo scritto di fine d’anno, proprio quando tutti elencano i meriti della loro fattiva presenza politica, specialmente in vista delle prossime elezioni regionali.
Senza liturgica enfasi in verità vi dico che sono incappato in un post del prefetto Antonio Reppucci, ormai in pensione, che dopo sei anni da quella intervista a me rilasciata, dopo quanto avvenuto nell’ultima tempesta giudiziaria calabrese, sostiene: “il problema a livello generale sono più gli elettori che i candidati o gli eletti…se oltre il 70% degli italiani, secondo istituti accreditati, si divide tra analfabeti primari, funzionali, dealfabetizzati ed analfabeti di ritorno; al sud ancora più preoccupante, è facile dedurre che possano diventare vittime e prede di affabulatori, pifferai, incantatori di serpenti di qualsiasi area o colore, ammesso che esistano ancora le categorie destra e sinistra, alquanto scolorite…nei valori, nei principi, nei comportamenti…
poi al sud c’è la tendenza al vittimismo, alla rassegnazione, al messianesimo, al cesarismo, per non parlare di assistenzialismo, clientelismo, parassitismo, familismo e tanti altri ismi di un corpo profondamente malato, con ferite sociali che il regionalismo, specie in salsa meridionale non ha saputo effettivamente curare, impantanato nel presente a soddisfare ambizioni di soggetti spesso improbabili, incapaci, inadeguati, senza una minima visione del futuro”.
Onestamente – vedendo assurgere al trono pontificio Papa Bergoglio, vicino all’umanità sofferente e lontano dalle holding di partecipazioni finanziarie vaticane; la Boldrini, presidente della Camera dei Deputati, più vicina ai meno abbienti; Pietro Grasso eletto alla seconda carica dello Stato tra venti di fronda e disobbedienze di partito – ho ritenuto anch’io questi, segni inequivocabili di una inversione di tendenza.
Amarcord: a me che richiamavo Corrado Alvaro – il calabrese vuole parlato – il prefetto Reppucci soggiunse “non basta il messaggio che vivere onestamente non paghi!
Da quel dì sono trascorsi quasi sei anni: a giudizio vostro, cari lettori, è cambiato qualcosa o invece è la tela di Penelope che, scuci e ricuci, non giunge mai alla fine?
E’ disfattismo sostenere che l’Italia sta cadendo a pezzi ed il Sud va ramengo? Un dubbio mi assale: forse non è solo il calabrese che vuole parlato !