L’estate è bella che passata. In questi ultimi giorni di caldo anomalo, che potrebbero segnarla come la più rovente degli ultimi cento anni, tanti sono gli accadimenti sull’orizzonte lametino che preoccupano non poco gli abitanti dell’ex ubertosa piana e le istituzioni, ben consapevoli di sedere su un vulcano che un giorno non lontano esploderà.
Si respira nella quarta città della Calabria, piaccia o non piaccia ai politici che siedono a Palazzo degli Itali, un clima infuocato che lascia presagire un “settembre nero” senza nulla spartire con l’organizzazione terroristica palestinese.
Cosa lamentano i lametini? In generale lo stato di abbandono che perdura da mezzo secolo, l’esclusione da ogni progetto di sviluppo, la spoliazione di quanto in passato l’aveva fatta ritenere candidata alla quarta provincia calabrese. Ma acqua passata non macina mulino.
Oggi l’unica testimonianza di quel sol dell’avvenire in esplosione fantasmagorica, declamato a parole non con i fatti, restano quattro o cinque fondazioni in house – inutili carrozzoni dove avvicendare, di volta in volta gli amici degli amici ed i “caduti” nelle tenzoni elettorali – e l’aeroporto di Lamezia Terme che solo per l’impossibilità fisica di essere trasferito altrove presidia, al momento, la zona baricentrica calabrese.
Fino ad oggi, ad onor del vero, c’è stato qualche tentativo, mal riuscito, di cambiargli nome, ma non si esclude, per il futuro, che per una qualche “manutenzione toponomastica” si possa dare al territorio altra connotazione.
Allo stato attuale, fermati dalla pandemia Covid 19, i lametini hanno osservato puntualmente le regole del gioco. Lo definisco tale perché sono state, e sono tante, le contraddizioni alle quali siamo stati assoggettati da far pensare che la salute, un bene di tutti, è diventata, invece, un dono per pochi.
Attenzione non appartengo ai “negazionisti”, ma a quella ampia schiera di utenti che, senza alcuna ragione si sono visti sospendere le prestazioni mediche, pur gravi, da un giorno all’altro, senza alternative se non il ricorso alla sanità privata.
Mi son lasciato andare, ma torno subito al tema. Allo stato attuale nubi minacciose popolano l’orizzonte: la città è stata tagliata fuori da ogni ipotesi di sviluppo, anzi esclusa con fantasiosi stratagemmi già a tutti noti; l’insano progetto prevede la spoliazione, giorno dopo giorno, delle sue funzioni vitali (l’ospedale, destinato a divenire un semplice pronto soccorso o magari un hotspot, il tribunale che esiste ancora grazie alla presenza mafiosa, gli uffici statali accentrati nel capoluogo e chi più ne ha, ne metta).
Praticamente, per un disegno ben delineato, Lamezia deve diventare un satellite del capoluogo di regione – che tal non sarebbe se non potesse annoverare la provincia più grossa – dove recarsi quotidianamente per il disbrigo anche delle pratiche più insignificanti.
Il che significa che un intero territorio di 140 mila anime, è subordinato alla grandeur del capoluogo regionale. C’è di più: questo territorio è idoneo ad ospitare le discariche per risolvere il problema regionale dei rifiuti.
Ne consegue che sanità e mondezza, quindi, saranno il leit motiv di questo Settembre Nero che vedrà come protagonisti sulle due opposte trincee la governatrice Santelli ed il sindaco Mascaro, il popolo lametino ed i suoi rappresentanti, associazioni, comitati e sindacati, in una “lotta” senza quartiere, già segnata da incontri interlocutori, che non hanno avuto seguito solo per la pausa estiva e per il Covid 19 che, ad oggi manifesta evidenti sintomi di ripresa per la politica edulcorata della presidente Santelli.
Ella, dalla posizione intransigente di chiudere le frontiere calabre è passata, invece, a quella di dare ospitalità a chicchessia al grido “venite, venite, gente, l’unico rischio che correte in Calabria è quello di tornare a casa con qualche chilo in più”, assecondata dall’altra misura StaInCalabria che prevede l’erogazione di altro buono vacanze solo per nuclei familiari e strutture ubicate sul territorio calabrese.
