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DOVE ANDARE? VERSO LA GRANDE O LA PICCOLA LAMEZIA? 
Quale strada imboccare per renderla una città, magari né grande né piccola, ma degna di questo nome? 


Prima parte

Lamezia è nata, ma  alla città è mancato un progetto strategico ed una visione d’insieme; si è  andati avanti con provvedimenti provvisori che i suoi amministratori pro-tempore hanno preso per gestire i problemi quotidiani. Avere una idea di città, significa essere in grado di elaborare una programmazione che metta in ordine d’importanza, uno dopo l’altro, i progetti che si ritengono strutturali per le sorti della città. L’idea che anche ai giorni nostri si proceda senza alcuna programmazione delle cose da fare ce la dà l’intervista che il sindaco di Lamezia ha rilasciato alcuni giorni fa sul giornale on-line “Lamezia terzo-millennio”.
Da lì emerge con chiarezza che la nuova consiliatura sia iniziata senza un ordine preciso di progetti da realizzare. Nonostante il sindaco abbia presentato durante la campagna elettorale un infinito elenco, lungo 58 pagine, di “cose” che diceva di voler fare, non esiste un ordine prioritario per i provvedimenti strutturali che predispongano ad una visione ordinata del cammino che la città debba intraprendere da ora in avanti.
Per dare risalto alle cose da lui finora compiute, o per comunicare su quelle che ha intenzione di realizzare, il sindaco Mascaro si abbandona ad una serie di immaginazioni, di sogni. ll primo sogno che ne agita le notti concerne la sanità con cui il primo cittadino inizia la disamina del suo operare. Ritengo, a tale proposito, che l’apertura presso il presidio ospedaliero lametino dei reparti di microbiologia e malattia infettiva sia una battaglia perduta. Spero, naturalmente che il mio convincimento sia errato, ma esso si basa sul fatto che il reparto esiste già presso l’ospedale Pugliese-Ciaccio dove sarà approntato un Centro regionale di malattie infettive. Il che rende impossibile aprirne un altro, doppione del primo, a Lamezia. Il risultato ottimale sarebbe stato quello dell’integrazione del presidio Giovanni Paolo II con gli ospedali catanzaresi. Questo obiettivo avrebbe di fatto convertito l’ospedale lametino da DEA di I livello (spoke), in DEA di II livello (hub), determinando una ridefinizione di tutti i reparti dell’intero nuovo hub Catanzaro-Lamezia e, di conseguenza, l’assegnazione proporzionale sia dei finanziamenti che delle risorse materiali che del personale sanitario. L’operazione non è andata in porto e quindi, al di là delle promesse, Lamezia dovrà accontentarsi di avere un ospedale dotato dei reparti di cui la legge dispone che lo siano tutti i presidi ospedalieri DEA di I livello.
Anche l’inserimento di 400 ettari per le zone economiche speciali (ZES) nel territorio di Lamezia, di per sé, non significa niente se non ci saranno imprenditori disposti ad investire per impiantarvi delle industrie. Quindi ci andrei piano con il cantare vittoria per avere compiuto il primo passo in direzione di un obiettivo che si presenterà con ben altre e più ardue difficoltà. Sono stati innumerevoli i progetti simili alle ZES che hanno interessato il territorio lametino e che tendevano a facilitare con provvedimenti di carattere fiscale e d’incentivazione monetaria gli insediamenti industriali. Tra i tantissimi ricorderò le aree di sviluppo industriale ed i poli di industrializzazione deliberati con le leggi n. 634/1957 e nr. 955/1959. La piana lametina fu il primo territorio ad essere scelto in Calabria per allogarvi il polo di industrializzazione, appunto.
Successivamente, fu creato il Consorzio tra comuni per gestirlo, si sono succeduti presidenti dopo presidenti; si sono sprecati soldi su soldi; si sono distribuiti stipendi e prebende di vario genere. Dopo di che c’è stato il pacchetto Colombo, con l’insediamento della SIR ed altre imprese; più vicine a noi la contrattazione programmata degli anni novanta e la creazione delle zone franche. Alla fine tutti questi tentativi si sono conclusi con un fallimento totale e clamoroso perché di creazione di un sistema di industrie che avrebbe dovuto dare l’avvio ad un processo produttivo, autonomo ed auto propulsivo, nel centro della Calabria non si è realizzato nulla. Adesso, si tenta con le Zes mediante le quali si sono delimitate delle aree a Gioia Tauro (sede di un porto) ed a Lamezia Terme (sede di un aeroporto) che rimarranno 400 ettari di deserto se non ci sarà la capacità di attrarre in esse attività produttive.
Desta perciò una certa meraviglia leggere che il sindaco immagini la realizzazione di un grande hub regionale dei trasporti, oppure un porto turistico, che non hanno alcuna possibilità di essere realizzate o, se lo saranno, riguarderanno il lungo periodo; oppure richiama tante altre cose di risibile importanza che denotano però la difficoltà di comprendere quali siano i problemi veri, strutturali ripeto, di Lamezia per avviare da subito un cammino di sviluppo che la renda finalmente compiuta. I progetti elencati dal sindaco mi sembrano piuttosto specchietti per le allodole.

continua…