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A CONFRONTO IL CAPOLUOGO DI REGIONE E LAMEZIA BARICENTRO CALABRESE I catanzaresi hanno un’idea ed un progetto per la loro città, i lametini no. Un’attenta e puntuale analisi che mette a fuoco i loro contrastanti interessi

Più volte ho scritto che il ceto politico-partitico e la comunità sociale di Catanzaro, hanno un’idea per la loro città ed un progetto di come realizzarla; di come essa dovrà essere costruita e come dovrà diventare nei prossimi decenni. I lametini, invece, un’ idea – progetto, a cinquanta anni dalla creazione della loro città, non sono ancora riusciti a strutturarsela per cui il ceto politico – partitico ed amministrativo di Lamezia va avanti gestendo alla giornata, di consiliatura in consiliatura, il contingente e cercando di amministrare, alla bell’e meglio, l’emergenza che il momento richiede.
Ma qual è l’idea – progetto dei catanzaresi per la loro città? Da tempo, ormai, essi si sono resi conto che l’abitato storico di Catanzaro non ha alcuna possibilità di espansione e sviluppo, né in senso territoriale ed urbanistico, né in senso demografico. Rinchiusa nelle anguste strette dei Tre Colli dell’antico insediamento che risale ad epoca bizantina, ma posteriore alla fondazione di Nicastro, e circondata da superstrade veloci, rotatorie e svincoli stradali, che l’hanno trasformata in una città “chiusa e fortificata”, alla stessa guisa delle mura che circondavano le città medievali, il suo ceto dirigente si è reso consapevole che essa non ha altro avvenire se non quello di una lenta, ma inesorabile decadenza che si protrarrà nei decenni futuri e dalla quale non potrà sfuggire. Ne fa fede, non solo l’evidente impossibilità di trovare altre aree, che non esistono, da utilizzare per nuovi insediamenti urbani, ma altresì l’andamento demografico che documenta come in quasi cinquant’anni, dal censimento del 1971 al primo gennaio 2019, la città sia cresciuta di meno di tremila persone. (Modesto obiettivo per una città capoluogo di regione!).
Infatti, dati Istat alla mano, nel 1971 Catanzaro contava 86.284 abitanti; al 1° gennaio 2019, dopo 48 anni ne contava 89.065, con un aumento di 2.781 abitanti (58 all’anno) in valore assoluto, pari al + 3,12 in percentuale. La sostanziale immobilità della dinamica demografica della città capoluogo di regione, diventa di una evidenza sorprendente se la si paragona con le omologhe dinamiche delle altre maggiori città calabresi. Con Lamezia Terme, per esempio, la cui popolazione nel medesimo periodo è cresciuta di 14.580 (304 all’anno) unità pari, in termini percentuali, al 20,65%. Per cui, la differenza di abitanti tra le due città che nel 1971 era di 39.222 unità (86.018 Catanzaro, 56.018 Lamezia), con un rapporto percentuale del 64,95%, nel 2019 si è ridotta a 18.467 unità (89.065 Catanzaro, 70.598 Lamezia) e conseguentemente il rapporto percentuale si è modificato, ovviamente anche questo a vantaggio della città lametina, al 79,26%. Per essere esplicativo aggiungerò che la popolazione di Catanzaro supera quella di Lamezia di poco più del 20%.
La condizione demografica di Catanzaro si presenta ancora più penalizzata se la si confronta con le altre maggiori città della Calabria. Si scopre a questo proposito che in quasi 50 anni, la popolazione catanzarese è quella che è cresciuta di meno. È l’ultima dopo: Reggio Calabria, Corigliano-Rossano, Crotone, Rende ed anche dopo la derelitta Vibo Valentia (che, almeno in termini percentuali, è cresciuta del 7,00%). Rispetto a questa tendenza generalizzata delle maggiori città calabresi fa eccezione Cosenza, che costituisce un caso a parte. Infatti, la città dei Bruzi nei 48 anni considerati è diminuita di 34.816 unità, pari al 34,19%, passando dai 102.086 abitanti del 1971 ai 67.720 del 2019. Si è verificato un esodo (biblico, si suole aggiungere sempre in questi casi…) di popolazione che si è riversata nei confinanti comuni di Rende (che comprende circa 20 tra frazioni e località varie tra cui: Arcavacata, sede dell’Università, Roges di Rende, Commenda, Villaggio Europa, etc, etc…) e Castrolibero. I tre comuni sono confinanti e costituiscono di fatto, sebbene ancora non amministrativamente, una conurbazione, le cui popolazioni sommate insieme superano i 100mila abitanti divenendo così l’agglomerato urbano calabrese più popoloso dopo Reggio Calabria.
Ribadisco però che i catanzaresi hanno capito l’antifona, e invece di starsene con le mani in mano, si sono rimboccate le maniche ed hanno scovato un’alternativa a questa loro lenta agonia, dandosi un progetto per una “nuova città”. Per cui, chapeau! si è soliti dire.  Avevano due alternative. La prima consistente nell’espandersi verso la piana lametina e sviluppare l’area centrale della Calabria (l’area dell’antico istmo lametino-scilletino) condividendone con Lamezia i progetti di crescita ed ampliamento; la seconda, consistente nel tentare di far progredire il territorio che da Germaneto arriva fino a Catanzaro Lido e, in realtà, creare una seconda Catanzaro sullo Jonio. Germaneto, come indicano i cartelli che vi sono esposti, costituisce l’Area centrale, non di Catanzaro, ma della Calabria; in quell’area, sono stati già costruiti il Palazzo della Giunta regionale e degli annessi uffici, l’Università ed il policlinico universitario Mater Domini ed altre istituzioni regionali che non possono trovare ubicazione nella città di sopra, la Catanzaro storica.