Mi rendo perfettamente conto che ella, Santelli – retaggio dell’ancienne règime – ha bisogno di visibilità anche perché la sua appartenenza al clan dei “corridoi dai passi felpati” prima, l’aver ricoperto la carica di vice sindaco di Cosenza, comune scivolato, dritto dritto, nel dissesto finanziario dopo, non sono gocce di rugiada nel suo curriculum, anzi fan sorgere al colto ed all’inclita seri dubbi relativamente alla validità di aver posto la crocetta di assenso nel posto giusto.
Certo non le giova il parlar di niente mischiato col nulla al quale fino ad oggi abbiamo assistito e taciuto solo per concessione delle attenuanti dovute alla insorgenza pandemica, gestita senza onore e gloria, ma mettendo il bavaglio a chi avrebbe potuto rivelare verità diverse dalle sue.
Nella realtà la Nostra Signora dei Miracoli non ha nemmeno iniziato a governare la Regione, ben lontana dal credere che i problemi possano trovare soluzione con quattro video, una pletora di ordinanze, un cortometraggio di valore immenso (11 mln. di euro) e… la solita melensa narrazione sulla scala cromatica calabrese, i cui colori, il giallo, l’azzurro, il rosso ed il verde sono offuscati dal grigio e dal nero.
Totalmente ignorati i territori conosciuti, si e no, solo per indicazione topografica su qualche mappa.
Non avrebbe, altrimenti, alcuna ragione di essere la sua indicazione di una quarta discarica nel territorio lametino per tamponare l’emergenza rifiuti regionale – ipotesi tra l’altro esclusa dal suo assessore Capitan Ultimo – né tanto meno aver dato inizio a lavori di “manutenzione ordinaria” sulla discarica di contrada Stretto, con l’intento di renderla operativamente più ricettiva nei prossimi giorni di settembre.
Si percepisce, quindi, a chiare note l’intenzione che “vivere alla giornata”, inseguendo soluzioni provvisorie inesorabilmente destinate a diventare definitive, sia meno faticoso di tentare di dare un assetto all’annoso problema dei rifiuti.
Intanto, a latitudine Lamezia, come ogni anno, chissà come, la discarica del fiume Bagni, che “ospita” la plastica e rifiuti speciali, si autoincendia, spargendo sulla città un dolce olezzare di reconditi profumi ed uno svolazzar di particelle appiccicose. Nel disinteresse degli ultimi aedi malati di poesia.
L’altro serio problema che affligge Lamezia e comuni contermini è quello relativo all’ospedale lametino, l’ultimo dei pensieri della Santelli, del commissario ad acta Cotticelli, coadiuvato ben da quattro collaboratori Agenas e della terna commissariale dell’Asp Cz – Lamezia.
Mi sia consentita una riflessione: da oltre un decennio il bilancio calabrese è gravato degli emolumenti e spese di questi signori. Da oltre un decennio i costi lievitano ed i benefici latitano; gli sperperi sono sempre in prima linea ed i risparmi in mente dei o meglio, provengono solo dal fare sparire posti letto, laboratori, primariati, passatempi per esperti nel giochino del cavacecio, passatempi, insomma del rag. Fantozzi.
La sanità, quindi, è e rimane un mammellone da succhiare, come esordì all’atto del suo insediamento il gen. Cotticelli. Effetto Gattopardo: siamo come eravamo!
Trovo, pertanto, f.t.m. (fuori tempo massimo) l’intervento dell’avv. Paolo Mascaro, sindaco lametino, quando in un suo comunicato “reagisce” alla delibera della commissione straordinaria Asp di Catanzaro, che, nel recepire il contenuto del decreto del commissario ad acta nr.62, opera una inaccettabile vessazione e mortificazione nei riguardi della comunità lametina.
Avv. Mascaro la spoliazione di oggi è il copia ed incolla di quanto fu già stabilito ieri, dall’’ex commissario, ing. Scura, oggi applicata dai suoi successori. Così come in quella data fu stabilito che l’attività del laboratorio di Nereurogenetica di Lamezia “emigrasse” verso la struttura complessa del Mater Domini.
Certo fa specie allertarsi dopo che il croupier ha declamato le jeux sont faits rien ne va plus
Un consiglio spassionato, sindaco Mascaro, scenda a fianco dei suoi cittadini, quelli che hanno votato un sindaco civico, per gridare NO a Lamezia pattumiera, SI a Lamezia artefice dei suoi destini.