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LA REGIONE CALABRIA E IL MODELLO EMILIA

Abbiamo capito, grazie alla regione Veneto e al prof Crisanti, che convivere con la pandemia dovrebbe basarsi non sulla reclusione in casa di tutti ma sulla pronta individuazione degli infettati e sul loro isolamento in alberghi, distanziandoli dalle famiglie. La Fase 2, quando partirà, ha bisogno dunque dei test sierologici e dei tamponi. Le imprese sono pronte a fare i test per ripartire in sicurezza, pertanto chiedono indicazioni chiare sulle procedure e sui test da usare perché siano considerati affidabili. Il problema è che le regole dovrebbero essere uguali in tutt’Italia, invece di avere venti protocolli diversi, uno per Regione.

Ogni multinazionale ha anche pensato di imboccare la via del “fai da te” aziendale, tentando di gestire in proprio la fase 2, con uno screening uguale per tutte le sue sedi, fuori e dentro l’Italia. I giornali svizzeri nei giorni scorsi hanno parlato dei test svolti dalla multinazionale Abb su personale senza sintomi, in opposizione alle linee guida della federazione elvetica che prevedono test solo sui sintomatici. Solo che adesso le aziende hanno capito che i test non sono una scorciatoia per tornare a produrre in sicurezza perchè non danno una patente di immunità. I test possono essere al massimo uno degli strumenti da mettere in campo. Affiancati da tutto il resto: distanziamento sociale, riorganizzazione degli orari e degli spazi, dispositivi di protezione. 

Il problema infatti per le imprese non sono i costi, che vanno dai 30 ai 50 euro per ogni esame. Il problema vero è come gestire i positivi una volta individuati e dove sistemarli per l’isolamento. Chi ha sviluppato anticorpi, infatti, potrebbe ancora diffondere il contagio, per questo diventa necessario fare il tampone. E quindi bisogna avere un protocollo di collaborazione con le aziende sanitarie del territorio. Riassumendo: quale test sierologico scegliere? Come gestire i positivi? Ecco perchè la Regione Calabria senza indugio dovrebbe copiare l’Emilia Romagna, la quale ha già deciso di dare un indirizzo preciso alle imprese. Sia sui test da utilizzare che sui laboratori a cui affidarli. Assicurando nello stesso tempo la disponibilità a prendere in carico gli eventuali positivi per fare il tampone. In qualche modo le aziende diventano partner di un’operazione di screening a tappeto che vede la Regione come regista.

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