Penso a Lamezia e mi viene in mente un “polpettone” strappa lacrime degli anni ’30. Non che io fossi presente in quegli anni in cui il genere drammatico, sia letterario che cinematografaro, la faceva da padrone, bensì per similitudine con la protagonista, tal fanciulla Anne, orfanella che viene adottata da una famiglia. Come tale, passata attraverso lacrimevoli traversie, come da copione, finiva in uno sfavillante epilogo in bianco e nero.
Il mio subconscio, forse perché segnato da questa vicenda o chissà per quale oscuro intreccio cerebrale, mi fa intravedere nella fanciulla Anne la città in cui vivo, Lamezia Terme, orfana che a differenza di Anne non ha mai trovato un padre adottivo, se non ciarlatani e pifferai, non sempre disinteressati.
Ripercorrere la sua storia sarebbe una fatica inutile perché la nostra vicenda cittadina, la sua nascita e quello che doveva divenire nella mente del padre fondatore, il sen. Arturo Perugini, è così vicina a noi da farci tirare le somme dalla prefazione all’epilogo.
Salto un cinquantennio o poco più in termini temporali, taccio su personaggi, politici e non, che ad oggi non hanno una storia da raccontare tranne fantasiose narrazioni, per andare subito al sodo, straight to the point, direbbe perentoriamente l’inglese Jonhson.
Ebbene quella che doveva essere la quarta città della Calabria, la Brasilia del sud è niente di niente! Cinquant’anni di chiacchere e iacovelle, intendendosi per tali l’ampio ventaglio di significati che partendo dal comportamento di cosa poco seria giungono all’intrigo, alla banale astuzia, al sotterfugio teso a perder tempo nel tentativo di defilarsi per non compiere qualcosa di molto più serio. Pillola di saggezza popolare tratta dal dizionario napoletano di vicolo Scassacocchi.
A ben rifletterci, gente lametina, quanti si sono alternati nei cinquant’anni trascorsi a raccontarci le cassatellerelative a Lamezia città baricentro della Calabria, volano dello sviluppo dell’intera regione, città dell’Istmo? E poi e poi…quante delusioni nel ritrovarci, inevitabilmente, come sempre, con un pugno di mosche in mano?
Da Guarasci a Loiero, a Scopelliti, ad Oliverio, ultimo precone affetto da delirio di onnipotenza, è stato messo in atto, volta per volta, sulla guisa di un crescendo rossiniano, un programma di sviluppo coinvolgente anche gli scettici più coriacei. L’ultimo in ordine di tempo è il collegamento ferroviario tra l’aeroporto e la stazione di S. Eufemia, progetto che prevede una nuova aerostazione attrezzata per consentire collegamenti aria – terra e poi, il Waterfront, complesso comprendente porto turistico ed infrastrutture varie quali il parco acquatico, campo da golf e quanto di meglio la mente umana possa immaginare.
Niente da eccepire sulla grandeur – intesa come argomento di propaganda culturale e politica – del progetto, ma il fatto che una spessa coltre di silenzio abbia avvolto l’argomento, vorrei sbagliarmi, mi fa pensare che anche questo sia uno di quei tanti sogni che durano lo spazio di una notte.
E più realista del re sarei ben contento, per esempio, che alla guida della Sacal ci fosse un manager che “masticasse” la gestione aeroportuale e non un nominato dalla politica, per giunta con pieni poteri; che, passata la pandemia, possa andare al mio mare e trovarlo pulito insieme alla spiaggia; che sulla scorta di quanto abbiamo, fossero valorizzati i parchi fluviali, montani e cittadini; che si impostasse una seria programmazione turistica estesa anche alle terme, sulle quali taccio per carità di patria.
Pertanto nelle more, aspettando che decolli il Waterfront, mi accontenterei di pane e cipolla nell’attesa di meglio gustare il caviale che sicuramente non assaporerò.
Però, però, prima di ogni altra cosa c’è da trovare all’orfanella Lamezia un padre putativo che tuteli i suoi interessi, consapevole che questa carenza affettiva sia stata la causa di tutti i suoi malesseri.
Escludendo a priori il sindaco Paolo Mascaro – che ancora ad oggi, tranne che manifestare programmi ed intenti per i noti accadimenti non ha ancora avuto la possibilità di passare dalla poesia alla prosa – emerge la non piacevole verità che Lamezia non ha mai espresso una classe politica degna di tal nome, che interpretandone i bisogni, se ne facesse sostenitrice.
Oggi come oggi la situazione è ben più grave: è ritornato a sedere sugli scranni della Cittadella regionale Franco Talarico, già presidente del Consiglio regionale, Scopelliti regnante. Nulla fece in tempi di vacche grasse per la sua Lamezia che l’aveva eletto, figuriamoci oggi che, è stato nominato assessore al bilancio, solo perché la Santelli ha dovuto onorare un debito con l’Udc, per avere fatto parte della sua coalizione.
Pietro Raso poi, ex sindaco di Gizzeria, è il neo consigliere regionale della Lega, sponsorizzato da Domenico Furgiuele, deputato lametino e segretario regionale della Lega in Calabria, che l’ha spuntata, in netta contrapposizione con il commissario Invernizzi inviato di Salvini, nell’imporre la candidatura dell’ex sindaco. Onestamente non credo che sia un fiore da coltivare.
Sull’orizzonte politico lametino poi netta si staglia la figura del pentastellato avv. Giuseppe D’Ippolito, deputato eletto nel 2018, del quale sul territorio non se ne avverte nemmeno la presenza. Del resto se gli stellati avessero avuto il benchè minimo interesse per la Calabria, avrebbero presentato, alle elezioni regionali, una loro lista.
E’ chiaro, conseguentemente, che con siffatta rappresentanza Lamezia non ha vada da alcuna parte, anzi era ed è terreno di conquista di falchi e altri generi di rapaci.
Tant’è che nella prima assise del consiglio regionale, tenutosi martedì 28 u.s. l’on. Tallini ha guidato il consiglio regionale verso l’approvazione di una legge finalizzata ad unificare gli ospedali Pugliese-Ciaccio e Mater Domini in un’unica azienda ospedaliero – universitaria, cancellando con un colpo di spugna il protocollo della precedente legislatura (Oliverio) che dopo mesi di accanite argomentazioni aveva votato all’unanimità l’inserimento dell’ospedale lametino nella costituenda corazzata Dulbecco.
Tale era il progetto presentato dall’on. Tonino Scalzo e votato dall’assemblea regionale: un inserimento finalizzato a rafforzare la sanità nell’area centrale della Calabria e non l’istituzione di un polo sanitario, calamita di risorse economiche e quant’altro.
Sindaco Mascaro, in questa partita a scacchi – nella quale il re è stato già fatto fuori – che vede schierati da una parte i soliti mittinculi e dall’altra i sempiterni piglinculi, scriverà, in rappresentanza della popolazione lametina gabellata, una vibrante orazione ciceroniana?
On. Santelli, a Lei doverosi complimenti, ha imboccato proprio la strada giusta per cambiare volto alla sanità calabrese!