Francesco Bevilacqua avvocato e ambientalista ben conosciuto, alla domanda di un’amica “ma come fate a vivere in certe aree interne della Calabria che sono in preda all’abbandono, allo spopolamento, alla mancanza di servizi?”, ha risposto: E’ semplice, ci viviamo nonostante tutto, diversamente felici.
A parte la definizione, la cosa più interessante che ha detto Francesco è un’altra:
“Il rischio, soprattutto in Calabria, è quello di riempire, ancora una volta, le aree interne di cose inutili, anzi deleterie per le comunità che le abitano, esattamente come si è fatto in passato:zone industriali fantasma, pale eoliche, centrali a biomasse,centraline idroelettriche, strade, grandi attrattori, opere pubbliche, ostelli, rifugi, ora anche parchi avventura e giostrine varie”.
Queste cose sono quelle che qualunque politico ritiene possano risollevare le sorti negative dei paesi interni: i politici e gli amministratori calabresi hanno sempre pensato che il turista non arriva, mettiamo in Sila o in Aspromonte a causa delle strade piene di curve. Il concetto è facilmente comprensibile se uno si reca tra Decollatura e Soveria Mannelli dove da decenni stanno approntando strade veloci, una ha già praticamente unito i due paesi. Da anni poi i componenti del comitato “La Strada che non c’è”, la strada di collegamento tra le province di Catanzaro e Cosenza iniziata e non finita, si battono allo scopo, mentre di tanto in tanto capita di leggere “dell’importanza di colmare in Calabria e soprattutto nelle aree interne il forte deficit infrastrutturale, specie ora che l’Europa si accinge a destinare ingenti risorse per la ricostruzione del sistema economico italiano”.
Prima o poi i catanzaresi, la strada che da Marcellinara arriva ad Altilia consentendo loro di prendere l’autostrada senza dover arrivare a Lamezia, la completeranno. Non è questo il punto. Ma in realtà le cose che mancano nei nostri paesi, prima delle strade, le ho individuate tanti anni fa osservando il paesaggio dell’appennino ligure, del tutto simile al nostro tanto che se uno chiude gli occhi non sa se si trova in Liguria o in Calabria. I paesini liguri, raggiungibili dalla costa attraverso tortuose strade tenute bene e con l’asfalto a norma, sono lindi, puliti, ben conservati. Pieni di ombra, per la presenza di alberi che non hanno tagliato per farvi le case, e di fontanelle, sono anche pieni di panchine. Ecco, a Bevilacqua vorrei segnalare le cose che mancano ai nostri paesi interni: le panchine, le aree di sosta. Le ho trovate a Tiriolo, ma se voi andate nei nostri paesi, tipo Platania oDecollatura, Conflenti, o Motta S. Lucia, magari trovate una panchina accanto all’uscio di una casa, ma è difficile trovare villette o parchi, come quello mirabile di Monte Covello a Girifalco. E’ difficile vivere in questi paesi, i giovani vanno via per trovare un lavoro, le amministrazioni comunali non hanno soldi anche perché nessuno paga le tasse comunali, ma il viandante di passaggio, in auto, in moto, a piedi, che non può fermarsi all’ombra su una panchina (al massimo in un bar) capisce che la cultura dell’accoglienza non esiste. I liguri ce l’hanno, sia sulla costa che nelle aree interne. Ci vorrebbero milioni di alberi nelle città e miliardi di panchine per questa nostra Calabria. «Vaste programme, Messieurs, vaste programme».