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IGNORATI I RESPONSABILI DEL PRESIDIO OSPEDALIERO E GLI AMMINISTRATORI LAMETINI Il capolavoro di Jole Santelli, ispirata da Tallini in combutta con Abramo e Cotticelli.

Il capolavoro di questi tre mesi di amministrazione santelliana, di cui la presidente della giunta regionale può andare fiera ed orgogliosa, è stato confezionato in materia di sanità.
In piena esplosione, su scala nazionale, del Covid-19,  la Santelli ha cominciato con l’ ignorare  il suggerimento che le è venuto da Lamezia Terme di approntare nell’ospedale Giovanni Paolo II un reparto interamente destinato a ricoverare e curare gli eventuali infettati dalla pandemia. Nonostante le sia stato fatto presente che nell’ambito del presidio ospedaliero lametino esistessero dei locali separati dal resto dell’ospedale, fossero da tempo inutilizzati e vuoti e necessitassero unicamente di essere ripuliti, risistemati ed attrezzati per la bisogna, la presidente della giunta regionale ha fatto orecchio da mercante respingendo, di fatto, l’offerta.
Preferendo optare, in prospettiva, per Villa Bianca di Catanzaro, i cui locali sono da tempo abbandonati e fatiscenti, allocati al centro della città e perciò raggiungibili con difficoltà, ha preso  sotto gamba la disponibilità mostrata dai lametini e della loro indicazione se n’è strafottuta. Penso, ma non ne sono sicuro, che non abbia nemmeno tentato di interloquire con i responsabili sanitari del presidio ospedaliero lametino né con il sindaco della città; questo tentativo le sarebbe potuto servire quantomeno per rendersi conto in cosa consistesse, effettivamente, l’offerta che le veniva inoltrata e se veramente i locali ai quali ci si riferiva fossero congrui rispetto alla necessità  della creazione di un  eventuale presidio (cittadino, regionale o meno) per la cura degli infetti da Corona virus.
A notte fonda, tra il 27 ed il 28 aprile u. s., nel corso della riunione dell’assemblea regionale, Jole Santelli si è mossa d’accordo con il  presidente dell’assemblea medesima Tallini ed ha consentito che si approvasse una legge – che pare non fosse nemmeno presente in nessun punto dell’ordine del giorno preventivamente formulato né sarebbe passato  attraverso l’esame di alcuna commissione consiliare – con la quale viene disposta l’integrazione tra l’azienda ospedaliera Pugliese-Ciaccio e l’azienda ospedaliera universitaria Mater-Domini. L’ideatore e vero deus ex machina dell’operazione è stato il citato Tallini,  che in precedenza ha preparato la manovra insieme ad Abramo, sindaco di Catanzaro, e Cotticelli,  commissario ad acta per la sanità calabrese.
Il bello  – o il brutto, fate voi – è che i responsabili del presidio ospedaliero della città lametina, nonché gli amministratori del suo Comune sono stati del tutto ignorati. Tenuti completamente all’oscuro e presi per i fondelli. Perché era stato loro promesso che nella previsione di riformulare la legge di accorpamento delle aziende sanitarie catanzaresi, in sostituzione della precedente n. 6 del 13 marzo 2019, il presidio ospedaliero di Lamezia Terme sarebbe stato tenuto ben presente e trattato con pari dignità (sic!) di quelli catanzaresi.
Il 19 marzo 2019, come si è letto nelle cronache dei giornali di questi scorni scorsi, c’era stato un incontro tra alcuni personaggi della sanità regionale ed il sindaco di Lamezia Terme a cui erano state date ampie assicurazioni che in futuro il nosocomio lametino sarebbe stato coinvolto su di un piede di parità (sic!) in un eventuale riassetto della sanità provinciale. Poiché questo non è avvenuto, alla luce del deliberato preso durante la notte fonda 27/28 aprile, mi viene da chiedere: ma il sindaco di Lamezia Terme ed il suo assessore alla salute non erano stati preavvisati di nulla e di niente si sono resi conto? Non hanno cercato di prevenire ogni mossa in questa materia e tentare di difendere gli interessi della sanità calabrese mediante la richiesta, forte, del coinvolgimento del presidio Lametino?
