L’odierno mio problema non è quello esistenziale di Amleto, essere o non essere, cioè continuare a vivere una esistenza grama o, invece, abbandonarsi al nulla: morire per dormire, dormire forse sognare. Tutto ciò perché Amleto, l’UOMO , teme l’ignoto dopo la morte. Pertanto preferisce una vita grama.
Per la “leggerezza dell’essere” dell’argomento che intendo oggi trattare, sono ben consapevole che sto volando alto.
La mia, però, non è supponenza. Mi inchino difronte al sommo drammaturgo inglese, già più moderno dei moderni, ma non ho le “paturnie” del suo Amleto: non temo l’ignoto dopo la morte, non preferisco una vita grama, non tollero le ingiurie degli oppressori e le insolenze dei superbi.
Da uomo del terzo millennio e da calabrese doc dico no, come ho sempre fatto, a pifferai ed incantatori di serpenti, al clientelismo ed al parassitismo, all’ inadeguatezza ed all’incapacità di chi fino ad oggi ha calcato il proscenio politico, sempre più convinto che il problema di noi altri calabresi, in gran parte, siano gli elettori e non gli eletti.
E mi permetto di aggiungere, anzi, che secondo accreditati studi il 70% degli italiani oscilla tra analfabeti primari e funzionali, dealfabetizzati ed analfabeti di ritorno, percentuale che gioca al rialzo se scendiamo tra il 40° parallelo (il Pollino) ed il 38° (Reggio Calabria).
Pensiero questo che è, anche, un po’ il retaggio di quella concezione, tragica e dolorosa del Verga…il cui Uomo è vessato fin dalla nascita da un destino crudele, fatto di infelicità e di immobilismo nell’ ambiente familiare, sociale ed economico e, se minimamente tenta di scrollarsene, va incontro a delusioni ancora peggiori, come accade a ‘Ntoni Malavoglia ed a Mastro don Gesualdo.
Ricchi di tal fardello domenica 26 andremo a votare per il rinnovo del consiglio regionale calabrese. Non sto qui a fare il solito pistolotto pre – elettorale relativo a sondaggi e liste sperticandomi in pronostici ed in occulte e celate indicazioni pro o contro quel candidato o quello schieramento politico.
Anzi sfrondo subito il campo da ogni possibile supposizione che possa albergare nelle cuffie craniche di qualcuno: in fatto di giornali ne esistono di tre specie: quelli di partito, a cui è demandato il compito di diffondere idee, aspirazioni e quant’altro; giornali notiziari la cui cura è quella di servire il pubblico; ed una terza per la quale oggi sia lode a Dio, domani a Satana, purchè il ventre sia pieno…(Pensiero di Vincenzo Federici, detto il Capobianco, in occasione del primo moto carbonaro risorgimentale), da me sempre tenuto in alta considerazione.
Inconfutabile assioma: dico e sostengo che dalla data delle istituzioni delle regioni, la Calabria, alla cui guida si è alternata più la destra che la sinistra, ferma al palo era e là è rimasta. Non sto ad elencare le solite “amenità” – disoccupazione, pil, corruzione a go – go, clientelismo, servizi carenti, mancanza di programmazione e pianificazione economica, collusione politica ed infiltrazione mafiosa – però una domanda è d’obbligo: oggi, rispetto allo scorso cinquantennio cos’è cambiato?
Ho l’impressione che sul cielo calabrese graviti una grossa nube greve di polvere di stelle che ottunde i sensi: Iole Santelli fata morgana senza bacchetta magica, Pippo Callipo più convinto che persuaso, Francesco Aiello astro nascente della piattaforma Rousseau e Carlo Tansi ex capo della Protezione Civile Calabrese.
E poi, e poi gli “smandrappati transumanti”, non nel senso del romanesco etimo originale
(tento di accreditare una nuova, rara accezione del termine) bensì nel senso di vaganti cambicasacca pronti ad andare là dove li porta il cuore, non foss’ altro per ossequio ai nuovi principi della democrazia: tenta sempre di salvare la capra, il cavolo ed tuoi interessi.
I tabezao elettorali, caro lettore, ti mostrano i volti di sempre, sorridenti e promettenti, ma in scarsa evidenza il logo d’appartenenza.
Comunque tutto ok se non fosse che quei volti son quelli di sempre ed essi sono dei morti per la democrazia, quindi diventa obbligatorio per i veramente vivi seppellire i morti nelle vecchie arche dei cimiteri politici.
Mi preme poi sottolineare un altro aspetto: le elezioni calabresi sono avvolte nel più pesante dei silenzi. I riflettori dei media nazionali sono puntati, per quello che può essere la sorte del governo nazionale, sull’Emilia – Romagna.
Di quanto andranno ad esprimere i calabresi domenica prossima – non lo dice alcuno – ma
Il risultato che verrà fuori dalle urne non ha e non avrà significato, non lascerà traccia e non avrà valore indicativo per i politologi, anzi è come se in una ipotetica partita a carte la Calabria fosse il due di coppe quando la briscola è a denari.
Doloroso ammetterlo ma questa nostra terra è scomparsa dall’immaginario collettivo, a cominciare dall’agenda del governo che la considera un problema e non una risorsa; una periferia del Mezzogiorno della quale tutti farebbero volentieri a meno e, paradosso dei paradossi, arcinota nel mondo intero come una delle holding di partecipazione economica e finanziaria tra le più efficienti ed organizzata: la mafia.
E questo, purtroppo, è il viatico che ci accompagna e che non riusciamo a scrollarci di dosso.
Ciò non di meno per quanto espresso nel riquadro in apertura di pagina, votare è essenziale per contrastare la mafia ed il voto di scambio, ma anche per dare il benservito a pifferai, opportunisti e perdigiorno.
Non ci vuol molto a diventare primattori! Buona domenica.