I FASCI (DI CICORIA) CALABRESI
Amico mio, questo secolo è un secolo da ragazzi. In giro non c’è assolutamente nulla di niente.
I pensieri di Meo Abbracciavacca
Una delle scene più repellenti a cui mi è toccato assistere in quest’anno ancora incipiente, ma già bello in carriera, è stata quella del vecchio cavaliere gongolante per la sua vittoria alle regionali. Pareva lì per lì un vegliardo a cui fosse riuscito, al cospetto di una altrettanto vecchia bagascia (la democrazia), di sparare un ultima cartuccia, e per questo non vedesse l’ora di sventagliarci in faccia una sterrata della sua boria vanagloriosa: Belìn non sono ancora finito, sai, ne sarebbe stata la più appropriata didascalia.
Nel centro-destra, un po’ spostato dal suo asse, va così ricettandosi l’italica fiducia, senza che nel consenso prosperi a giustificazione nulla di determinante, senza che nell’assenso generale ed ormai extra-elettivo venga a sussistere una parvenza di programma che esuli dal mero assetto oppositivo cui questa fazione si è limitata, dopo il ventennio, ad assumere.
La cabala sta sempre nel loro paternalismo antiassistenzialista e nella disponibilità di fondi alle imprese, i quali assieme creerebbero un piccolo ciclo economico a conduzione nazionale, una piccola nuvolaglia di trickle down che dagli imprenditori-lavoratori pioverebbe prosperità e travaglio sugli ultimi rimasugli, ignorando totalmente i nubifragi del macrosistema pronti a travolgere i microcircuiti e a trascinare via con sè cavallo e cavaliere.
Ma come si fa, dico, a parlare di centro-destra,- saltando all’appello il leader del Carroccio, l’attuale capitano che si addentra impavido fra selve di insaccati (cito blob), e che donde si trovi continua a tuonare il suo refrain dei porti chiusi, esclusiva sua cura?
Certo il Salvinismo che alcuni cervellotici – affastellando rifritture dicotomiche eleverebbero nientemeno a fascismo del terzo millennio – passerà alla storia come stigma di un tempo di rassegnata decadenza e di, soprattutto, scarsissimo livello utopico.
Amico mio, questo secolo è un secolo di ragazzi, diceva Tristano a un amico. Non c’è assolutamente nulla di nulla in giro. Basta voltarsi un poco per accertarsene.
Le regionali calabresi sono state l’ulteriore pillacchera in cui abbiamo naufragato. Finanche il sintagma vincente dell’imprenditore al potere (nella fattispecie Pippo Califfo), è stato solennemente trombato. Il popolo si è fatto guardingo. Ma fino a un certo punto.
In quest’era dell’Acquario che tutta lava, finanche le coscienze, avrei puntato sul disprezzo popolare per le chiacchiere, sul loro accantonare, finalmente, gli interessi di squadra, la tifoseria, ed i buffet a base di pesce: ma qui si vota ancora il “convincente” aldilà dei suoi meriti – roba che nemmeno l’ipnotismo e la psicoanalisi – si vota la fazione in voga, la personale ripicca. O questi ultimi criteri elettivi sono forse ancora troppo sublimi?
Allora si deve a questo punto dar ragione agli ormai prossimi all’inumazione, carissimi Pentastellati, quando vollero appoggiare una pezza al loro ennesimo smacco comunale, accreditando: “Le elezioni locali, riguardo a consenso politico, non hanno nulla a che vedere con quelle parlamentari”.
Meno la puzza di sconfitta, ben detto. Le elezioni locali sono ad personam, il resto è puramente opzionale. Chi ha orecchie intenda.