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DALLA FICTION ALLA REALTÀ IL PASSO È BREVE E questa volta Covid-19 non è un film

Il genere catastrofico ha sempre stuzzicato la fantasia dei cinematografari. Se faccio un excursus nei tempi andati il filone ha sempre avuto un discreto successo in tutte le sue declinazioni: cambiamenti climatici, terremoti, tsunami, tempeste siderali e terrestri, mostri creati da degenerazione patogena e, perché no, epidemie e pandemie provocate da “bestioline” uscite dalle provette di qualche laboratorio.
A parte i film “cassettari” qualcuno di questi ha avuto un discreto successo non solo per il cast di primo ordine, ma anche per la probabilità dell’accadimento.
Ricordate Ebola, il virus Motaba che provocava massicci sanguinamenti, nato in Africa e portato negli States da una bertuccia infetta? E Contagion dove Gwyneth Paltrow muore, di ritorno da Hong Kong, dopo i primi sintomi di una influenza provocata dal virus Mev – 1? E Resident Evil, altro virus creato artificialmente in un laboratorio di una casa farmaceutica?
Film di azione, di disperazione, di introspezione finalizzati a creare stati di ansia e di paura con la paura che tutto possa accadere da un momento all’altro.
Quello più sconvolgente ed ossessionante risale ad un decennio fa: The road che ci fa seguire il viaggio di un padre e un figlio negli States alla ricerca di un posto tranquillo dove vivere. Sottintesa una strana epidemia asmatica bronchiale –  si intuisce per tutto il film ma non se ne conoscono le cause – che dimezza la popolazione mondiale. I fortunati sopravvissuti sono diventati cannibali e si “sbranano” l’un l’altro.
Sgomento, terrore, desolazione accompagnano, dall’inizio alla fine, lo spettatore.
Oggi, dieci anni dopo, pur sgombrando il campo dall’ecatombe dei defunti e dal cannibalismo, dalle fantasie cinematografiche passiamo all’amara realtà del coronavirus, che stiamo vivendo e che è  una storia tutta da scrivere.
Responsabile dell’epidemia-pandemia che affligge le nostre giornate sarebbero, secondo accreditati studi, i chirotteri, vale a dire i pipistrelli, portatori di agenti patogeni “piccole creature che mangiano grandi prede dall’interno”.
Sarà una favola metropolitana ma questo evento era stato previsto dalla veggente americana, sensitiva Sylvia Browne, consulente per l’Fbi in oltre cento casi di sparizione ed omicidi, nonché scrittrice di decine di libri, purtroppo deceduta nel 2013 in California.
In un libro pubblicato nel 2008, dal titolo End of a days – la fine del mondo – ella scriveva: entro il 2020 diventerà prassi indossare in pubblico mascherine chirurgiche e guanti di gomma a causa di una epidemia di una grave malattia simile alla polmonite che attaccherà polmoni e bronchi e che sarà refrattaria ad ogni tipo di cura.
Secondo la Browne la patologia scomparirà quasi velocemente prima dell’estate. Ma c’è poco da stare allegri, perché, non semper repetita iuvant, essa ricomparirà fra dieci anni per poi sparire completamente. A giudicare da quanto sta accadendo in Italia e nel mondo la Browne ha centrato in pieno la sua profezia, così come si deve riconoscere che le scene di quei film ispirati al filone pandemico ricalcano perfettamente quanto sta avvenendo su tutti i territori interessati dal morbo.
Tra fiction e realtà differisce però il gran finale: nella prima c’è sempre un super eroe, sia esso un medico o una equipe che trova il vaccino giusto o un giovanottone texano che accoppa la bertuccia infestata di virus; nella seconda, invece, un gran parlare di “soloni da farmacia” che, accecati dall’egoismo, tentano di difendere solo il proprio campanile.
Intanto città vuote, sconforto e sgomento, disperazione economica per chi vive alla giornata e paura…paura di quanto potrebbe accadere.
In splendido isolamento, godiamoci la quarantena, le città deserte, i negozi vuoti, tutte quelle misure restrittive messe su, l’incertezza politica, la recessione economica.
Godiamoci la famiglia, i bambini a casa, il sole che filtra dalla finestra a ricordarci che la natura non si ferma… e tuttavia manteniamo alta la guardia: se un fondamento di verità c’è in quanto affermato da Sylvia Browne, e cioè che fra dieci anni saremo nuovamente alle prese con la stessa pandemia, cerchiamo, per allora, di non farci trovare impreparati, di sviluppare un vaccino efficace che possa risparmiare vite innocenti ed eviti il collasso totale di un intero sistema.