Hanno optato, quindi, per la seconda alternativa ed adesso stanno procedendo, a marce forzate, alla “antropizzazione” di tutto il territorio che si stende lungo la vallata del fiume Corace fino ad arrivare al lido di Catanzaro; dopo di che tenteranno di svilupparlo in vari modi, iniziando dai lavori di urbanizzazione, che sono da tempo cominciati. Catanzaro Lido, la maggiore frazione del capoluogo conta 12.385 abitanti, ha circa 20 km di costa, che si prolunga verso sud e si protrae fino a confinare con la cittadina di Soverato.
È presumibile che negli anni futuri, i  catanzaresi faranno ogni sforzo per situare qui tutti quei progetti che, a parole, i lametini dicono di voler realizzare nell’ampio territorio della loro città: fiera agricola regionale, porto-territorio-mare, porto turistico, lungomare, eccetera, lasciando che  i loro cugini (sic!) lametini si aggroviglino nella loro cultura della lamentazione, o cercando di sfuggire dalla realtà mediante le oniriche visioni o le immaginifiche allucinazioni dei loro amministratori, protestando sui misfatti e le spoliazioni che i “perfidi” catanzaresi opererebbero ai loro danni.
E Lamezia?
Come ho scritto sopra un’idea, un progetto di come realizzare la loro città sia in termini di teoretica urbanistica che di strategia politica, che di cultura socio-economica, i lametini l’hanno avuta unicamente prima che la città nascesse, quando si cercava di spiegare e far comprendere perché fosse necessario, per l’intera Calabria, che la nuova città, sorgendo al centro della regione, diventasse una città-comprensorio e, di più, una città-regione. Poi, per decenni, poco o niente.
In verità, durante le due amministrazioni comunali della prima consiliatura (1970-1974) nel corso della quale furono sindaci Vittorio Esposito e Giuseppe Petronio, (democristiano il primo, socialista il secondo) furono assunte delle importanti deliberazioni che fecero ben sperare sul commino intrapreso dalla nuova città. Fu adottato il piano di fabbricazione con valenza decennale (1971-1981) ed individuata l’area su cui dovesse sorgere il “centro direzionale di Lamezia Terme” (così allora era in voga denominarlo). In quel frangente, esso fu spostato, in contrada Maddamme, più vicino all’ex comune di Sambiase, dove si trova adesso, capovolgendo l’orientamento originario, emerso subito dopo l’approvazione della legge n. 6 del 4 gennaio 1968, che prevedeva che sorgesse nei pressi del sito della Cantina sociale Bruzia, in località Malaspina.
Infine, si decise di affidare l’incarico di redigere il piano regolatore generale della nuova città, che si riteneva costituisse il problema più urgente del momento e l’obiettivo più impellente per una sua prima sistemazione, ai progettisti che avevano redatto il piano di fabbricazione: l’urbanista Fausto Natoli ed il suo collaboratore catanzarese, arch. Gustavo Procopio.
Il piano regolatore non vide però mai la luce ed infatti, dieci anni dopo allorché nel gennaio del 1983 assunsi l’incarico di assessore all’urbanistica, in seguito alle elezioni amministrative del febbraio 1982, mi trovai a governare le problematiche urbanistiche di una città diventata sempre più complessa senza avere in mano alcuno strumento appropriato con cui affrontarli e gestirli. Per i decenni successivi si è proceduto quasi per forza di inerzia e, al netto del piano regolatore formulato dall’arch. Lucio Barbera ed approvato dall’amministrazione del sindaco Doris Lo Moro, nessun idea ha mai costituito oggetto di dibattito culturale, all’interno della città, secondo un progetto strutturale e complessivo di sviluppo della città e del territorio circostante. La conseguenza di tutto ciò è stato anche che le costruzioni siano dilagate senza alcun indirizzo, in parte anche in forme abusive. A Nicastro, dirigendosi oltre il rilevato ferroviario e riempiendo fino all’inverosimile, su entrambi i lati,  sia via Francesco Nicotera, fino alla stazione ferroviaria, sia via G. Marconi; a Sambiase sia con la creazione del quartiere Savutano (realizzato mediante l’approvazione di piani di lottizzazione) sia con le costruzioni edificate lungo la Via delle Terme che porta a Caronte e Sant’Eufemia Lamezia.
Le amministrazioni che si sono susseguite negli anni, compresi i tre ormai di governo del sindaco Paolo Mascaro, hanno solamente tentato di gestire, alla meno peggio, l’ordinaria amministrazione. Per avere una conferma dell’assenza, nella cultura dei lametini e dei suoi amministratori pro-tempore, di un’idea complessiva e funzionale di città e di come, invece, si gestisca tutto alla rinfusa e nella più totale provvisorietà, al di là delle parole più o meno retoriche e millenaristiche, basta leggere la recente intervista che il sindaco Mascaro ha concesso al nostro web journal Lamezia terzo millennio. Dei temi sollevati nella citata intervista tratterò tra qualche giorno in un successivo articolo.