Molti abbiamo l’età giusta per descrivere i rapporti storici tra Lamezia e Catanzaro. Non è un rapporto tra servo e padrone perchè un servo è servo ma almeno viene pagato. Non è neppure un rapporto “politico” di buon vicinato perchè ogni consultazione è tempo perso. Per me nel 2020 è solo necessaria l’“indifferenza”. Ho sempre pensato, sul piano politico, che i catanzaresi non siano nostri nemici e però la storia ci ha insegnato una cosa sola, quanto siano (stati) indecorosi i vassalli lametini. Archiviati i tempi di Petronio (75-79) e Chieffallo (85-90) con tutti i bidelli assunti, per questa nostra città nessun politico fa ormai più un gesto generoso. Si chiama egotismo. Prima io e poi la città, sempre. L’ex assessore regionale lametino Lo Moro subì da Loiero l’onta dell’esproprio del proprio ospedale per far gestire tutta la sanità a Catanzaro. Bastava che quella sera al Capitol si fosse presentata dimissionaria e Doris avrebbe conquistato per sempre una città. Egotismo. Ma non fu la sola. Potremmo continuare con Luzzo, il più potente dirigente della regione Calabria per lunghissimi anni, prima di fare l’assessore; o con Talarico che ancora bazzica alla Regione. Come siamo considerati altrove sta scritto in una intercettazione fatta alla Sacal ( Michienzi a Colosimo) : “…tu gli devi dire che abbiamo fatto una convention con dei relatori…” “…tanto loro non hanno nessun contatto perchè sono dei lametini di merda …“. La Sacal è “Cosa nostra” di Catanzaro e, tanto per cambiare, i lametini si sono accucciolati con qualche assunzione nei servizi, mancette e briciole. Anche le nostre lamentele quotidiane sull’ospedale sono ormai insopportabili perchè non si capisce dove finisce la rivendicazione spicciola di qualche mollica e dove comincia l’invettiva. L’una si intreccia con l’altra, come se gridando “Maledetti!” ai catanzaresi si pensasse al contempo di poter ottenere da loro qualcosina. Per non parlare della stolta litania dell’area centrale o della città al servizio della Regione. Lamezia dovrebbe farsi solo i fatti suoi senza pensare a Catanzaro o alla Regione, e puntando esclusivamente sull’innovazione. Su Catanzaro molto meglio il silenzio, dal momento che “nonostante questo sia follia, c’è ancora del metodo!” (Amleto, Atto II, Scena II): i politici di Catanzaro hanno creato una economia cittadina basata solo sul comparto sanitario. Ogni famiglia catanzarese ha un componente che lavora nella sanità o in un ufficio, così come in Sicilia nell’assemblea regionale. Ogni amicu meu catanzarise ottiene un reddito dalla sanità, per cui mors tua vita mea, agli altri non possono lasciare nulla di nulla. D’altra parte “la stessa energia delle regioni è per tre quarti assorbita da compiti amministrativi, principalmente nel campo sanitario” (Cassese). Il centro storico catanzarese è ormai una landa desolata perchè la gente va a risiedere lungo la costa, ma è tutto calcolato, Catanzaro oltre alla sanità ha pensato solo alle faraoniche opere pubbliche. Per capire l’intreccio tra economia e politica catanzarese, basta approfondire gli Abramo, i Noto e Speziali. I lametini che avevano cominciato a strusciarsi con politici come Pucci, Bisantis e Pujia, ora hanno difficoltà obiettive a rapportarsi con le famiglie imprenditoriali in cui la politica è confluita. Non è un caso dunque che soltanto le cosche lametine siano le uniche che possono trovare interlocuzione a questi livelli, dal momento che hanno voti, capitali e rapporti da mettere sul tavolo. Voglio dire che, per dire, i nostri Mascaro o Zaffina non possono oggettivamente essere interlocutori di un Abramo o di un Noto. Giocano in un campionato minore. L’incapacità della classe politica lametina di rapportarsi con il nuovo ceto politico-imprenditoriale di Catanzaro è stata certificata a suo tempo dalla vicenda emblematica di “Borgo antico”. In quell’occasione tutti gli attori lametini si mobilitarono, compresi i corpi intermedi, perchè apparentemente (come oggi per esempio succede per il prestito chiesto dalla Fca ad Intesa S. Paolo) si trattava di una mera questione amministrativa (puoi costruire in zona agricola?), in realtà era in gioco una visione per il futuro dello sviluppo commerciale e cittadino. Ricordate la grande mobilitazione politico-sociale per impedire la realizzazione di Borgo Antico di Noto a via del Progresso? Nel frattempo raddoppiarono il 2 Mari e il nemico Noto fece causa al Comune. E stava pure per vincere. Quella vicenda ha certificato una città dove amici e nemici si confondono ed i commissari quando arrivano non gestiscono la città ma la svendono per meri interessi personali. Gli scioglimenti, come tutte le disgrazie, compresa la pandemia, per alcuni sono una manna dal cielo. Perchè Lamezia esprime solo politici che prendono e non lasciano nulla alla propria città? Però giurano di amarla, figuriamoci se l’odiassero.
Abbiamo avuto gli “amici” di Bisantis, Ernesto Pucci, di Pujia, di Mancini, giù giù sino a Scopelliti e a…(come si chiamava quello che Calabria Etica fece votare ai suoi qualche tempo fa?).
Scusate, mi chiede qualcuno di tanto in tanto: perchè vi chiamate Terme? Già, è vero, lo vorrei sapere anch’io. Gli rispondo che era solo un auspicio futuro. Come se uno si chiamasse: Francesco Scienziato. Lamezia (terziaria+ agricola+ industriale+ turistica= tutto) doveva svilupparsi solo intorno e sulle Terme, quanto di meglio esistano in Italia. Ma il discorso sarebbe troppo lungo. La politica lametina si è dimenticata delle uniche 2 risorse che aveva: le terme vicino al mare e il terziario. Per il lungomare bastava copiare quantomeno Amantea e Catanzaro Lido, per le terme almeno capire che le gurne e gli ambulanti sono la negazione del turismo (finanche Guardia Piemontese è cresciuta con le Terme Luigiane). Così, invece di concentrarci sulle nostre risorse “principali”, combattiamo battaglie perse in partenza (la sanità) e perpetuiamo il nostro carattere di servitori al potente di turno. Perchè Lamezia è diventata ormai un “non luogo” che ospita una “non comunità”. E’ un agglomerato diviso, non solo nei tre paesi che si sono fusi sulla carta e non nella sostanza; ma diviso nelle “appartenenze”, perchè a Lamezia non esiste il “ noi”, al contrario ciascuno resta, dagli anni cinquanta sino ad oggi, “un amico di…”. Immaginate cosa si diranno guardandoci da lassù Primerano, Perugini, Scarpino, Canzoniere, Reillo, l’ing. La Scala e il dott. Cuiuli, osservando la nostra comunità ormai sicilianizzata che i danni se li provoca da sola consegnandosi via via agli amici di turno. Siamo così non per colpa degli altri ma perchè siamo così. “Sta a noi”, come diceva un vecchio governatore della Banca d’Italia. Ci rovinano gli Amici Potenti ai quali ci asserviamo mentre i nemici ce li siamo cresciuti in casa.