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MARE SPORCO IN CALABRIA? UN VECCHIO RITORNELLO, SEMPRE QUELLO
Un problema strutturale che andrebbe risolto con un mega progetto regionale

Mi sovviene Gabriella Ferri, non tanto per il suo gradevole invito “tutti al mare a mostrar le chiappe chiare” quanto per quello “anche tu diventerai come un vecchio ritornello, sempre quello”. Chiedo venia se alla liricità dei versi della grande interprete romana sostituisco la prosaicità della nostra vita quotidiana, però quello del mare sporco non è un problema di oggi, ma è un refrain che “cantiamo” anno dopo  anno, malgrado  Iole Santelli, nostra signora dei miracoli  – non esclusi però quanto l’hanno preceduta a Palazzo degli Itali – si ostini a voler cambiare volto alla Calabria con costosi video e cortometraggi, ma non gettando le basi di un mega progetto regionale finalizzato alla depurazione, causa di tutti i mali, dal decoro regionale all’inquinamento pesante delle discariche sparse un po’ dappertutto, con dichiarata preferenza per il territorio lametino.
Senza scendere nei particolari perché a tutti noti, Legambiente, anche quest’anno aveva assegnato alla Calabria la maglia nera relativa al mare inquinato, indicando come zona calda le coste del Tirreno, dove permangono da anni problemi legati agli impianti di depurazione.
Puntualmente si è verificato che il golfo di S. Eufemia, proprio perché tale, è stato il ricettacolo quotidiano di tutte le zozzerie provenienti da Scalea, Praia a Mare, tanto per rimanere nei patri confini.
Fa specie, pertanto, sentire la Santelli ed il sindaco Mascaro quando indicano, ciascuno per la propria area di competenza, il turismo e l’agricoltura come le direttrici di sviluppo della regione.
Se poi qualcuno avesse voglia di scendere nei particolari mi sovviene uno scritto di Carlo Tanzi, ex responsabile della Protezione Civile calabrese, che individua le cause dell’inquinamento territoriale e delle acque in sei ben individuate cause, indicate di seguito:
Sversamenti nei fiumi di fogne con allacci abusivi; mancata manutenzione dei depuratori da parte di alcuni sindaci che preferiscono finanziare il concerto del Michele Zarrillo di turno piuttosto che la manutenzione; il sottodimensionamento di molti depuratori progettati originariamente per i residenti che in estate devono sopportare i reflui fognari di un numero di persone fino a dieci volte superiore rispetto alla popolazione residente; comuni che hanno impianti di depurazione fatiscenti mal progettati, dei quali ho constatato personalmente la criticità; comuni che addirittura non hanno un depuratore e che illegittimamente scaricano i reflui fognari nelle acque bianche; ditte che scaricano le cisterne degli autospurgo nei fiumi durante le ore notturne.
Insomma, sostiene Carlo Tanzi che ci sarebbe bisogno – cito alla lettera – di un mega progetto per la depurazione, in netta contrapposizione alla logica dello sperpero dei fondi europei in una miriade di progetti inutili, cervellotici e disarticolati che non hanno portato alcun benessere alla nostra terra eccetto a quei manipoli di comitati d’affari che hanno usurpato le nostre risorse.
Questi i fatti! Ognuno tragga le sue conclusioni.

