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LA MARCIA TRIONFALE DELLA SANITÀ DI CATANZARO DOPO L’INTEGRAZIONE DEI SUOI OSPEDALI Sostiene il sindaco Abramo: l’integrazione ospedaliera è il più importante punto sul quale stiamo lavorando da anni. 

Prosegue senza soste la marcia trionfale della sanità catanzarese innescata com’è noto nella notte del 27/28 aprile u.s. con l’approvazione, da parte del Consiglio regionale, della legge in base alla quale ci si propone di dare il via all’integrazione tra l’azienda ospedaliera universitaria Mater Domini e l’azienda ospedaliera Pugliese-Ciaccio. Da essa, anche tale circostanza è ormai arcinota, è stato eliminato il comma che, nella precedente legge, decaduta per motivi di incostituzionalità, prevedeva che dell’ integrazione  facesse parte anche   il presidio ospedaliero di Lamezia Terme.
Tra gli altri commenti strabordanti di soddisfazione per l’obiettivo raggiunto, il presidente Tallini si prende cura anche d’inserire l’informazione ‘urbi et orbi, che “entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con protocollo d’intesa sottoscritto dal rettore dell’università degli studi Magna Graecia, dal commissario ad acta e dal medesimo presidente della regione Calabria – che ha espressamente voluto che nel documento fosse inserita anche la sua firma – sono definiti i rapporti tra la regione Calabria e l’università Magna Graecia di Catanzaro in materia di attività integrate di didattica, ricerca e assistenza”. Ma, il programma di lavoro (road map) attraverso il quale ci si prefigge di raggiungere altri obiettivi per realizzare nella città dei Tre Colli la “struttura sanitaria che – sempre a detta di Tallini – sarà la più grande non solo della Calabria, ma dell’intero Mezzogiorno” se non, aggiungo io, dell’Italia e dell’universo-mondo, prevede delle ulteriori tappe ben precise.
Innanzitutto, l’allestimento di un centro Covid-19 regionale. In un incontro che sarebbe avvenuto tra i responsabili della politica regionale con quelli della sanità catanzarese, in un giorno della settimana tra il 21 ed il 26 aprile, sarebbe stata scartata sia l’ipotesi di riconvertire Villa Bianca a centro Covid, che l’ipotesi alternativa di allestirlo mediante la trasformazione del padiglione “C” del Policlinico universitario di Germaneto. La soluzione sarebbe stata trovata decidendo di utilizzare il reparto di malattie infettive dell’ospedale Pugliese già attrezzato per questa emergenza. Infine, terza tappa del citato programma di lavoro, negli ambienti politico/sanitari del capoluogo della regione si starebbe anche lavorando alla creazione della “Casa della salute”, da collocare nell’ex policlinico universitario “Villa Bianca”, con “annesso centro di riabilitazione pubblica con un investimento destinato a sostenere l’assistenza domiciliare e la creazione delle USCA (unità speciali di continuità assistenziale).
Come si vede un progetto ampio e complessivo che chiarisce il senso dei contenuti celebrativi e ne rende comprensibili anche i toni sgangherati, a volte, sia di Tallini (come quello che sopra ho riportato), sia di Abramo per il quale Catanzaro si appresterebbe a diventare la “città della salute” unica, anche per lui, in Calabria e nel Mezzogiorno. Ignora forse il sindaco di Catanzaro che citando il Mezzogiorno lo fa molto a sproposito, perché di esso fanno parte città come Napoli, Bari, Catania, Messina, Palermo Cagliari, che hanno un numero di abitanti cinque, sei, dieci, cento volte più di Catanzaro. E pertanto mi sembra strano pensare che il progetto catanzarese possa essere l’unico del Mezzogiorno. Quelle che imprudentemente Abramo si è lasciato scappare dalla bocca sono da considerare parole dal sén fuggite!   In relazione a tutto quanto ho finora scritto, è forse utile inserire due considerazioni di natura soprattutto politica. La prima è che ad essere d’accordo con questa sequenza temporale di realizzazioni si ritrova compatto tutto l’apparato partitico/politico di Catanzaro: da Forza Italia e Fratelli d’Italia al Partito democratico, da LeU Articolo Uno alla Lega al Gruppo misto al mondo delle associazioni e dei Movimenti; vedi, per esempio la presa di posizione del Centro di studi politici e sociali “don Francesco Caporale” (di ispirazione cattolica) ad Articolo-Uno-Catanzaro di estrema sinistra, come sempre, del resto, quando si tratta dello sviluppo della loro città.
