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DA LOIERO A SANTELLI, DA TOSCANI A GIANNINI E MUCCINO
Dai terroni al bergamotto continua la saga pubblicitaria della Calabria: grossi nomi e spese alle stelle, ma il turismo non decolla anzi langue

Non è certo effetto del covid, ma nella cittadella degli uffici tra i mobili, le suppellettili, le scartoffie deve aver trovato dimora un qualche benevolo virus che provoca lampi di genialità. Fortunatamente parrebbe avere il suo habitat solo negli uffici alti della “torre”, perché è lì che è ubicata la fucina delle idee. L’anamnesi ci dice che il primo ad essere folgorato, sulla via che da Catanzaro volge verso San Severina, fu nel 2007 Agazio Loiero. Egli intuì che nella nostra regione “difettava” la comunicazione con l’inevitabile conseguenza di un’immagine esterna della Calabria non aderente alla realtà.
Che ti fò, che ti fò: egli chiama Oliviero Toscani, uno dei fotografi più conosciuti in quel momento, al top per aver realizzato campagne pubblicitarie di prim’ordine, e gli affida il compito di cambiare volto e sembianze alla nostra terra utilizzando la sua maestria nel parlare con le foto della razza calabrese.
Il tema concertato con Toscani fu “Siamo terroni? No”.
Apparvero così su tutto il territorio nazionale quegli immensi poster, con le foto di ragazzi reclutati tra i banchi di scuola, che recitavano: “terroni? Sì, siamo calabresi; inaffidabili? Sì, siamo calabresi; malavitosi? sì, siamo calabresi; peggiori, incivili? sì siamo calabresi”.
Non nego che da noi ci siano problemi gravi – dichiarò l’illuminato Loierotra cui una diffusa criminalità.  Al punto in cui siamo arrivati abbiamo fatto la scelta di restituire fiducia e speranza, anche perché in Calabria si stanno facendo cose importanti che trovano ostacoli per il cambiamento”.
Qui mi fermo perché menzionare quanto fu realizzato nella sua consiliatura richiederebbe troppo tempo e spazio.
A seguire a nulla valse l’altro tentativo esperito da Scopelliti di portare a passeggio per l’Italia i Bronzi di Riace che parlavano con la voce di Giancarlo Giannini per la fotografia di Mimmo Jodice.
Val la pena ricordare, però, che in otto anni, tra Loiero e Peppe pibe de oro, la regione spese ben 24 ml. di euro in spot e campagne pubblicitarie mentre il numero delle presenze turistiche rimase deludente ed il “rilancio d’immagine” si perse per strada per le solite ragioni, vale a dire servizi inefficienti, trasporti aerei e ferroviari costosi, autostrada a singhiozzo, rete stradale precaria, spiagge e luoghi malcurati, cioè quelle stesse carenze che dopo tredici anni sono ancora ferite cancrenose.
“La Calabria non è in bianco e nero, ma una moltitudine di colori” è Jole Santelli che parla ispirata dal virus birichino bisogna rilanciare il brand Calabria”, questa volta in technicolor come si sarebbe detto in tempi andati.
Ebbene ha ragione la solare Jole: basta con la puzzosa – non lacrimosa però – cipolla di Tropea; non possiamo noi calabresi essere ricordati per un bulbo male olezzante, del resto guarda i trevisani passati alla storia per il loro radicchio i cui semi furono pure “spediti” sulla luna.
Questa volta andiamo sul sicuro: clementine, bergamotto, agrumi e limoni nella variante tondeggiante da non confondere con quelli a “minna ‘i vacca” di Sorrento.
Dopo una notte insonne, tormentata dalle Erinni, madida di sudore la nostra Iole – solare sempre e comunque – arrivata alla Cittadella, ha convocato nel pensatoio i suoi consiglieri, spiattellando il suo piano, ordito in ogni particolare: bisogna rilanciare ad ogni costo il brand regionale. Questa volta non si bada a spese, voglio Muccino, il regista dell’amore, e spero che faccia innamorare tutti della Calabria, insieme a Raoul Bova e Rocio Munez Morales icone di questo sentimento.
Detto e fatto, siamo a Corigliano a presentare l’evento che cambierà la storia della Calabria, perché  non si tratta di un progetto sul turismo, ma della promozione della Calabria attraverso un lavoro emozionale con i colori, i sapori e i profumi della nostra terra, perché il nostro lavoro è emozionale: per fare politica ci vuole cuore”, ha detto la nostra governatrice.
“Ho vistoha invece affermato Muccino – cose sorprendenti che vanno oltre ogni immaginazione. Questa terra in questi anni si è raccontata molto poco. Sono contento di esser qui, racconteremo i sentimenti”.
“L’energia e la sincerità emotiva della Calabria non capisci come, però ti arriva. Sensazioni che vorremmo far arrivare a chi guarda questa terra da lontano”, ha soggiunto la Rocio sostenuta da Raoul Bova (indiscussa icona di sensualità, si legge nei documenti ufficiali regionali) che aggiunge è per me un grande onore, un sogno fare qualcosa in Calabria, per la Calabria e per i calabresi in tutto il mondo, sperticandosi   poi in lodi  per la Santelli: tu hai reso possibile questo sogno ed hai scelto Muccino, il più grande regista italiano.
Minchia signor tenente, avrebbe detto Giorgio Faletti nell’apprendere che questo maquillage per cambiare il volto al brand Calabria ha un costo di 11 milioni di euro.
Aggiunge Celentano che l’emozione non ha voce e qui le emozioni non mancano davvero.
Io più che emozionato sono nel pallone, probabilmente perché non mi rendo conto di come si possono toccare le alte vette dell’animo o le corde del cuore con gli agrumi, le clementine, il bergamotto e i limoni. Ma non faccio testo.
Del piano messo in piedi si conosce poco. Si sa solo che 1,7 milioni è la cifra necessaria per la realizzazione di un cortometraggio di otto minuti divisi in quattro parti di due. Interpreti Bova e la Rocio.
Ad oggi nulla è trapelato relativamente alla colonna sonora.
Governatrice Santelli, lei ha una sensibilità non comune ed un trasporto emozionale difficile da comprendere in questo territorio non avvezzo alle sublimità ed alla purezza di sentimenti del regista Muccino, noto narratore dell’amore.
Le auguro di tutto cuore di riuscire nel suo intento, cambiare il volto della Calabria; sono però molto perplesso non tanto per la puteolente cipolla tropeana o per il peperoncino di Soverato, quanto per il contesto che non c’è.
Forse la rivoluzione copernicana che ha in testa – ben venga –  avrebbe dovuto avere un altro leitmotiv.