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DUNQUE,  I LAMETINI SCENDERANNO IN PIAZZA Gabellati per mezzo secolo, stanchi delle bufale e dell’indifferenza del governo regionale stanno pensando a forme di lotta da intraprendere… passata la pandemia.

Il mio professore di Italiano al liceo sosteneva, ed a ragione, che non si inizia mai un discorso con la congiunzione “dunque” perché essa sottintende la naturale conclusione di due proposizioni,  laddove  la seconda è la conclusione logica della prima.
Malgrado abbia sempre ottemperato a questa regola, oggi inizio e titolo questo mio scritto, provocatoriamente,  con la congiunzione DUNQUE per due semplici motivi:  a) quanto è stato scritto fino ad oggi sull’argomento che andremo a trattare, costituisce la premessa necessaria a trarre le conclusioni di quel che, rispettando le legittime, inascoltate regole della  civile protesta, abbiamo sempre ragionevolmente chiesto e sostenutone la ratio;  b) la misura è ormai colma e le condizioni socio – economiche del territorio non consentono più dilazioni di sorta.
Però, poiché abusando del lemma DEMOCRAZIA sono stati commessi, ieri come oggi, dagli organi di governo regionale palesi trasgressioni e provvedimenti finalizzati ad impoverire ancor più il territorio lametino, è giunto il momento di guardarci negli occhi e cambiare registro passando dalle parole ai fatti.
Per tali intendendo non più l’accettazione supina di quanto imposto dai furbetti con motivazioni che hanno non il sospetto, ma la certezza che abbiano sempre agito “ppi lli cazzi loro”, ma di scendere in piazza, avvalendoci delle regole della civile protesta, per porre fine alle discriminazioni ed alle penalizzazioni imposte al territorio lametino in tema di sviluppo, nel becero tentativo di sacramentarne l’eterna sudditanza. In ciò coadiuvati da stanziali pseudo “politici di lungo corso” ma di “corta mente”.
Non sto qui a rimestare nel torbido nel tentativo di addurre consensi alla causa perché tutti conoscono  uomini e cose, vicende da far accapponare la pelle, fin da quando per meglio tarpare le ali alle aspettative dei lametini furono imposti, a rappresentarli nei collegi elettorali, uomini che niente avevano a che vedere con il territorio; fino a quando, salomonica decisione, furono spartiti i pani ed i pesci del pacchetto Colombo, il capoluogo a…, l’università a…, la giunta regionale a…, il consiglio regionale a…, l’aeroporto, perché diversamente non si poteva fare per ragioni funzionali, a… a… senza escludere i successivi, reiterati tentativi di cambiare la toponomastica del territorio.
Ma quel che è riprovevole è il becero campanilismo che ha condizionato le scelte di una regione avvenute non per individuati, proficui, deliberati processi di sviluppo, bensì per il blasone di capoluogo di regione.
E, barra dritta in questa direzione, avanti tutta si è andati anche nella scelta delle province. Ok a Crotone, a Vibo Valentia, no a Lamezia Terme perché Catanzaro senza il satellite lametino avrebbe cessato di esistere. Ali tarpate, quindi, per Lamezia Terme che proprio per le sue doti geografiche naturali, baricentro della Calabria, andava e va tenuta costantemente sotto controllo.
Ecco spiegato, molto semplicemente, ma potremmo anche vicenda per vicenda approfondire i perché, la città nata dalla fusione dei tre comuni dominanti l’area centrale della Calabria, non è ben vista dalla città delle aquile. Così come Gallarate, cittadina dormitorio, sta a Milano, Lamezia, snervata, privata dei servizi che contano, sta e deve stare a Catanzaro che senza Lamezia non avrebbe più nemmeno al provincia.
In questa ottica poteva mai Cenerentola partecipare al ballo di corte insieme alle sorelle? Mai e poi mai.
Ed ecco la furbata dell’ineffabile on. Tallini: alla prima assise del consiglio regionale, eletto a gennaio scorso, ha infilato nella legge di bilancio una postilla con la quale si elimina l’ospedale di Lamezia dal far parte della grande azienda sanitaria che nascerà dalla fusione tra i soli Pugliese- Ciaccio e Mater Domini.
Val la pena ricordare che la costituzione della corazzata sanitaria Dulbecco, capofila il consigliere lametino Scalzo, era stata già approvata Oliverio regnante.
Ma non è che l’on. Tallini, abbia improvvisamente alzato la barricata per tener fuori quello che è rimasto dell’ospedale lametino, anzi ha fatto ciò, egli ha sostenuto, perché contro la legge Oliverio, il governo allora in carica (Pentastellati e Leghisti) su sollecitazione del commissario ad acta Cotticelli e con il placet dei due parlamentari lametini (D’Ippolito e Frugiuele), aveva inoltrato ricorso alla Corte Costituzionale.
Ho l’impressione che questa sia una “pezza a colore”, pertanto i due parlamentari lametini e lo stesso Cotticelli , è bene che si pronuncino su come stanno realmente i fatti.
Intanto martedi 5 p.v. l’avv. Giancarlo Nicotera, presidente della commissione sanità comunale, ha convocato tutte le associazioni cittadine, che orbitano nel pianeta sanità, per trovare il bandolo della matassa di questa vicenda che sembra, non apparentemente, l’ennesima beffa perpetrata ai danni dei lametini. A questo tavolo siederà anche il sindaco Mascaro che, vogliamo sperarlo, assuma al riguardo la difesa degli interessi della città.
A prescindere dalle conclusioni alle quali perverranno gli illustri convocati, sono tanti e tali le soverchierie ed i raggiri commessi ai danni di questo territorio, che tutte le narrazioni lascerebbero dubbi, perplessità, incertezze sulle verità costruite a tavolino.
Serpeggia, pertanto, tra i lametini – non quel 44% di votanti che si avvicenda alle urne, del quale si conosce vita, morte e miracoli, ma quel 56% che ad oggi, sconcertato di quanto accade, non va più a votare – un malcontento che ha riscontro solo con le “iniziative” intraprese negli anni 60, quando in barba al buon senso, prevalsero “giustezze salomoniche” delle quali ancora oggi paghiamo un salato conto.