Dietro l’esasperato buonismo paternalista del nostro uno e trino Giuseppe Conte, “avvocato nostro”, si prospetta per noi un cammino disseminato di avvisi di pagamento. La trappola è piazzata, e da qui a poco scivoleremo con tutti e due i piedi nel MES, o in qualche altra diabolica trovata la cui traduzione è: “Debito ad usura”.
Seconda parte
La Grecia, una delle cinque nazioni che finora abbiano sperimentato tutta la portata catastrofica del MES, ha visto in questi anni moltiplicare del 43% l’incidenza della mortalità infantile. Ma l’informazione mainstream, sempre asservita ai potenti, si guarda bene dallo spiattellarlo in prima serata. Così come ci si guarda bene dal dire che oltre che di covid-19 si muore anche d’austerità
Il gioco della moneta-debito ossia fornita esclusivamente a prestito è ben noto. Con un po’ di fantasia in più lo si può chiamare pratica di strozzinaggio. Bisogna sapersi destreggiare, eludere, saper mischiare le carte. Fottere il prossimo soprattutto. Quando il “cetriolo globale” vola basso, diceva tempo fa un noto comico satirico, bisogna porsi immediatamente spalle al muro, sperando che il cetriolo vada a qualcun altro.
La Germania teme, attraverso gli eurobond, di sobbarcarsi un interesse sui titoli superiore a quello che sborsa regolarmente, eppure nel lontano 1990, negli anni in cui l’Italia faceva parte dello S.M.E. – Il Sistema Monetario Europeo, catastrofico antesignano e memento di ciò che avrebbe comportato per noi l’adozione dell’euro” non si è fatta scrupoli a caricarci sulle spalle il giogo di un interesse esorbitante, lo stesso interesse altissimo che a lei, al contrario, faceva piuttosto comodo dovendo riparare all’inflazione cagionata dalla fusione territoriale e monetaria delle due Germanie, la seconda delle quali, la Germania Est, era fornita di un quantitativo abnorme di liquidità in marchi dati i livelli inflazionistici che aveva raggiunto negli anni rispetto alla Germania Ovest. Per darci un impressione del divario, basti dire che il differenziale espresso del valore monetario fra le due nazione era di 1 a 4. La conseguente crescita spropositata degli interessi dei titoli italiani, che a differenza dell’impero teutonico non aveva alcuna ragione impellente a soggiacere a tale scempio, rappresentò una occasione ghiottissima per Soros ed altri biechi figuri della finanza affaristica, squali che una volta fiutato il sangue, corsero immediatamente al pasteggio, dando la stura ad una serie di attacchi speculativi memorabili. Dire che allora questi signori avessero ricevuto l’imbeccata dagli stessi tedeschi è una teoria non conclamata, ma più che mai in tali frangenti, laddove si parla di interesse più che di etica, a pensar male ci si azzecca sempre.
Squadernare queste delizie vintage è più che mai opportuno in questi tempi evangelici più che vichiani, in quest’epoca in cui il sacrificio perenne rivive negli stessi monotoni riti ortodossi delle politiche monetarie, riti che i fedeli euronomani (come li definì Alessandro Montanari nell’omonimo libro) subiscono supinamente senza neppure vagamente comprenderli.
La domanda che aleggia a più riprese, e pur nella sua inerme sincerità stenta ad ottenere una risposta soddisfacente, è: qui prodest? A chi giova la complessità mefistofelica di questa apparato mantenuto in vita con la sofferenza di gran parte del popolo europeo? Certo a ben pochi, una ristretta cerchia di privati nelle cui tasche senza fondo finisce l’avanzo primario degli stati, tutta l’eccedenza dei tributi, mentre i servizi pubblici vengono dimidiati per mezzo dell’austerità, in nome del debito pubblico che non è altro che il credito dei privati.
Ciò che si fa le veci di non intendere è che il denaro finanziario non è lo stesso di quello dell’economia reale. Il primo, quello finanziario, opera un corto circuito, tende a capitalizzarsi drenando risorse dall’economia reale, vampirizzandola letteralmente. I soldi investiti per le aziende ed i servizi i soldi del welfare state mettono in atto un circolo virtuoso di liquidità; i soldi dati esclusivamente a prestito con interessi ingenti, i soldi riscossi e subito reinvestiti nei prestiti, quali sono quelli dei titoli, sono sottratti alla vita autentica, come lo sono le sostanze dell’usuraio, prosperano su se stessi, creando attorno a sè sacche di vuoto, povertà e disperazione. Quando si ammetterà che un liberismo avulso totalmente dalla sovranità popolare non è affatto per la vita, ma addirittura contro di essa?