La seconda considerazione è che dalle dichiarazioni degli esponenti politici, da quelli sanitari e della società civile catanzarese emerge che a nessuno viene in mente di citare Lamezia Terme, come degna della benché minima considerazione. Nelle logorroiche esternazioni compiaciute dei politici catanzaresi non solo non vi è alcuna traccia del presunto ruolo di Lamezia Terme in ambito sanitario, come nemmeno negli altri ambiti socio/politici ed economici, per la verità,  nell’area centrale della Calabria, ma fa venire a galla chiaramente come essi abbiano una loro precisa idea della loro città, un progetto che da Germaneto, prima deserto ed adesso “antropizzato”, mira ad urbanizzare, a tappe forzate, l’intero tratto di territorio che dalla località della cittadella regionale arriva fino a Catanzaro Lido. Ed in quella frazione di Catanzaro realizzare tutti quei progetti di cui a Lamezia, priva di un proprio progetto di città, si discute in astratto da decenni: dalla fiera regionale al porto-territorio-mare (waterfront), dal porto turistico alla ferrovia veloce Catanzaro Lido-aeroporto di Sant’Eufemia Lamezia, che è l’approdo che a loro interessa, saltando a piè pari le stazioni di Nicastro, Sambiase come invece sarebbe nei propositi dei lametini.  Per cui se le cose stanno come le ho descritte,  mi viene da chiedere al presidente del consiglio comunale Peppino Zaffina di che cosa vada a discutere con il suo omologo catanzarese Polimeni se alla prima prova, quella dell’assetto sanitario nell’area centrale della Calabria, il ceto politico catanzarese ha ignorato del tutto le richieste dei lametini fatte presenti ai rappresentanti istituzionali catanzaresi dai quali avevano ricevuto la  promessa, resa pubblica dalle parole dal già presidente del consiglio comunale di Lamezia, Salvatore De Biase – <<…..che al presidio ospedaliero Giovanni Paolo II venisse riconosciuta pari dignità rispetto agli altri soggetti giuridici integrati e che vengano in esso previste adeguate ed elevate specializzazioni nonché un miglioramento dell’offerta formativa ad oggi esistente>>. Al di là delle strette di mano e dei reciproci complimenti, l’incontro non sarà per entrambi i presidenti tempo sprecato o, peggio, una reciproca presa per i fondelli?
Sentite, invece, come si esprime il sindaco Abramo, a proposito della integrazione delle aziende sanitarie della sua città: <<L’integrazione ospedaliera fra Pugliese-Ciaccio e Mater Domini è il più importante punto di riferimento per lo sviluppo di Catanzaro e della sua vocazione di città della salute e della ricerca scientifica, sulla quale stiamo puntando da anni>>. Una città, mi preme puntualizzare, che asserragliata e soffocata entro le mura dei suoi tre colli, circondata da ponti e super-strade, pur essendo il capoluogo di regione rimane chiusa a qualsivoglia sviluppo urbano e demografico. Ne è prova eloquente la stagnazione dell’aumento della popolazione di Catanzaro che in 48 anni, dal censimento del 1951 al 1° gennaio 2019, è cresciuta solo di 2.781 abitanti (58 abitanti all’anno), passando da 86.284 abitanti nel 1951 a 89.065 nel 2019, pari in percentuale al +3,13%. Nello stesso periodo, per fare un paragone che dimostra con quale ineguale velocità marciano le due città, Lamezia (Nicastro + Sambiase + Sant’Eufemia Lamezia) è passata da 56.018 abitanti nel 1951 a 70.596 nel 2019, con un incremento complessivo di 14.578 abitanti, pari a 304 abitanti all’anno, e al +20,65% su base percentuale. Ho citato i dati dell’andamento demografico perché, a mio parere, più che altri essi dimostrano quali saranno la condizione e il destino delle due città fra 50 anni o, forse meno.