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LA SANITÀ CALABRESE MALATO TERMINALE CHE STA PER ESALARE L’ULTIMO RESPIRO
Malgrado si siano alternati al suo capezzale da quasi un decennio il fior fiore di manager sanitari ed amministrativi.

Pur se distratti da Covid 19 penso che non sfugga a nessuno – politici, amministratori, utenti – che la sanità calabrese sia un colabrodo malgrado l’intervento e la tutela dei numi tutelari inviati da Roma Capitale. E’ quasi un decennio che al suo vertice si sono alternati commissari di nomina governativa e governatori che, per la verità, hanno contato nella gestione quanto il due di coppe con briscola a denari.
Malgrado tutto, anno dopo anno, il bilancio sanitario – che assorbe il 60/70% di quello regionale – chiude con perdite considerevoli.
Quindi parrebbe più opportuno che si parlasse di caso nazionale – più che dei soliti calabresi geneticamente incapaci di amministrare – se i risultati economici prodotti dal fior fiore dei manager inviati dal governo centrale, peggiorano di anno in anno.
Quali le cause allora del disavanzo se gli organici ospedalieri sono ridotti al lumicino, se le liste di attesa sono più lunghe che mai, se sono stati decimati i posti letto?
Forse bisognerebbe metter mano agli emolumenti dei commissari o, ancora, agli sperperi individuati dai tavoli ministeriali. Al di là della stazione unica appaltante per gli acquisti non si ha l’impressione che il sistema sanitario calabrese sia stato rivoltato come un calzino, anzi se gli effetti prodotti da un decennio di cure commissariali sono questi, forse è bene anche che tutto il dipartimento sanitario regionale venga scosso da uno tsunami  e che linfa nuova scorra, che attente valutazioni vengano fatte sulla distribuzione dei servizi su tutto il territorio senza privilegiare strutture private o accaparramenti che hanno il sapore di becero municipalismo.
Oggi al consiglio comunale lametino, verrà presentato per l’approvazione un documento sulla sanità elaborato dalla commissione presieduta dall’avv. Nicotera. Esso riguarda l’assistenza ospedaliera territoriale e conclude con l’auspicio di una programmazione sanitaria unica per l’area Catanzaro – Lamezia, con tanto di distribuzione dei servizi su territorio tanto da costituire una grande azienda ospedaliera universitaria.
Campa cavallo che l’erba cresce: il documento sarà approvato senza esitazione dal consiglio comunale ma rimarrà uno dei tanti documenti, approvati all’unanimità, ma che non hanno il benché minimo riscontro in una qualche sede decisionale.
Per una volta sola anzi ché piatire, il consiglio lametino salga in cattedra e formuli una domanda sola alla commissione straordinaria: come sono stati spesi i 190 ml. di euro – assegnazione pro capite per l’area lametina, facenti parte degli oltre 500 assegnati all’azienda sanitaria provinciale di Catanzaro per l’anno 2019?
A questa domanda, dall’anno della costituzione dell’Asp Catanzaro/Lamezia, dai tanti commissari che si sono succeduti dal 2010 ad oggi, non si è mai avuto un riscontro, sia pure approssimativo della destinazione delle risorse che, è bene ricordarlo non sono diminuite in questi anni e che certamente non costituiscono le cause della crisi sanitaria lametina.
Forse rispondendo a questa domanda ed, eventualmente venendo a conoscenza degli errori commessi, si potrà evitare di commetterne altri.
Questo diritto di sapere, per tutti questi anni, è stato negato forse perché di scarso interesse per chi ha seduto sulla poltrona di primo cittadino di Lamezia.
La Città deve sapere, deve conoscere come vengono distribuite le risorse ad essa spettanti e non solo in campo sanitario.
Si perché siamo la quarta città della Calabria ed  è già tempo di limoni neri.