Se dobbiamo dare credito alla dolente nota pubblicata dall’avv. Mascaro il 29 aprile u.s. – ed io non ho alcun motivo per non prestarvi fede –  in cui il sindaco scrive che “la relazione (che accompagna la deliberazione con cui si approva l’integrazione dei nosocomi catanzaresi n.d.s.) non dedica neanche un rigo o una sola parola alla soppressione del richiamato comma 4 e non da soprattutto motivazione alcuna, in quasi due fitte pagine, del cambiamento radicale di rotta rispetto a quanto la precedente assemblea elettiva aveva invece con cognizione deliberato” – sono pienamente comprensibili i sentimenti di delusione, rammarico e sconforto, che sgorgano in modo evidente dall’animo del primo cittadino e che egli rende noti attraverso il suo scritto.
Anche perché dalla medesima nota, mi sembra che emerga il fastidio che l’avv. Mascaro prova per le dichiarazioni del suo omologo catanzarese, che non cita, il quale tutto preso dall’ebrezza del successo di poche ore prima, al mattino del giorno seguente ha rilasciato una dichiarazione, che suona beffarda per l’intera popolazione lametina, secondo cui “Lamezia non verrà dimenticata: dopo l’approvazione della legge, la firma del protocollo e l’individuazione di un dg (direttore generale n.d.s.) unico si aprirà il ragionamento anche con Lamezia”.
Si dovrebbe essere veramente sprovveduti e tonti per credere che a cose fatte, Abramo e Tallini  si prenderanno cura della sanità lametina e, finché non verrà il momento per “aprire il ragionamento desidero finire con un accenno, che a me sembra più che opportuno,  sulle reazioni che la delibera regionale ha determinato sia in ambito catanzarese che in quello lametino.
A Catanzaro inni e canti di gioia le cui note melodiose sono arrivate fino al cielo stellato. Tallini ed Abramo avidamente gongolano e non fanno altro che ricorrere ai termini più roboanti, retorici, ed altisonanti esistenti nel vocabolario italiano per manifestare la loro soddisfazione per il risultato raggiunto. Non accorgendosi i due tapini che, andando oltre ogni più ragionevole misura nell’esaltazione degli obiettivi raggiunti, si finisce per umiliare chi si sente fottuto dalle loro promesse non mantenute e risultare, alla fin fine, coll’essere comici, stravaganti e fastidiosi.
A Lamezia, al contrario,  i commenti sono invece improntati alle solite  piagnucolose lamentazioni ed alle accuse avverso i catanzaresi, prevaricatori e cattivi, che anche in questa occasione ci avrebbero penalizzato continuando nelle loro operazioni di spoliazione della nostra città.
Non viene in mente a tutti costoro che i catanzaresi, avendo un’idea ed un progetto della loro città,  fanno, unicamente e legittimamente, gli interessi del loro territorio;  i lametini, amministratori e società civile, viceversa, essendo totalmente privi di una idea ed un  progetto per la loro città, rimangono prigionieri di una atavica ed inguaribile incapacità di farli (gli interessi del territorio lametino) con l’aggravante di farsi sfottere e prendere per i fondelli  dai rappresentanti della città dei Tre Colli.
Penso, per concludere,  che i motivi per i quali la legge precedente, n. 6 del 13 marzo 2019 fu  “rigettata per evidenti motivi di incostituzionalità”, siano tuttora presenti se è vero che la nuova legge rispetto a quella dell’anno scorso si discosta solo perché non vi contiene l’inclusione del presidio ospedaliero lametino.
Allora, il sindaco e la sua amministrazione, comincino a studiare tutte le contromosse affinché la legge giunga all’attenzione del ministro della salute Speranza e del governo perché a loro sia richiesto un giudizio sul contenuto e se ne faccia una valutazione di merito; si cominci a ragionare dei possibili ricorsi in sede giurisdizionale perché si possa riparare a questa grave mancanza di progettualità strategica  del ceto politico catanzarese rispetto ai problemi dello sviluppo complessivo dell’Area centrale della Calabria.
Insomma, si cambi registro e si cominci ad affrontare i problemi non accusando i catanzaresi di voler “massacrare Lamezia” e spogliarci di ciò che dovrebbe spettare ai lametini, ma lottando con la schiena diritta ed a fronte alta. Forse non ci siete ancora abituati, ma piano piano vi accorgerete che lottare e meglio che piagnucolare.