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DAL BAVAGLIO ALL’OLIO DI RICINO IL VOLO È BREVE La quarantena coercitiva cade a fagiolo per imporre censure di ogni sorta

   Convinti che una disamina sui sedicenti “professionisti dell’informazioni” e sulle loro illegittime istanze di esclusivismo elitario lascino  il tempo che trovi, e per l’inconsistenza stessa dell’assunto e per la loro propensione a far coincidere presuntuosamente, ed a confondere la professionalità con la risonanza del mezzo adoperato; convinti più che mai che i soloni del giornalismo possano prosperare e acclimatarsi all’interno di testate di peso, come nell’ultimo ciclostilato pieghevole del signor Pantalone, poichè l’informazione è anzitutto un esercizio di etica e di libertà più che di riscontro accademico; forti di queste poche e comunque bastevoli certezze, è comunque difficile fingere serietà e accondiscendenza, solamente per pura deferenza al “clima emergenziale” dei tempi, verso quanto deciso dalla Presidente Jole Santelli, la quale ha con un’ordinanza vietato sia ai dirigenti regionale che ai direttori delle Aziende ospedaliere calabresi di fornire agli organi di stampa resoconti sul numero dei contagiati.
La notizia casca come si dice, a fagiolo, ed è ben allineata con l’andazzo nazionale di questa quarantena coercitiva, meglio denominata con un più digeribile anglicismo lockdown, tempi in cui si fa a gara a imporre bavagli e censure di ogni sorta, e ciò per il benemerito proposito di tutelare le utenze, di preservarle dalla confusione e dai conflitti verso l’ “ufficialità”, il cui solenne giudizio e sempre più messo a repentaglio dalle numerose imprecisioni e dalle fake news.
Così una volta tanto, per procura della Santelli, anche la nostra regione cavalca l’onda dell’avanguardia, anche se di un’avanguardia repressiva. Non certo a caso giorni addietro la stessa Santelli elogiava il modo esemplare in cui gli scolaretti calabresi si stanno comportando, in questo momento di estrema difficoltà, in barba a chi mantiene nei nostri riguardi l’appellativo di “bifolchi”, “terroni” o “provinciali”. Ma che fossimo in realtà un popolo storicamente capace di stare a cuccia era già acclarato da molto tempo.
Ora sciorineranno i “veri” numeri, proporzionati alla relatività dei tamponi, senza tema di smentita, mentre già si provvede più in alto a filtrare l’informazione in favore della loro visione drasticamente apocalittica. Ogni interpretazione dei fatti è solennemente bandita. Solo scientismo positivista in senso economico-farmaceutico e presunto professionismo della comunicazione condito con una precisione numerica fondata paradossalmente sulla relatività della conoscenza.
Un giornalismo così concepito, costretto a una linea quantitativa e tecnocratica, ossia rigidamente settoriale, abolisce totalmente il felice concetto di dialettica positiva fra più parti, abolisce il confronto che è il caposaldo dell’idea stessa di giornalismo nell’accezione totale di esistenza plurale di opinioni, di informazione “alternativa” e, in fondo, di generale umanesimo.
Si tratta di una scelta offensiva al concetto stesso di comunicazione e tradisce la struttura dittatoriale che sta gradatamente monopolizzando tutti i canali cognitivi, inficiando le nostre possibilità di scelta responsabile che sino ad ora ci avevano affrancato dai ceppi del pensiero unico.
Un giornalismo “scientifico” che si presume esclusivo, per aver ragione di essere, deve specificare a quale scienza faccia riferimento, quali siano i suoi fautori, da chi sia finanziato e soprattutto a chi serva. Chiariti questi motivi, delineati questi conflitti di tutt’altro che facile risoluzione, deve infine giustificare il suo presunto apporto disinteressato alla politica. Perché è ridicolo credere ancora che la comunicazione possa astenersi dal fare politica – mi riferisco a quella ideologica, non necessariamente a quella partitica – e questo non è propriamente un male. La più grande calamità che può occorrerci non è la politica fondata su presupposti erronei, ma la liquidazione degli organi oppositivi. L’ultima cosa di cui i nostri tempi emergenziali hanno bisogno sono i resoconti sommari e celebrativi con in calce il profilo adunco dell’aquilotto e la dicitura: LUCE. 

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