Intanto Nicolino Panedigrano,  rappresentante Rete Civica, scende nei particolari fotografando la realtà lametina.
Chiare, fresche, dolci e … verdi acque. Ormai è un fenomeno fisso. In certe giornate estive le acque della costa lametina sono invase da reflui verdastri, oleosi e ributtanti e si colorano di un verde disgustoso. E’ successo di nuovo venerdì 28 agosto di prima mattina; Rete Civica si è data da fare per cercare di individuarne la causa, ma è stata un’inutile “nuotata” contro corrente.
L’assessore all’ambiente di Lamezia aveva promesso di interessarne la Capitaneria di porto e l’Arpacal, ma preso da altri impegni dopo insistenze ha chiamato solo la prima e ormai a notte fatta. L’Arpacal fa solo i prelievi di routine qualche volta al mese e a data fissa, salvo emergenze, e questa non è stata considerata una emergenza. Ma, quel che è peggio, è che una tale inerzia complessiva è l’insano frutto di una vulgata facilona e autolesionista, secondo cui il verdastro del nostro mare consisterebbe sempre e solo in mucillagine dovuta all’eccessivo riscaldamento e ad una ipernutrizione dell’acqua marina provocata dai concimi utilizzati dagli agricoltori della piana. Forse su nostra insistenza Arpacal è andata a fare un prelievo il lunedì seguente, quando ormai il mare col favore dal vento di terra che tirava al largo aveva diluito tutto. Ma intanto gli ultimi e pochi turisti se ne saranno tornati con il disgusto e, ancora una volta, senza nessuno gli avesse comunicato che fosse successo e se il mare fosse balneabile.
Chi ha avuto modo di visitare la Costa Azzurra sa che gran parte di quel litorale rinomato in tutto il mondo è stato deturpato da una invasione di cemento addirittura più intensa di quella calabrese e della costa lametina. Ogni paesino dell’entroterra ha sviluppato sul suo tratto di costa insediamenti vacanzieri caotici ed accalcati e s’è dotato di un suo porticciolo turistico. Ma tutte le spiagge, anche quelle libere, hanno i loro tabelloni telematici che informano costantemente i bagnanti sullo stato delle acque marine in base ad analisi giornaliere. Evidentemente non è così difficile farlo.
Noi, invece, abbiamo dato alla costa lametina un nome (che sa un po’ troppo di vecchia cartolina illustrata): Riviera dei tramonti, ma non riusciamo da anni a dargli né un’anima, né una prospettiva di sviluppo. Eppure le potenzialità naturali ci sono tutte, da quelle dei laghi salmastri alla pineta frangivento, da quelle faunistiche al birdwatching, dalle dune agli sport del vento, per come hanno spontaneamente intuito gli amanti del kitesurf e degli sport velici. Solo che invece di impegnarci a programmare il futuro ci dilettiamo a danneggiare il presente.

Chiunque vada a leggere i programmi elettorali di tutti i canditati a sindaco delle ultime e di ogni elezione passata di tutti comuni costieri ci troverà in rilievo l’impegno a sviluppare l’agricoltura ed il turismo (quello della costa innanzitutto). Non si capisce allora perché, quando arriva la marea verde, il primo pensiero sia quello di addossarne la colpa alla nostra agricoltura, visto che è davvero difficile immaginare che i nostri imprenditori agricoli, oramai e per fortuna soggetti a continui e stringenti controlli, pur di inquinare il mare siano così autolesionisti da sprecare nelle loro coltivazioni concimi non necessari.
A nessuno di questi sapientoni pare, invece, venire in mente che sulla nostra piana e soprattutto sull’area ex SIR, insieme ed accanto ai terreni agricoli, pesano un numero considerevole di carichi ambientali, quali due depuratori, tre discariche autorizzate (oltre la nuova in progetto), più quella non qualificabile sul fiume Bagni e quella abusiva nella cava di Caronte, ben sette impianti autorizzati di riciclo di rifiuti anche sanitari e pericolosi, uno dei quali è anche un inceneritore, e un numero considerevole di piccole industrie che per necessità lavorative usano e trattano prodotti chimici.

Senza voler criminalizzare nessuno ed anzi con l’obiettivo di efficientare anche il lavoro e la presenza di ognuno di questi impianti industriali, senza aspettare come al solito il mese di giugno e insieme a tutti i sindaci dei comuni sia costieri che interni dell’area lametina, va organizzato da subito un programma di iniziative concrete per individuare le cause delle ricorrenti criticità del nostro mare, indicarne la soluzione ed avviare la costruzione di servizi comuni che possano rendere più economici i servizi turistici e più attraenti le vacanze sulle nostre coste. Rete Civica, con lo spirito di supplenza che ha dimostrato nel caso della terza discarica, intende avviare anche questa iniziativa e invita i Sindaci a dare la loro disponibilità.