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IL MONDO E’ CAMBIATO MA NESSUNO NE PRENDE ATTO Perdurano le differenze tra le DUE ITALIE

Coll’epiteto di “Cassandre” sono indicati tutti coloro che prevedono una qualche disgrazia ma non sono ascoltati. Una famosa “Cassandra” italiana fu il repubblicano Ugo La Malfa che si battè negli anni ’60 e ’70 per il controllo della spesa pubblica, l’intervento regolatore dello Stato nell’economia, una politica per l’espansione dei consumi pubblici rispetto a quella dei consumi privati; la crescita della produttività agricola e la creazione di infrastrutture necessarie allo sviluppo industriale al Sud come al Nord.
Il contrario di ciò che hanno fatto i governi negli ultimi trenta anni.
E’ penoso assistere, dopo il telegiornale della sera, ai numerosi dibattiti condotti da giornalisti noti sulla politica del momento: sempre gli stessi protagonisti che ruotano tra le varie reti; giornalisti e direttori di giornale, personaggi che stanno a metà tra l’analisi politica e lo spettacolo, responsabili di partiti che sono in cerca di visibilità. Pochi gli esperti nei vari settori che, appena aprono la bocca, sono coperti da altri che ci parlano sopra.
Tra i quotidiani invitati, sempre gli stessi, Il Quotidiano del Sud diretto da Roberto Napoletano si distingue per la sua assenza. Non è mai invitato, forse perché è fuori dal coro di tutti coloro che spaccano il capello in quattro su prescrizione, velocizzazione dei processi, riduzione del numero dei parlamentari, riforma di un sistema elettorale poco democratico, lasciando che l’infezione si propaghi. Sull’economia poi spicca la tendenza all’ approssimazione e la distribuzione a iosa di ricette tanto miracolose quanto inefficaci.
Mai un tentativo di analisi storica che esca fuori dai confini nazionali e che, per gente che si riempie la bocca di globalizzazione, tenti di guardare un po’ più in là di una politica fatta di slogan e mirante solo a conquistare consensi per il prossimo turno elettorale, ora di una regione ora di un grosso comune.
Anche l’Europa comunitaria, dove gli Stati più importanti fanno di tutto per non cedere quote di sovranità nazionale e di potere clientelare, ha evidenziato la propria inconsistenza nella crisi libica e la propria debolezza militare davanti a chi in politica, invece delle belle parole mette in gioco le armi.
Il mondo è cambiato ma nessuno pare voglia prenderne atto.
L’altra faccia della globalizzazione è che la produzione di beni e servizi europea si deve confrontare con Paesi dell’estremo Oriente che godono di un costo del lavoro molto più basso, e possono produrre molti beni a costi più bassi dei nostri. La globalizzazione è anche la costituzione di multinazionali che se ne infischiano delle leggi nazionali, che pagano le imposte, quando le pagano, nei paradisi fiscali consentiti nel seno della stessa Europa, feconda di leggi che aumentano la burocrazia e incapace di politiche sovranazionali che vadano oltre il mercato e la moneta comune, per consentire all’Europa di avere una voce autorevole in sede internazionale e in campo militare.
L’Italia delle piccole imprese del Nord, che nei passati decenni hanno prosperato come supporto funzionale all’industria tedesca, quando è entrata in crisi la produttività della Germania hanno iniziato a boccheggiare. Gli editoriali di Roberto Napoletano, inascoltati, evidenziano il fatto che anche il mercato interno del Sud dell’Italia non supporta più la produzione di beni nel Nord, come sempre è accaduto nella nostra storia, per il semplice fatto che il reddito medio dei meridionali è molto inferiore a quello del Nord.
L’autonomia delle Regioni del Nord, promossa dalla Lega di Bossi negli anni passati, fatta passare come il toccasana per l’economia italiana dalla leghista Erica Stefani nel precedente governo, presentando un Sud incapace e sprecone e utilizzando le tabelle della Spesa Statale Regionalizzata, si dovrebbe confrontare con i dati completi, che sono quelli dei CPT, Conti Pubblici Territoriali, come risultano dalla tabella allegata che si riferisce all’anno 2017. Ma tutti i partiti politici preferiscono ignorare la realtà.

Ad esempio per la Calabria la spesa pro capite è di 13.605 euro contro i 16.979 della Lombardia e i 16.375 dell’Emilia Romagna. Sembra poco, ma moltiplicando per il numero di abitanti di ogni regione, si tratta di molti miliardi sottratti al sud ogni anno.
Infatti “alcuni servizi essenziali al cittadino (sanità, trasporti, servizi igienico-ambientali, ecc.), che incidono sia sulla qualità della vita sia sulla distribuzione delle risorse pubbliche, sono gestiti non dallo Stato, ma da altri soggetti, sia soggetti strettamente pubblici (come le Regioni/Asl per la sanità), sia soggetti partecipati da soggetti pubblici. Ergo focalizzarsi solo sulla spesa pubblica erogata dallo Stato, o dalla sola PA, può fornire una rappresentazione distorta della spesa pubblica.”  (Andrea Del Monaco, Esperto Fondi Europei, Huffington Post del 31/07/2019).
Guardando il forte divario pro capite tra regioni del nord e regioni del sud, non ci dobbiamo meravigliare se sanità, trasporti, scuola, infrastrutture come porti, ferrovie ad alta velocità sono fermi a sud di Salerno. Come al tempo di Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli (1945).
Se siamo ancora uno Stato unitario, come dice la Costituzione, invece di seminare odio reciprocamente per conquistare consenso, i politici dovrebbero pensare che dare il dovuto delle imposte al Meridione è giustizia sociale, e anche un vantaggio per tutto il Paese.
Il Sud, come è stato nel secondo dopoguerra, potrebbe essere ancora il motore della crescita italiana.